Già.
Come disse Dylan, sembravano canzonette per ragazzini e invece avevano
degli accordi incredibili. Infatti le loro canzoni sono state sempre difficili
da suonare.
Per la mia età non li ho proprio goduti in maniera diretta, sono
arrivato appena in tempo a Let it be. Molto, ma molto tempo dopo
ho recuperato con gli interessi tutto quello che avevo perduto. Un po'
come accade ai ragazzini di oggi che vanno matti per i Deep Purple e i
Led Zeppelin.
Però li ho vissuti di
riflesso. Quando accompagnavo mia sorella alle feste in casa, le note di
And i love her mi arrivavano alle orecchie e i 45 giri con
quella mela verde me li vedevo passare davanti uno per uno, accanto all'invitato che
non ballava mai, quello che stava tutta la sera in piedi davanti al
giradischi per il cambio dei vinili.
Come sarebbe stata la musica attuale se non ci fossero stati loro?
Sicuramente diversa, ma in che misura? E' difficile dirlo. Una cosa è
certa: sono stati i Caposcuola della musica leggera ed hanno influenzato
le carriere di centinaia di
artisti.
Tutto è cominciato da quattro ragazzi inglesi che, senza volerlo, con
strani e innovativi giri armonici hanno fatto campare di rendita la
musica mondiale per oltre un quarantennio, rivoluzionando così il
concetto tecnico-musicale di tutto il '900.
Prima di loro, nessuno "se le scriveva, se le suonava e se le
cantava" in gruppo. C'era la star che cantava brani scritti da
altri ed era prevalentemente un solista, accompagnato da un'orchestrina di
scarsa importanza. Con loro è stata stravolta anche questa condizione:
quattro cantanti, tutti per uno e uno per tutti, che cantavano e
suonavano le canzoni che loro stessi avevano composto.
Nonostante i mezzi di comunicazione degli anni Sessanta fossero scarsi
(non c'erano nemmeno le riviste specializzate) quello che stava
accadendo all'estero si percepiva lo stesso, il ciclone "Bittles"
arrivava
con forza anche da noi che, abituati al DO-LAm-FA-SOL di Vianello
ascoltato nel mangiadischi sotto l'ombrellone della Coca Cola,
all'improvviso ci vedevamo esplodere davanti le chitarre di questi sbarbatelli
inglesi.
Per
quasi dieci anni ci sono stati soltanto loro.
Fra la
disfatta della Nazionale nel '66 e Chissà chi lo sa di Febo
Conti, i radar dei nostri padiglioni auricolari vibravano per cause di
forza maggiore. A quel devastante fenomeno non poteva resistere nessuno, nemmeno gli
adolescenti, neanche chi non ne capiva un acca di musica. Figuriamoci la
stampa, le multinazionali, l'apparato economico muiscale, che
cominciavano a vedere in quei ragazzi la
più colossale macchina fabbrica-soldi sottoforma di chitarra.
Con l'avvento dei Fab
Four cominciavano a
sbocciare i gruppetti beat o i cosidetti "complessi" (come li
chiamavano allora). Tutto ciò che gli scarafaggi di Liverpool amavano,
dicevano o indossavano faceva tendenza: dalla capigliatura agli
stivaletti, dalle giacche agli occhialini. La famosa Beatlemania, nata
sulla scia dello "Swinging London" di Carnaby Street.
Hanno fatto cultura, una cultura giovanile di cui la musica fu
all'inizio un elemento prevalente, e che poi si diffuse secondo ottiche
molto più concrete e consapevoli. Il patrimonio che hanno lasciato è
enorme, diciamo che ci hanno aiutati a crescere.
Per molto tempo sono stati gli esaltatori di un intero stile di vita. La
voglia di imbracciare una chitarra crebbe enormemente e velocemente fra
i giovani e tutti cominciarono a scrivere canzoni, aumentava la voglia
di stare uniti, di condividere emozioni, di sognare insieme. In una
società perbenista, piatta e bigotta, con i Beatles la
gioventù degli anni Sessanta trovò il coraggio di pensare da sola.
Un nuovo modo di vivere prendeva corpo, la musica girava pagina e con la
musica anche il mondo. La contestazione giovanile, il Vietnam, le
canzoni di protesta, Woodstock e il '68 erano già dietro l'angolo. Il
panorama stava cambiando. Oggi
sono ancora qui tra noi, le loro canzoni risultano ancora contemporanee,
non hanno mai subito nessun fenomeno di stanca o inflazione. Chi non ha mai sentito Imagine o Yesterday
mentre squilla il cellulare o in attesa di farsi passare (con
dispiacere) qualcuno al telefono?
Se mi facessero la fatidica domanda "Beatles
o Rolling Stones?", io non avrei dubbi: risponderei Beatles!
Beatles!
A loro dedico queste pagine.
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