Il 24 settembre 1946, in via Costarelli, 8 (sede della delegazione provinciale del Coni), alle ore 21 dieci persone tra sportivi ed imprenditori fondano il Calcio Catania.

Angelo Vasta e Santi Manganaro Passanisi, presidenti della "Virtus Catania" e della "Catanese Elefante", ovvero le due formazioni principali post-belliche, trovano un’intesa per una fusione che possa ridare alla città un’unica squadra, in continuità con la gloriosa ACF Catania, nata nel 1929 e svanita nel '43 sotto le bombe.

Tra gli artefici dell'accordo c'è Andrea Romano, grande sportivo catanese, che diviene segretario. Manganaro diventa presidente e Vasta vicepresidente.

Gli altri sono Gianni Naso (presidente provinciale del Coni), Giulio Sterlini, Sebastiano Porto, Vincenzo Mannino, Giuseppe De Cicco, Antonino Maugeri, Giuseppe Avola. Al Duca Vespasiano Trigona (storico presidente del Catania pre-bellico) viene conferita la carica di presidente onorario ed attorno alla nuova società ci sono anche altri nomi noti come Ruggero Albanese e Giuseppe Lorenti.

Insomma, più che una fondazione è a tutti gli effetti una rifondazione del "vecchio" Catania.

“Ricordo perfettamente le facce, le osservazioni, gli interventi assembleari, il grande sforzo comune di ricostruire una nuova società – raccontava Andrea Romano al giornalista Gaetano Sconzo – Vasta era un grosso commerciante di legname, Mannino sarto, Sterlini portava ancora i pantaloni corti, Manganaro grossista di carta da imballo; poi aderirono Angelo Pessi della impresa UPB (Unici prezzi buoni), il commendatore Fazio che aveva forni di lusso, l’industriale romano Michisanti. Ma il principale finanziatore all’inizio fu lui, Santo, detto Santi, Manganaro, che per me era un secondo padre. Il commissario straordinario Vasta presto venne sostituito appunto con il presidente Manganaro. Io rimasi nella società per 5 anni”.

 

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IL MEDIATORE. È a Gianni Naso che dobbiamo il ringraziamento maggiore. Ha 32 anni, è il presidente provinciale del Coni, ha fondato il Club Atletico Giglio Bianco, una polisportiva che raggiunge eccellenze nella pallacanestro, nella pallanuoto, nell’atletica e anche nello sci. Lo definiscono «animatore dello sport catanese». È vero, è lui a rivitalizzare l’ambiente sportivo etneo nel dopoguerra. Ma gli tocca fare da mediatore: non è facile mettere d’accordo chi fa calcio a Catania, chi ha smembrato i resti dell’AFC Catania in quattro squadrette. Soprattutto è difficile far riavvicinare i due presidenti che hanno guidato la Virtus e la Catanese, le due squadre che hanno chiuso in fondo alla classifica la Serie C 1945-‘46.

 

IL PRESIDENTE NUOTATORE. Da un lato c’è Angelo Vasta, tra i fondatori della SS Catania nel 1929 e braccio destro del commissario Vespasiano Trigona duca di Misterbianco, durante la conquista della prima Serie B nel 1933-’34. Commerciante di legname, fonda la Virtus e si intende di nuoto e pallanuoto, tanto da essere per 15 anni presidente della Fin (Federazione italiana nuoto) locale. È anche un uomo che scende difficilmente a compromessi: è lui che nel 1945 manda a monte il riavvicinamento con la Catanese, ma nel giugno 1946 accetta di incontrarsi con l’altro presidente per trovare un compromesso.

 

IL PRESIDENTE CICLISTA. Dall’altra parte c’è Santi Manganaro-Passanisi, presidente della Catanese-Elefante. Appassionato di ciclismo, anche lui 32enne, è un omone che si occupa di carta e cartone all’ingrosso. Lui è pragmatico: è uomo di fusioni, già anni prima accetta di entrare nell’AFC Catania con la sua Società Ciclistica Etna e nel dopoguerra propizia la fusione calcistica tra la sua Elefante, la Catanese e l’Etna. Ritiene che che i passi da fare per avere una nuova società siano riparare dello stadio, trovare i soldi per poter ripianare i debiti e tentare almeno l’iscrizione in Serie C. Con queste premesse accetta di sedersi al tavolo per discutere.

 

GLI SPORTIVI ENTUSIASTI. Gianni Naso, non va dimenticato, viene sensibilizzato a svolgere il ruolo di mediatore da due giovani sportivi, Giuseppe De Cicco e Vincenzo Mannino. Il primo è nell’ambiente del nuoto come lo è Vasta. Fa anche l’ufficiale di gara, ma è nel comitato provinciale della Federazione ciclismo. Anche al secondo piace la bici, ha collaborato con Manganaro nell’organizzazione di alcune gare ma di professione è sarto. Loro due sono presenti a tutte le riunioni, e dimostrano sempre grande entusiasmo davanti ai progressi che avvicinano l’accordo.

 

CHI CI CREDE DAVVERO. In tanti, durante quel 1946, sono nostalgici del sodalizio con le maglie a strisce rossazzurre e così ecco presenti alla riunione decisiva anche Giulio Sterlini (giornalista, che però anni dopo tradirà la società etnea), Sebastiano Porto (anche lui vicino alla pallanuoto), Andrea Romano (appena 26enne, rimarrà nel calcio per 36 anni come presidente provinciale della Figc), Antonino Maugeri e Giuseppe Avola. Loro credono profondamente nel nuovo progetto calcistico e appongono la loro firma allo statuto provvisorio, scegliendo Vasta come commissario straordinario, Manganaro come cassiere e Romano come segretario. Sarà poi Manganaro il primo presidente vero e proprio.

 

I GRANDI ASSENTI. A quella riunione mancano tre volti che di diritto vanno anche loro considerati tra i genitori del Calcio Catania matricola 11700. Ruggero Albanese è il padre dello sport etneo, sin dal primo decennio del Novecento s’interessa di ogni competizione sportiva e soprattutto del calcio: si racconta che usasse gli incassi della gioielleria di famiglia per comprare le attrezzature sportive a Malta. Sarebbe anche lui lì, seduto con gli altri dieci, se non litigasse con Naso, Vasta e Manganaro: il suo tentativo andato a vuoto di far ammettere la società alla Serie B viene visto come un’ingerenza presuntuosa nella trattativa. Ci sarà poi tempo di ricomporre la frattura. Altro assente è Giuseppe Lorenti, proprietario dell’omonimo “Gran Caffè” di via Etnea 141, sorto dalle ceneri dell’ex-birreria svizzera e punto di riferimento per tutti i cittadini catanesi, oltre che della dirigenza rossazzurra per anni. E non c’è nemmeno Vespasiano Trigona duca di Misterbianco, già commissario della SS Catania, che stacca un assegno da 100 mila lire a Naso, accetta la carica di presidente onorario, ma preferisce rimanere fuori dal calcio a cui ha dato tanto ricevendo molto poco.

http://www.mondocatania.com/wp/senza-categoria/70annicatania-i-fondatori-del-catania-dieci-firme-su-statuto-del-club-127923

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bergia

 

6° POSTO

1946-47

Iacona; Bonanno; Prevosti; Chiarenza; Castro; Bertuzzi;  Faticchia; Motta; Musumeci..

 

Dalla fusione di queste due società nasce in quella serata d’inizio autunno il “Club Calcio Catania”, che raffigura all’interno del proprio stemma una testa di elefante (evocativa del popolare Liotru) su un campo rosso e azzurro. Viene nominato in via provvisoria un commissario straordinario del sodalizio, che è proprio Vasta, ma di lì a poco la società provvede ad eleggere il primo presidente della sua storia, Santi Manganaro-Passanisi.

La squadra, affidata alle cure di Lorenzo Bergia indossa una divisa rossa con una banda orizzontale azzurra e si appresta a competere nel Girone C della Lega Sud, una delle tre leghe interregionali che caratterizzano il caotico format della Serie C 1946/47. Gran parte dell’organico affidato all’ex attaccante è composto da giocatori provenienti da Virtus Catania e Catanese Elefante.

 

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

Per la stagione 1947/48 la società si affida al tecnico Achille Piccini (medaglia d’oro, da giocatore, alle Olimpiadi del ’36) e rinforza la squadra con alcuni giocatori destinati ad aprire un ciclo, come il terzino Carlo Molon, il mediano Faustino Ardesi e l’ala Gianni Prevosti.

 

 

 

 

 

 

Piccini

 

Nicolosi

 

2° POSTO

1947-48

Iacona; Bonanno; Prevosti; Chiarenza; Castro; Bertuzzi;  Faticchia; Motta; Musumeci..

 

 Il Catania è inserito nel girone T, l’ultimo dei 18 raggruppamenti in cui è suddivisa la Serie C, la cui gestione è affidata a tre leghe interregionali indipendenti (Nord, Centro e Sud). Un caos enorme che induce il presidente federale Ottorino Barassi ad avviare una riforma volta a ridurre drasticamente il numero di squadre e strutturare su quattro gironi la terza serie dell’anno successivo.

Tra i principali artefici dalla trionfale cavalcata, menzione speciale merita l’attaccante Arnaldo Cadei, autore di 18 reti che lo consacrano quale bomber marca liotru di stagione.

 

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

Inserito nel girone D della nuova Serie C, il Catania riparte da diverse novità. Cambiano infatti ancora una volta presidente e allenatore: il primo ruolo è ricoperto dall’ingegner Giuseppe Barreca; per il secondo viene richiamato Giovanni Degni, che nel Catania pre-guerra aveva conquistato la promozione in Serie B sia da giocatore (1934) che da allenatore (1939). Non mancano colpi di mercato: approdano, tra gli altri, i terzini Oscar Messora e Bruno Zucchelli ed i centrocampisti Ottorino Bossi e Nicola Fusco. Per quest’ultimo è l’inizio di una lunga militanza.

 

 

 

 

 

Degni

 

Banas

1° POSTO

1948-49

Rega; Molon; Catacchio; Gaggiotti; Porcelli; Cervati; Perrone; Suozzi; Zega; Hernandez.

La squadra etnea è incostante ed il 5-1 rimediato fuori casa contro l’Arsenale Messina all’8a giornata costa la panchina a Degni. Messora guida i propri compagni nella successiva partita a Crotone, per poi lasciare spazio al nuovo allenatore József Bánás, ungherese con trascorsi sulla panchina del Milan. L’impatto è positivo ed il Catania inanella una striscia positiva che gli consente di chiudere il girone d’andata al secondo posto, a 4 punti di distanza dalla capolista Avellino, anche se l’atmosfera è rovinata dagli strascichi del derby col Messina a causa dei torti arbitrali subiti e della beffarda squalifica del campo comminata agli etnei quale conseguenza della protesta ufficiale promossa da un socio del club, l’imprenditore Lorenzo Fazio.

Proprio quest’ultimo durante il girone di ritorno viene nominato commissario straordinario nell’ambito dell’ennesima riorganizzazione dell’assetto societario.

Il Catania chiude il proprio campionato al 1° posto a quota 46 punti.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

L’ESORDIO DELLA “CARTA BOLLATA” -  di Salvatore Giovanni Emanuele

Milano, 29 giugno 1949. L’Arena meneghina ospita lo spareggio promozione del girone D del campionato di Serie C, al termine di una stagione logorante con tanto di punta polemica in coda. Sul piatto, anziché il risotto allo zafferano, di casa da queste parti, c’è un’invitante “B” che aspetta solo di esser gustata. A contendersi quella portata assai succulenta ci sono il Lupo d’Irpinia e l’Elefante dell’Etna, a cui non sono bastate trentaquattro giornate per avere la meglio l’un dell’altro. In verità, il Catania, un punto in più rispetto all’Avellino lo aveva anche fatto; ma il “caso Cavicchioli” aveva sottratto un punto agli etnei permettendo ai campani di afferrare il Liotru per la coda: per il salto in B occorrono altri novanta minuti.

I rossazzurri, guidati dal magiaro József Bánás, riversano sul campo la rabbia provocata dal torto subito. È il Catania a fare la partita, ma l’imprecisione degli avanti etnei, combinata agli interventi provvidenziali del portiere irpino Giudici, mantengono il risultato a reti inviolate. Pian piano anche il Lupo tira fuori il naso, smorzando la pressione portata dagli etnei. Il persistente equilibrio viene spezzato irrimediabilmente a due minuti dalla fine, quando Fabbri impallina il portiere etneo Goffi consegnando la B all’Avellino. Temporaneamente. Già, perché il commissario straordinario Lorenzo Fazio nel dopo gara afferma convinto: “Abbiamo perso sul campo, vinceremo a tavolino. Viva Sant’Agata!”. Il Catania mira infatti a farsi restituire il punto tolto dalla Lega ed anche a denunciare la combine tra Avellino e Juve Stabia sulla base di quanto dichiarato alle autorità dall’ex biancoverde Staffieri. La prima impresa non riesce, la seconda sì (dopo un apposito ricorso alla C.A.F., che si pronuncia ad Agosto) e comporta la retrocessione del Lupo d’Irpina in Promozione per illecito sportivo. Ciò consegna la B all’Elefante: è l’estate 1949 e per il Catania è il primo contatto con la famigerata carta bollata…

 

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Lorenzo Fazio, il presidente del Catania dal 1949 al 1951

Viagrande, casa Fazio: domenica 27 settembre 1959.


"Dai nonno, -gridano i piccoli Maria, Nino, Lorenzo e Francesco Nicolosi- parlaci ancora di quel pomeriggio in cui Sant'Agata fa il miracolo accompagnandoci sul filo di lana in B !"
È una persona di cuore e gronda serenità, nonno Lorenzo. Già presidente del Catania dal '49 al '51, ha una voce vibrante che assume toni fiabeschi ma nondimeno si riferisce a vicende realmente accadute poco più di un decennio prima e interamente colorate di rossazzurro.
Per esser precisi, a un campionato di pallone risoltosi in gloria in quel di Milano nelle ore vespertine del penultimo giorno del mese di giugno nell'anno del Signore 1949. Per farla breve, alla prima promozione nella storia del neonato Club Calcio Catania.
"Appena concluso da vincitori il torneo di C '47-'48, -racconta il dottor Lorenzo Fazio ai nipoti- ci vien detto che per una ristrutturazione generale si riparte dalla terza serie, seguitando a combatter su terreni da ciclocross. Tosto che rettangoli verdi, ci attendono randellate a volontà su spiazzi polverosi con radi spruzzi di ciuffi d'erba. Pur tuttavia, la nostra squadra dispone di un equipaggio animato da spirito guerriero e si respira ottimismo circa il conseguimento del successo supremo. I più forti sono l'acrobatico guardiapali Cesare Goffi, gli arcigni Oscar Messora e Nicola Fusco e il tris di funamboli Armando Perrone, Gianni Prevosti e Faustino Ardesi. C'è pure il campione del mondo del '38 Miguel Andreolo, un autentico furetto scatenato, e con lui il tiratore scelto
Cocò Nicolosi. L'inizio non è brillante bensì balbettante; a Brindisi giochiamo 'alla campanara' e cadiamo come birilli. Ad Acireale ecco un raggio di sole: ci rialziamo con un sonante 3-0. La settimana successiva nel fortino di Piazza Spedini getta l'ancora l'Avellino. Entriamo in campo con la tremarella e vaghiamo come fantasmi: agli irpini basta una misera rete per trionfare e volteggiar in orbita. Insomma, neanche il tempo di gioire che è dramma. A gennaio c'è il derby con i giallorossi del Messina al Cibali; finisce zero a zero ma l'arbitro ne combina di tutti i colori e la situazione si fa nera. Sull'A.I.A. piove un diluvio di telegrammi 'per ottenere dovute soddisfazioni': si rischia il ritiro da ogni competizione. In grazia di Dio, la ragione prevale e sette giorni e sette notti dopo ricompare l'entusiasmo. Il drappello si ritrova, macina gioco e punti ma deve vedersela con un grappolo di contendenti. La più in palla è un quadrato Avellino, il cui gioco si basa sul biondo Morgia, ex-mezzala del Napoli. Alla conclusione totalizziamo quarantacinque punti, uno in più di loro. La B sembra fatta ma, per via di un tesseramento irregolare, il prezioso punticino ci vien tolto. Ergo, si va allo spareggio da giocarsi nell'Arena di Milano il pomeriggio del 29 giugno '49. È un evento: il cielo è stellato, ci son diecimila spettatori e la radiocronaca R.A.I. Dopo un tourbillon rossazzurro, al minuto ottantotto come uno schiocco di frusta Fabbri deposita la sfera di cuoio dentro la porta di Goffi. Incontenibile è il tripudio degli avversari ma trattasi di uno scippo; so di una loro sfilza di illeciti e non sto con le mani in mano. Al triplice fischio di Bellè si avvicina Nicolò Carosio e in barba al protocollo impugno il microfono. Con orgoglio e naturalezza grido al mondo intero: "Abbiamo perso sul campo, vinceremo a tavolino.  Evviva Sant'Agata."


"Ancor oggi, -
mi conferma adesso la signora Maria Nicolosi- questo modo di dire riecheggia in casa e lo sento ripetere perfino dai miei nipotini Manila e Marcello. Il nonno è uno che difficilmente si dà per vinto, un catanese marca liotru che ama la gente e la sua città. È devoto alla Santa Patrona e abbellisce con vigore ed entusiasmo la candelora dei panificatori. Coglie subito il senso delle cose e con smisurata passione abbraccia tutto ciò che fa; ogni 5 febbraio, poi, perde la testa come un bambino. Giovanissimo, inizia a collaborare con il suocero che è proprietario del Casermaggio Fichera. È sempre a contatto con il prossimo e, intanto, diventa proprietario di una catena di panifici. Manifesta propensione per i contatti umani e rivela padronanza per ogni attività imprenditoriale. È un gentiluomo e il suo modo di fare è tipico delle persone semplici: non parla più del dovuto e mai si dà arie. Ogni santo giorno sta in mezzo ai dipendenti; lontano da acrobazie retoriche si esprime con il loro linguaggio. Ha una mentalità dinamica e grande equilibrio: incarna uno yuppie ante-guerra e post-guerra. È uno dei soci fondatori del quotidiano "La Sicilia" e la sua è una figura con una valenza quasi eroica. A casa è adorabile: un uomo protettivo e dolcissimo. Lo ricordo con infinita tenerezza."
"I più maliziosi -
si stringe nelle spalle l'ingegner Francesco Nicolosi - lo accusano di gettar fumo negli occhi e lo chiamano 'il re dei panificatori con velleità politiche' ma sono in errore. Dotato di prestigio e capacità organizzative, nonno Lorenzo ha passione per il calcio e un giorno di primavera del '49 entra nel mondo della pedata. Nella campagna acquisti mette a disposizione tempo e denaro: potenzia la qualità dell'organico e rende migliori le condizioni di vita dei calciatori.

 

 

Porta in società una marcia in più, un'impronta di rinascita che avvicina i cittadini al gioco del pallone. In poco tempo trasforma il Catania nella squadra di una città che vuol dimenticare ansie e miserie del conflitto bellico. Laureato in Economia e Commercio ed eletto vicepresidente degli industriali catanesi, imbastisce relazioni con vari uomini d'affari oltre lo Stretto. Grazie a una fitta rete di contatti, sa ciò che giornalmente accade nell'Italia del pallone. In occasione del celebre spareggio di Milano invita un giocatore irpino pronto a testimoniare su alcune marachelle combinate dai compagni. Lo fa condurre in via Etnea, nel seminterrato del "Gran Caffè Lorenti" e le sue dichiarazioni sono raccolte dal Maresciallo dei Carabinieri Maccarrone e dal Commissario di Polizia Musumeci, nascosti dietro una tenda. Ne segue un'inchiesta e dopo un'interminabile catena di giudizi la Commissione d'appello federale sentenzia l'ultimo posto per l'Avellino e la promozione del Catania in B. Evviva Sant'Agata."

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ricordi raccolti a casa Fazio da Alessandro Russo e depositati nella rivista i Vespri

 

 

Al timone del primo Catania in Serie B c’è ancora Lorenzo Fazio, confermato in qualità di commissario. Per il terzo anno consecutivo si riparte da un tecnico diverso rispetto a quello che ha chiuso (con successo) il precedente campionato. Al posto di Bánás arriva Mario Magnozzi, che da giocatore fu protagonista in nazionale durante gli anni ’20 e i primissimi anni ’30. Alla conferma di tutti i big si accompagna l’acquisto di un nutrito numero di giocatori utili a costituire una nuova base sulla quale puntare per il consolidamento nella categoria.

 

 

 

 

Magnozzi

 

Klein

12° POSTO

1949-50

Rega; Benussi; Bergonzi; Garavoglia; Gualeni; Mogoy; Molon; Porcelli; Ferlito; Pistone; A. Gavazzi; Pierini; Peruzzo; Scimone; Suozzi; Ziz.

I rinforzi coinvolgono tutti i reparti: dal Livorno arrivano Alfredo Piram, terzino, e Dandolo Brondi, mediano; il centrocampo è ulteriormente puntellato con Aldo Gavazzi ed Enzo Garavoglia; il reparto offensivo si fregia dei servigi delle ali Raffaele Pierini e Serafino Romani, quest’ultimo proveniente dal Modena e dalla massima serie. Il torneo cadetto, caratterizzato dalla presenza di ben 22 squadre e da un regolamento che prevede la retrocessione per le ultime 5, impone un approccio prudente, ma i ragazzi di Magnozzi reagiscono bene alle prime battute d’arresto conquistando punti pesanti anche contro compagini ambiziose come il Verona, battuto a domicilio alla 6a giornata.

Il Catania, in piena zona retrocessione in serie cadetta, guidato da poco più di una settimana dal tecnico romeno Stanislao Klein, impatta davanti ai propri tifosi contro la capolista Udinese. Una settimana più tardi, nella prima partita del nuovo decennio, i rossazzurri espugnano il campo della diretta concorrente Pro Sesto con un gol di Romani. La miniserie positiva apportata dal cambio della guida tecnica viene però bruscamente interrotta con due sconfitte nei successivi tre turni di campionato che inchiodano gli etnei al quartultimo posto al termine del girone d’andata.

Dopo il giro di boa il Catania trova la necessaria continuità in casa e riesce ad uscire dalle sabbie mobili, ma a causa di quattro sconfitte in altrettante trasferte non riesce a distanziare le altre pericolanti.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

 

 

Lorenzo Fazio non lascia ma raddoppia: viene eletto presidente ed opta per il cambio di denominazione del club, che diventa “Società Sportiva Catania” per assecondare un progetto polisportivo che tuttavia durerà una sola stagione. Per l’ennesima volta il tecnico che ha concluso l’anno precedente col raggiungimento dell’obiettivo prefissato non viene riconfermato: al posto di Klein ecco l’ungherese Lajos Politzer, alla prima esperienza da allenatore in Serie B. Salutati i senatori Goffi e Prevosti, la società accoglie diversi nuovi rinforzi.

 

 

 

 

 

 

Politzer

 

Marini

 

7° POSTO

1950-51

Finocchiaro; Molon; Messora; Usberti; Pistone; Garavoglia.

 

 

Tra questi, si riveleranno particolarmente importanti la mezzala Francesco Randon (elemento di categoria superiore proveniente dall’Atalanta), l’ala Silvano Toncelli e, soprattutto, l’attaccante italo-tedesco Guido Klein, prelevato dalla Torrese.

Nel finale di stagione arriva anche l’ennesima, ed ultima, svolta societaria: al posto di comando si insedia l’industriale romano Arturo Michisanti, nominato commissario unico. Non manca una coda velenosa: Spezia e Livorno alimentano dei sospetti sulla formazione etnea. Le accuse si rivelano un castello di sabbia, ma fanno emergere frequentazioni ambigue di alcuni tesserati che costano al Catania tre giornate di squalifica del campo e l’inibizione di tre membri della dirigenza.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

 

 

 

Marini

 

 

 

Baldi

 

 

 

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4° POSTO

1951-52

Pattini; Finocchiaro; Piram; Manzardo; Rebuzzi; Vazzano; Ferlito; Marangolo; Zambelli. 

 

La gestione Michisanti parte con il ritorno alla denominazione “Club Calcio Catania” e con la conferma in panchina del solo Nereo Marini.

La campagna acquisti garantisce un innalzamento del tasso tecnico della squadra: in porta arriva dall’Inter Narciso Soldan, un lusso per la categoria; in difesa Molon e Messora chiudono il loro ciclo e vengono rimpiazzati da Carlo Baccarini, che era giunto nella seconda parte del campionato precedente, ed Alvaro Bravetti; la mediana, già forte delle conferme di Fusco e Brondi, viene puntellata con Enzo Bearzot; nel reparto d’attacco al terribile trio Randon-Klein-Toncelli viene affiancato il prolifico Fabrizio Bartolini, autore di quasi 40 gol nelle ultime due stagioni disputate a Livorno.

Smaltita la squalifica del Cibali, il Catania vince regolarmente in casa ed anche lontano dalle mura amiche riesce a racimolare qualche punto, insediandosi nelle parti medio-alte della classifica.

Rispetto all’annata precedente la squadra è meno prolifica (il solo Klein, con 13 reti, va in doppia cifra) ma migliora sensibilmente lo score difensivo.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Baldi

3° POSTO

1952-53

Pattini; Cozzolini; Perni; Torre.

 

 

La graduale scalata verso la Serie A, programmata da Michisanti, prosegue nell’estate del 1952 con la conferma dell’ossatura della squadra che tanto bene ha fatto l’anno prima. L’unico big che saluta è Randon, che passa al Bologna tornando così a giocare in Serie A. Partono pure Brondi e Gavazzi dopo un triennio positivo, ma i rinforzi non si fanno attendere e fra questi spiccano due giocatori provenienti dal Palermo e dalla massima serie: il difensore Ferruccio Santamaria e l’attaccante Bruno Micheloni. Quest’ultimo, nei tre anni che hanno preceduto l’esperienza rosanero, ha segnato oltre 50 gol in Serie B col Siracusa.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

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Enzo Bearzot

 

La circolare 94 scivolava veloce sulla corsia preferenziale,un fiume di asfalto che ricopre un'antica cerchia dei navigli fiancheggiato dagli alti complessi residenziali del centro storico della città. Correva il bus arancione col suo carico di passeggeri che il primo tepore della primavera aveva sospinto fuori delle case, in marcia verso gli uffici, i centri commerciali e gli eleganti negozi del cuore della city milanese.

A una fermata una coppia di coniugi anziani era salita e facendosi largo tra la folla aveva trovato un posto. Lei un volto sereno, una chioma argentata s'era accomodata, lui, quasi a proteggerla, le era rimasto accanto in piedi, il viso che pareva scavato in un tronco di un secolare legno montano, lo sguardo che scrutava il percorso o immaginava orizzonti tempi e momenti già vissuti.

Qualcuno lo riconosceva e sorrideva; non doveva essere impresa difficile perché tante volte i giornali, la televisione avevano riproposto una delle immagini più note del CT azzurro incollato all'immancabile pipa mentre sull'aereo presidenziale affronta l'interminabile scopone col presidente della Repubblica Sandro Pertini che riporta a casa la nazionale di calcio reduce da Madrid, campione del inondo 1982.

Mi trovai così per caso e per la seconda volta accanto a Enzo Bearzot.

La prima accadde in una sera quasi estiva di tanti anni prima. Sulla terrazza del mio vicino di casa in cui un muretto rendeva facili le relazioni tra le due famiglie, un gruppo di amici si era riunito per cenare e prendere un pò di fresco facendo quattro chiacchiere sotto le stelle. Noi bambini, insieme a qualche amichetto che abitava nel palazzo eravamo stati invitati per fare compagnia alle tre figlie del padrone di casa, un giovanotto di Livorno che si chiamava Alfredo Piram, il capitano del Catania, il club calcio che militava in serie B al cui vertice stava Arturo Michisanti l'uorno che gestiva, attraverso la Sisam, i servizi di nettezza urbana della città. C'erano Klein, Bassetti, l'immancabile portiere Pattini, Brondi. Manenti e proprio lui, Enzo Bearzot il mediano friulano che, proveniente dall'Inter, giocava nelle file rossazzurre.

Da quell'incontro erano trascorsi più di cinquant'anni ma, trovandomi accanto al mediano della squadra che per la prima volta nel 1954 esordì in serie A mi colse la stessa emozione di quella sera in cui gli chiesi l'autografo.

Confesso che provai ad avvicinarlo in maniera un pò goffa; avrei potuto chiedergli degli azzurri di Spagna, di Tardelli o di Altobelli, avrei potuto strappargli un giudizio sul momento del calcio italiano, sulla proposta di legge per evitare la bancarotta delle società. Riuscii a mormorare soltanto: Tosso stringerle la mano? lo sono di Catania".

Si illuminò il suo volto e il suo cuore, che portava sulle spalle leggermente ricurve settantasette primavere, suppongo abbia avuto un leggero sussulto. Mi rispose con un sorriso: Io avevo la casa ad Acitrezza".

La circolare si era leggermente svuotata e correva veloce lungo il fiume della sua corsia preferenziale. Mi parve, a un certo punto, che cercasse l'azzurro mare dei Ciclopi quando Enzo, l'ex ragazzo di Mariano del Friuli, cominciò a coniugare i verbi della sua memoria.

lo mi ricordo. . .- disse - E giù col Catania di Michisanti prima e di Nuccio Rizzo, Seba D'Amico e Pippo Galli dopo, quello dei fratelli Mineo il segretario Giovanni e il medico sportivo Saro. Il Catania del mister Piero Andreoli, di capitan Fusco, di Seveso di Quoiani proprio quello che era stato promosso in serie A e che al rientro da Como dopo l'ultima partita fu accolto da una marea di tifosi alla stazione di Giarre e dal sindaco La Ferlita a Palazzo degli Elefanti.

E poi i giocatori che frequentavano il barbiere Giovanni in via lago di Nicito o il ristorante di Ibri Finocchiaro in via Euplio Rejna o utilizzando li filobus andavano agli allenamenti al Cibali. Parla e ricorda Enzo Bearzot e mi sembra di rivedere un documentario di Ugo Saitta con le immagini della città felice e piena di speranze che c'era: la via Etnea lucida d'acqua che profuma di lavanda a Villa Bellini che vibra degli ottoni della banda civica diretta dal maestro Pennacchio, il treno che sferraglia sulla scogliera di Guardia Ognina e di San Giovanni Li cuti e poi il nuovo palazzo di Giustizia che si inaugura e hotel Excelsior che emerge dalle lave di piazza Esposizione. Catania del "passiaturi" di piazza dei Martiri, della pasticceria svizzera di via Etnea con l'elegante Peppino Nicolosi gran maestro del caffè espresso, gli arancini di Giardini e la cordialità di un'altro Peppino, il commendator Lorenti nel gran caffè di piazza Giovanni Verga. Catania, quella del fortunato programma radiofonico "Tutta la città ne parla", quella che accoglie Emma Bonino miss Italia 1954 e il lido dei Ciclopi che seleziona le candidate del concorso Miss Sicilia 53 e "forse stasera canta Don Marino Barreto".

Lo vedo allontanarsi, attento e protettivo, dando il braccio alla moglie, lo seguo mentre scompare tra la folla che sciama e si disperde sul marciapiede e la sua figura ormai lontana mi pare che sulle spalle leggermente ricurve abbia posata ancora la maglia con i colori rosso-azzurri. Sembra dirigersi verso la tribuna B, verso l'abbraccio dei tifosi del Cibali al suo centro mediano, verso la sua stagione giovanile che alimentava i miei sogni di bambino sempre in bilico tra le trecce bionde di Iva Piram e le mani enormi di quella saracinesca umana che suppongo sia stato il riminese Giano Pattini.

(Lino Serrano – Giorn. Prov. di Catania, aprile 2004)

 

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Mi raccontarono poi che, nelle stazioni di fermata, il treno della gloria etnea fu preso d'assalto e osannato, e che a Giarre e ad Acireale fu costretto per tre ore intere a fermarsi sotto la pressione di masse gigantesche di tifosi esaltati e felici. E che in piazza della stazione di Catania una marea di cittadini, tifosi e non, mai finì di lanciare enormi, roboanti, sterminate grida di giubilo tal che il cielo tremò e gli uccelli scapparono e in quel posto mai più ebbero a tornare. In tale baccanale di gioia solo una voce fu di dissenso: quella di mio padre. "Che vergogna, manco quando arrivò Garibaldi tutta questa gente... Viva il Re!".

(Aldo Motta – Giorn. Prov. di Catania, aprile 2004)

 

 

 

 

I problemi societari che emergono durante l’estate del 1953 fanno dimenticare in tutta fretta la delusione provocata dalla mancata promozione. Succede infatti che Michisanti molla la presa ed appigliandosi ad una norma dello statuto pretende che i suoi successori si accollino le passività sociali, minacciando altrimenti di procedere alla cessione dei giocatori in organico per recuperare il proprio credito. Il consiglio direttivo del club, guidato da Giuseppe Rizzo, trova un accordo con Michisanti e la Federazione per evitare un simile disastro e si procede così al rinnovo delle cariche societarie: è lo stesso Rizzo che assume la carica di presidente e forma una “triade” coi vice Giuseppe Galli e Sebastiano D’Amico.

Salutato Baldi arriva un altro tecnico emergente, Piero Andreoli (per lui due scudetti da giocatore col Bologna). Confermati tutti i protagonisti della stagione precedente, eccezion fatta per Toncelli e Soldan, entrambi richiamati dalle sirene della massima serie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andreoli

1° POSTO

1953-54

Pattini; Pirola;Bassetti; Quoiani; Biancardi.

 

 Al posto del portiere veneto arriva in prestito dal Milan Antonio Seveso. Dalla stessa squadra e con le stesse modalità viene acquistata la mezzala Giovanni Marin. Al suo fianco Andreoli piazza un suo pupillo, portato con sé dall’Empoli: Michele Manenti. In avanti la partenza di Bartolini è compensata dall’arrivo dell’ala “tascabile” Francesco Bassetti e dal prolifico pari ruolo Renato Cattaneo, reduce da due annate in A col Como. Dopo quasi un lustro saluta invece il difensore Piram.

Per fortuna del Catania le principali inseguitrici (Cagliari, Como e Pro Patria) a loro volta non brillano per costanza e così a due giornate dal termine la compagine guidata da Andreoli svetta in testa alla classifica con 4 punti di margine sul 3° posto: basterebbe un solo punto per conquistare matematicamente la prima, storica, promozione nel massimo campionato ma il calendario propone due difficili trasferte contro Como (rivale diretta) e Marzotto (ancora matematicamente in corsa per il salto di categoria).

Il 23 maggio 1954 i rossazzurri scendono in campo al “Giuseppe Sinigaglia” in formazione parzialmente rimaneggiata (in campo, fra gli altri, le riserve Pattini, Pirola e Quoiani). Il catenaccio regge e al fischio finale del sig. Canepa di Genova che sancisce lo 0-0 è Serie A, finalmente. L’ultimo impegno, in programma sette giorni dopo a Valdagno contro il Marzotto, non consente però agli etnei di rientrare subito a Catania per godersi l’impresa.

I festeggiamenti vengono così rinviati al 2 giugno, giorno in cui è previsto l’arrivo della squadra alla stazione di Giarre. Da lì si snoda un corteo di 200.000 persone impazzite di gioia che portano in trionfo i loro beniamini sino a Palazzo degli Elefanti, dove la squadra viene accolta dal sindaco La Ferlita. La stagione si chiude con un assaggio di massima serie: l’amichevole organizzata il 6 giugno al Cibali contro la Triestina, vinta dal Catania grazie a un gol di Quoiani.

 

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

A Giarre i giocatori vennero prelevati dal treno e fatti salire su dei carri con cui dovevano raggiungere Catania annunciati da una banda che intonava varie marce. Intanto a Catania nei caffè più in voga come Caviezel, il Caffè dello Sport, non si parlava d’altro: Il Presidente Rizzo, con quel Catania costato in tutto 100 milioni, di cui 70 concessi come prestito dal Banco di Sicilia sulla garanzia concessa del contributo Comunale, aveva fatto il miracolo.La carovana partita da Giarre impiegò sei ore per raggiungere Catania, per gli entusiastici festeggiamenti lungo tutto il percorso, le ripetute esplosioni di mortaretti e un incredibile affollamento di tifosi che sbandieravano i vessilli della squadra. Entrati a Catania, come scrivono i cronisti dell’epoca, la banda intonò la marcia dell’Aida. Alle 21,10 finalmente i giocatori raggiunsero il Municipio: il Sindaco, Dottor La Ferlita, fece la solenne promessa che la Società sarebbe stata assistita in ogni circostanza dall’Amministrazione Comunale.

 Inoltre, da profano del calcio, disse: "E adesso vogliamo lo scudetto".

La formazione che aveva conquistato la Serie A era la seguente:Seveso, Baccarini, Bravetti; Bearzot, Fusco, Santamaria; Cattaneo, Manenti, Micheloni, Marin, Bassetti; allenatore Piero Andreoli.

 

 

 

LA PRIMA VOLTA IN SERIE A CINQUANT’ANNI FA

Pressappoco in questo stesso periodo, la squadra rossazzurra ebbe a conquistare la sua prima promozione nella massima serie.

Fu un avvenimento che coinvolse tutta la citta gia proiettata in quel ventennio d'oro

italico passato alla storia come boom economico.

La formazione-tipo di quella squadra (vado a memoria) era: Seveso- Baccarini-Bravetti; Bearzot-Santarnaria-Fusco; Cattaneo-Manenti-MicheIoni (Ghiandi)-Marin-Bassetti. Presidente Giuseppe Rizzo, allenatore Piero Andreoli.

In questo "pezzo", nato "per ordine" di Daniele Lo Porto, mi limito a ricordare alcune ore particolari che io passai, cinquanta anni fa, alla stazione Termini di Roma. Il Catania ha appena pareggiato 0-0 a Como conquistando così il punto necessario che vale la promozione in sede A. Ad attendere i giocatori che in treno ritornano in sede ci sono alcuni tifosi, qua e là, con bandiere e striscioni...

Da Vercelli, dove ero stato una ventina di giorni ospite di mia sorella e di mio cognato, raggiunsi Genova col "bus diretto" e salii sul treno per Roma dove avrei dovuto attendere la coincidenza per Catania. Giunsi alla stazione Termini alle sei di mattina e notai subito un centinaio di uomini bivaccati chi a terra chi sulle panche, tutti aventi accanto bandiere avvolte attorno alle aste. Pensai: un gruppo folkloristico di sbandieratori. Un signore, con una sciarpa colorata al collo, mi chiese "del fuoco" per una cicca che teneva in bocca; mi guardò attentamente e fece: "Siciliano, vero?". "Si, di Catania" risposi. "Carusi - gridò - ancora unu dei nostri c'è". Quel centinaio di persone che prima  parevano pupi sfasciati, all'improvviso presero vita, spiegarono le loro bandiere in un'orgia sfrenata di rosso e di azzurro, e, saltando freneticamente, cominciarono a ritmare tutti in coro: "Ca-ta-nia, Ca-ta-nia. . . ".

Quindi, con la stessa celerità con la quale erano balzati in piedi, ripresero le loro posizioni di prima. Cosciente che era stato diretto alla mia umile persona tanto entusiasmo, chiesi lumi al mio gentile conterraneo. "Come perché? Fra un'ora agghicono i nostri jucatureddi ... Ma lei è scognito, non lo sapi ca semu in serie A?". Manco aveva finito di pronunciare "serie A' che di nuovo i pupi sfasciati si proiettarono in piedi sventolando bandiere, gagliardetti, sciarpe, fazzolettini da taschino, cambiando questa volta il concetto del coro: "Serie A, Serie A", indi, coerentemente, tornarono ad assopirsi ai loro posti. "Venga, caro giovane amico, nuatrì semu tutti marca liotro e figghi di sant'Aituzza; travagghiamu a Roma ma u nostru cori restau a Catania... e sta vittoria ppi nuatri è na cosa ca non si pò spiegare! E quannu arrivunu i jucaturi i vulemu abbrazzari a unu a unu ppi dirici ca na cuntintizza di stu generi mai l'avernu pruvatu, mai! Viva Catania, Viva Bellini".

Alla parola "Bellini" una nota operistica colpì le orecchie dei pupi in dormiveglia che, forse memori de "Suona la tromba intrepido", guizzarono in piedi come spinti da una molla e cominciarono a strombazzare in un concerto che avrebbe ucciso per asfissia il "Cigno".

Gli astanti guardavano sbigottiti ma anche divertiti questa irrefrenabíle massa umana saltellante e caotica, mentre due signore, sedute in disparte, commentavano fra loro spiacevoli sentenze: "Ecco, cara mia, adesso arriva la diligenza e gli indiani l'assaltano... !". La diligenza, cioè il treno Milano-Siracusa, arrivò alle sette e dieci. Il gruppo dei tifosi catanesi, nel frattempo, s'era infoltito. Dire che successe una baraonda infernale è poco, anzi è niente. I tifosi, sempre più esaltati, si catapultarono negli  scompartimenti ruggendo come leoni affamati per azzannare i poveri gladiatori pallonari; furono versati sulle loro teste fiumi di champagne e champagnette, e ad essi fu profetizzato che mai sarebbero morti, mai, etemi sarebbero rimasti, e che comunque se a qualcuno fosse capitata tale disgrazia, dritto in paradiso sarebbe andato, accanto alla patrunedda di Catania, a san Petru e Paulu e a ddu santu cristianu ca fu Dusmet".

 

 

Per affrontare il debutto in Serie A la società conferma Andreoli ed attua una piccola rivoluzione dell’organico. Dal Como, grande rivale nella stagione passata, arrivano tre giocatori: il portiere Ezio Bardelli, col quale si rimedia alla parziale indisponibilità di Seveso a causa degli obblighi di leva di quest’ultimo; il terzino destro Umberto Boniardi, che manda in panchina Baccarini; infine, la punta Vittorio Ghiandi, che ha il compito di non far rimpiangere Micheloni, passato al Cagliari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andreoli

12° POSTO

retrocesso per illecito sportivo

1954-55

Pattini; Seveso; Baccarini; Fusco; G. Klein; Malinverni; Pirola; Gotti; Vazzano.

 

 Ma gli acquisti che stuzzicano la fantasia dei tifosi sono quelli degli stranieri Karl Aage Hansen e Karl-Heinz Spikofski: il primo, danese, è un regista affermato a livello internazionale, ha trentatré anni e non è più prolifico come ai tempi della Juventus, ma è di sicuro affidamento; il secondo, tedesco, è un’ala e toglie spazio a Bassetti. Confermati, tra gli altri, Santamaria, capitan Fusco e Manenti, mentre Klein, in rotta con la società, verrà reintegrato nella seconda parte di stagione, fungendo ormai da comprimario. L’unica cessione eccellente è quella di Bearzot che passa al Torino.

Il pessimo cammino di Spal e Pro Patria non mette mai in discussione la permanenza in Serie A dei rossazzurri, i quali acquisiscono la certezza matematica a tre giornate dalla fine. Il campionato lo si conclude al 12° posto e per una neopromossa è tanta roba. Gli applausi vanno distribuiti equamente tra i senatori provenienti dalla B, che confermano la loro affidabilità nel massimo campionato, e gli innesti operati dalla società (su tutti l’imprescindibile Hansen ed il bomber Ghiani, autore di 11 reti). Un'inaspettata e sgradita sorpresa gela però i tifosi durante l'estate 1955...

 

IL CASO SCARAMELLA E L’ONTA DELLA RETROCESSIONE A TAVOLINO

La A difesa sul campo viene immediatamente compromessa da uno scandalo che esplode nell’estate 1955. Il giornalista Giulio Sterlini rivela di aver operato da mediatore tra la società etnea ed il fischietto romano Ugo Scaramella, al fine di corromperlo in vista degli incontri casalinghi da lui diretti contro Genoa ed Atalanta. Sterlini afferma di aver consegnato a Salvatore Berardelli, cognato del direttore di gara, degli assegni da mezzo milione. La commissione di controllo della Lega trova conferme analizzando i libri contabili del club, dai quali risultano uscite corrispondenti proprio nei periodi in cui sono state disputate le partite sospette. Il destinatario delle uscite è il vice-presidente Galli che fornendo il proprio estratto conto potrebbe svelare come ha utilizzato il denaro, ma l’avvocato rifiuta per motivi familiari.

Così il 6 agosto arriva la sentenza che determina la retrocessione a tavolino e l’inibizione di tutti i soggetti coinvolti. A distanza di 61 anni, resta poco chiaro il motivo che spinse Sterlini ad innescare la “bomba”: secondo la ricostruzione dei dirigenti di allora, fu una vendetta legata, da un lato, all’allontanamento dal “Corriere dello Sport” propiziato dalle lamentele della società per i pesanti attacchi del giornalista e, dall’altro, all’aver rifiutato la candidatura a segretario del club dello stesso Sterlini. Secondo altre fonti, più semplicemente, Sterlini ricattava il Catania per il suo silenzio e quando i dirigenti gli negarono quanto richiesto passò al contrattacco facendo emergere l’illecito.

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Dopo aver onorevolmente partecipato per la prima volta al Campionato di Serie A chiudendo al 12° posto –ricordiamo quale regista della squadra Karl Hansen (33 anni)- ecco che ci fu la grande delusione: scoppia lo scandalo Scaramella, che coinvolse l’arbitro romano Scaramella, un pubblicista catanese e il vice presidente del Catania. I contorni dello scandalo non furono molto chiari. Purtroppo la Lega Calcio appurò che il Catania aveva corrotto l’arbitro e quindi lo spedì in B insieme all’Udinese, colpevole di illecito sportivo.

Un disastro. La marcia dell’Aida e i festeggiamenti sembravano cose avvenute un secolo prima. Ma si posero le basi per quella che fu considerata l’era d’oro di Ignazio Marcoccio e dell’Avvocato Silvestro Stazzone.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

 

 

Andreoli

 

Bellini

5° POSTO

1955-56

Puccioni; Bosco; Origgi; Fusco; Quoiani; G. Klein; Patino; Fontana; Cattaneo.

 

 

Il contraccolpo subito in virtù dello “scandalo Scaramella” che obbliga i rossazzurri a ripartire dalla Serie B impone un rinnovamento della dirigenza: al posto del dimissionario Rizzo si insedia una reggenza composta da Michele Giuffrida, Mario Orlando ed Agatino Pesce, uomini d’affari patrocinati dal Comune. Dimostrano fedeltà alla causa il tecnico Andreoli e diversi giocatori di prima fascia (Bardelli, Boniardi, Bravetti, Hansen, Spikofski e Ghiandi). Fa le valigie invece capitan Fusco, che saluta dopo 7 anni con un record di presenze (222) che resisterà per quasi due decenni. L’altra partenza di un certo peso è quella di Manenti, che passa all’Alessandria. Addii che promuovono titolare il mediano Ermanno Malinverni, acquistato l’anno prima dall’Empoli. Per affrontare il nuovo campionato arrivano alcuni comprimari e l’unico vero rinforzo per l’11 base è rappresentato dal terzino Luigi Origgi, che si ricongiunge così a Bardelli, Boniardi e Ghiandi, suoi compagni d’avventura ai tempi del Como.

Il gruppo onora il campionato rischiando persino di rovinare la festa promozione del Palermo alla penultima giornata (3-3 a “La Favorita”) e chiude al 5° posto nella classifica finale. Il reparto che più si distingue è quello difensivo, il migliore della cadetteria per minor numero di gol subiti. L’attacco invece non brilla come dovrebbe: il solo Bassetti replica l’impresa dell’anno della promozione andando in doppia cifra, mentre il quotato Ghiandi realizza soltanto 5 reti.

L’Allenatore Piero Andreoli dopo la retrocessione del Catania in B per illecito sportivo, rimase a Catania. Ma dopo pochi mesi fu esonerato e rientrò a Verona sua città natale; gli subentrò Matteo Poggi, genovese. Andreoli sarebbe dopo ritornato a Catania per allenare l’altra squadra in C dei fratelli Massimino, la Massiminiana, chiamato a sostituire Renzo Vellutini.  Nel Frattempo c’era stato un cambiamento al vertice della società Catania. Al posto del Presidente Rizzo, erano entrati a far parte della Presidenza i Sig.ri Pesce, Giuffrida e Orlando. Dopo circa un anno subentrò al posto di Orlando il signor Di Stefano mentre era Poggi l'allenatore.La squadra quell’anno si comportò più che onorevolmente e sfiorò la promozione in serie A finendo terza.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

Nell’estate del 1956 il Catania torna ad avere un solo presidente: ad un anno dall’insediamento si scioglie la “triade” di reggenti ed è Agatino Pesce a prevalere ricoprendo l’incarico più prestigioso. Al suo fianco i vice-presidenti Giuffrida e Giovanni Di Stefano. Il club affida le proprie rinnovate ambizioni al nuovo tecnico Gipo Poggi, reduce da un triennio al Pavia ed in precedenza collaboratore tecnico della Sampdoria. Il suo vice è Nicolò Nicolosi, un graditissimo ritorno.

La permanenza in cadetteria determina la partenza di diversi pezzi da novanta: il reparto difensivo perde Bardelli, Boniardi, Santamaria e Bravetti, che chiudono il loro ciclo; in attacco fanno altrettanto Bassetti, Ghiandi (i quali vanno a rinforzare il Verona, una diretta concorrente) e Klein, che con 47 reti saluta da primatista nella classifica marcatori etnea (nella quale ad oggi è 4°).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poggi

4° POSTO

1956-57

Seveso; Gelio; Spikofski; Salmeri; Fiorindi; Colangeli; Righetto; Perin; Patino; Caceffo.

 

A due giornate dalla fine i rossazzurri espugnano Busto Arsizio con un 2-3 che condanna la Pro Patria alla retrocessione e che, in vista dell’ultimo turno, garantisce alla squadra dell’Elefante il 2° posto con un punto di vantaggio su Alessandria e Brescia.

Per tornare in serie A bisogna dunque vincere l’ultima partita, in programma a Modena contro una squadra che non ha più obiettivi.

 Il 16 giugno 1957, in Emilia, nonostante i premi partita promessi dalla società, i giocatori schierati da Poggi girano a vuoto e neanche l’espulsione dell’avversario Bolognesi a dieci minuti dal termine riesce a sbloccarli. Mentre si pensa già agli spareggi contro le altre due rivali, ecco la doccia fredda: al minuto numero 87 l’ala sinistra modenese Luigi Scarascia segna il gol della vittoria dei padroni di casa nell’incredulità generale.

A giocarsi la promozione sono così Alessandria e Brescia, mentre il Catania chiude la propria stagione con una resa dei conti tra dirigenti e giocatori negli spogliatoi, seguita da multe ed epurazioni.

Un epilogo che rovina un’annata da protagonisti nell’ambito della quale va dato atto all’allenatore di aver valorizzato le doti offensive di Buzzin e dei suoi giovani colleghi Bicicli ed Uzzecchini.

 

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

 

I postumi del campionato precedente non determinano particolari scossoni nell’organigramma societario: Pesce resta al suo posto e con lui anche il tecnico Poggi. Le scorie incidono invece su alcune mancate riconferme, in particolar modo quelle di Origgi, Malinverni e Celio. Salutano anche gli stranieri Hansen e Spikofski, mentre Bicicli ed Uzzecchini tornano ai rispettivi club.

 

 

 

 

Poggi

 

Nicolosi

 

Capocasale

 

4° POSTO

1957-58

Seveso; Gelio; Spikofski; Salmeri; Fiorindi; Colangeli; Righetto; Perin; Patino; Caceffo.

 

In porta, archiviato finalmente il servizio militare, riconquista un posto da titolare Seveso (a discapito di Menozzi); la difesa è rinforzata dall’acquisto di Mario Corti, che apre un ciclo destinato a durare parecchio; a centrocampo viene promosso titolare Renato Gelio, prelevato dalla Triestina un anno prima; l’organico è completato da una serie di giovani e comprimari, alcuni confermati, altri giunti in prestito dalla massima serie, e dall’approdo di un senatore come il trentaquattrenne Riccardo Carapellese, ex attaccante della nazionale italiana.

Il campionato si conclude senza infamia e senza lode all’11° posto, ma quel che desta maggiori preoccupazioni è il bilancio in rosso che impone serie riflessioni sul futuro della società.

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/

 

 

Comincia a prende forma il grande Catania ammazzagrandi

il

 

L’impasse finanziario, eredità delle precedenti stagioni, si risolve, seppur temporaneamente, in modo del tutto inaspettato: alla guida del club, cinque anni dopo una separazione a dir poco burrascosa, torna Arturo Michisanti. L’imprenditore romano affida la panchina etnea a Blagoje Marjanović, ex giocatore della nazionale jugoslava che in Italia vanta un’esperienza sulla panchina del Torino in massima serie. Poche le conferme rispetto alla stagione precedente: ci sono Seveso, Grani, Toros, Corti e Buzzin; resta anche Carapellese, utilizzato più che altro come uomo spogliatoio e chioccia per i più giovani.

 

 

 

 

 

Marjanovic

Di Bella

 

16° POSTO

1958-59

Benvenuti; Veglianetti; Bimbi; Salmeri; Caceffo; Carapellese; Francia; Grani.

 

Per il resto si attinge a piene mani dal mercato. Dalla Serie A, via Spal, giungono tre grandi rinforzi: il versatile Gianni Fermi, ala che si adatta anche da terzino; l’altro polivalente Memo Prenna, centrocampista d’assalto che spicca per la propensione al gol; Guido Macor, attaccante in grado di svariare su tutto il fronte offensivo. La difesa è rimpolpata da Alfredo Napoleoni, proveniente dalla Lazio, mentre a centrocampo spiccano gli arrivi del mediano Antonio Marcellini dalla Roma e dell’oriundo argentino Eduardo Ricagni, centrocampista offensivo già affermatosi in Serie A con le maglie di Juventus, Milan e Torino.

Comincia così la straordinaria avventura rossazzurra di Carmelo Di Bella, che a Catania è nato e si è formato come calciatore a cavallo fra gli anni ’30 e ’40 e che fin qui ha allenato soltanto formazioni di periferia dell’isola prima di rientrare nella città del Liotru nel 1957 per allenare, su richiesta di Agatino Pesce, le squadre giovanili.

L’attenzione adesso si riversa tutta sulle vicende societarie. Michisanti da solo non basta per risolvere i problemi: si fanno avanti i fratelli Massimino, imprenditori edili che da qualche anno finanziano il club, ma è la Lega, creditrice di svariati milioni di lire nei confronti del Catania, a sbloccare la situazione il 16 marzo 1959, quando nomina in qualità di nuovo commissario straordinario il delegato provinciale del C.O.N.I., Ignazio Marcoccio.

I Massimino si consolano andando a fondare una nuova compagine, la Massiminiana, che nel giro di pochi anni si affermerà come seconda squadra cittadina insediandosi nelle categorie professionistiche.

Tra i pochi a salvarsi in un’annata schizofrenica Macor, Buzzin e Prenna che contribuiscono con le loro reti al raggiungimento della salvezza.

 

fonti:   http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/