San Giovanni li Cuti è il nome di un piccolo borgo marinaro di Catania con una delle spiagge più rinomate della città.
 Ormai fagocitato dalla metropoli etnea, viene lambito dal bellissimo lungomare che inizia come Viale Ruggero di Laurìa e prosegue come Viale Artale Alagona attraversando le cinque piazze che si susseguono in successione.
Nell'ordine si incontrano: Piazza Europa, Piazza del Tricolore, Piazza Nettuno, Piazza Ognina e Piazza Mancini Battaglia.
Poste tutte sulla destra si protendono verso il mare seguendo l'andamento sinuoso di una costa caratterizzata da sciara ed affioramenti magmatici.

 Frequentatissime, ben conosciute e prese d'assalto durante la stagione estiva sono accomunate dal fatto di essere realmente delle suggestive terrazze a mare, luoghi di ritrovo conosciuti ma al contempo delle tappe abituali per il turismo balneare dei catanesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

San Giovanni li Cuti si trova nella zona coperta da varie colate laviche, in epoca storica nel 1169, 1329 e 1381 anno in cui venne coperta anche parte dell'antico Porto Ulisse; tale tratto di costa è chiamata appunto La Scogliera. Vi si accede dalla via omonima, traversa di viale Ruggiero di Laurìa, nel quartiere di Santa Maria della Guardia. La spiaggia è compresa tra il porto omonimo, utilizzato solo da piccole imbarcazioni di pescatori, ed alcuni lidi a cui si accede tramite la vicina Piazza Europa.
La spiaggia è formata da sabbia nera vulcanica e l'accesso al mare avviene tramite scogli sempre di pietra lavica. La maggior parte delle pietre proviene dagli scavi del 1956 fatti per l'interramento della ferrovia Catania-Messina nel tratto che va dal ponte di Ognina alla stazione centrale. Molto più tardi si è provveduto a rendere l'area fruibile per il turismo: ogni estate San Giovanni li Cuti diventa una spiaggia libera dotata di docce, spogliatoi, bagni, passerelle e scalette.

 


Inoltre, con l'apertura di alcuni locali, il borgo si popola anche di notte. Recentemente, però, la spiaggia è stata soggetta ad un degrado a cui l'amministrazione comunale ha solo parzialmente posto rimedio.
L'intitolazione San Giovanni fa riferimento all'omonima parrocchia che dipende dalla vicina chiesa di Santa Maria della Guardia.
Nel dialetto catanese si utilizza il termine "Li Cuti" per indicare delle formazioni di origine lavica o degli scogli sottoposti all'azione erosiva del mare. Ulteriore sinonimo è "scogli lisci, levigati" (che però viene tradotto con "Li Cutulisci").

 

Potrebbe inoltre derivare dalla metatesi di "Li Cutuli" ("i ciottoli"). Tale appositivo ha evidentemente risentito sia della natura dei luoghi che dell'influenza di due vocaboli latini particolarmente appropriati entrambi di genere femminile plurale: "cautes - cautis", che assume tra i suoi significati quelli di "scogliera, scogli, faraglioni o dirupi affioranti dall'acqua"; "cos - cotis", che può riferirsi sia alla comune "cote" intesa come "pietra focaia", sia per esteso a qualsiasi "pietra dura o particolarmente tagliente".
I suoi abitanti sono chiamati "Licutiani".
(Wikipedia)

 

 

 

 Secondo voi cosa potrebbe fare un povero ricercatore del CNR di Catania, accaldato, sudato e stanco… nella pausa pranzo, cioè dalle 14 alle 16, di un luglio particolarmente caldo ed afoso…esattamente…avete capito benissimo…fare un tuffo nel suo splendido mare…lo Ionio…ma qui vi voglio…dove?Chi conosce Catania potrebbe suggerirmi tanti posti...la scogliera ad esempio con i solarium comunali o uno dei lidi presenti alla Playa (zona a sud della città)…ed io vi rispondo subitissimo…nooooooooooo…nei primi c'è troppa confusione di fighetti e poi il sole si dovrebbe prendere in piccoli spazietti ricavati dando spintoni a destra e a manca su tavole di legno!!…nei lidi della Playa in cui la spiaggia è sabbiosa oltre al tempo che starei per raggiungerla, il mare non è poi il massimo della pulizia essendo la zona molto prossima al porto…quindi le acque non sono certo sempre cristalline… E allora che fare?...la risposta è semplice…almeno per me…si va a S. Giovanni Li Cuti…S. Giovanni Li cuti è un cosiddetto borgo marinaro che si trova praticamente in pieno centro (zona mare) a Catania…per anni ed anni è stato bistrattato e considerato solo un piccolo rione di pescatori il cui mare non era certo molto apprezzato ed i pochi locali che vi si trovavano non andavano certo per la maggiore…S. Giovanni Li Cuti si estende in lunghezza per non più di 800 metri. 

 

 

 E' in pratica una striscia di terra che divide il mare Ionio dal Lungomare di Catania, la cosiddetta circonvallazione a mare. In pratica non è neanche possibile annoverare come frazione…ma è un piccolo agglomerato di casette basse che si affacciano sulla spiaggia e sul piccolo porticciolo che però oramai è praticamente dimesso. Dello spettacolo che tale borgo offre la sera ne parlerò più tardi.Ma ecco che qualche anno fa, alla amministrazione comunale di Catania è venuta l'idea di cambiare radicalmente l'aspetto di questa zona…ed allora ecco creata una spiaggia in quattro e quattro otto di grande fascino…fascino?...sì…fascino perché questa spiaggetta è stata praticamente creata quasi dal nulla…si tratta di una striscia lunga almeno 300 metri e larga una settantina tutta costituita da sabbia nera cioè sabbia di origine vulcanica…una vera e propria spiaggia "nera" molto simile a quella dell'isola di vulcano nelle Eolie…ma mentre lì a Vulcano possiamo parlare di sabbia finissima qui dobbiamo usare il termine sabbia "a grani grossi"…Certo ammetto che può non piacere a molti come tipo di superficie…ma per uno che ormai da tre anni la frequenta posso dirvi che non è affatto scomoda per prendere il sole mentre rispetto alla sabbia normale sia essa bianca o nera…ha un enorme vantaggio…non vi rimarrà "impicata" cioè appiccicata addosso fino a che a che una poderosa doccia casalinga non sarà stata fatta.

 

 

Per gli amanti del bagno e non della tintarella, vi posso dire che potrebbe a tutti sembrare assurdo fare il bagno di fronte ai palazzoni del lungomare catanese ed alle case che circondano lo specchio di mare…ed invece ecco il bello della spiaggetta di S. Giovanni Li Cuti…il mare è praticamente quasi sempre pulito e cristallino. Quest'anno ad esempio non vi è stato un giorno in cui abbia dovuto rinunciare alla mia nuotata ristoratrice.

Ma quali sono gli altri punti di forza di questa spiaggetta,…la presenza di un attrezzatura messa a disposizione dall'amministrazione della Città in modo assolutamente gratuito…e cioè le docce (ben 8!!!), gli spogliatoi ed i bagni chimici, nonché la passerella per i disabili, inoltre sono presenti due passerelle che portano a mare in cui sono presenti due scalette per permettere l'accesso comodo al mare…Dimenticavo che nella spiaggia sono stati posti dei grossi massi tra la spiaggia ed il mare per evitare il danneggiamento della spiaggia per le ondate nonché per rendere fruibile la massima quantità di spiaggia per i bagnanti.

 

 

 

FOTO RARISSIMA: LA CHIESA DI S. MARIA DELLA GUARDIA, VIA ZOCCOLANTI E IL PONTE SULLA FERROVIA

CHE CONSETIVA DI RAGGIUNGERE S.G. LI CUTI (foto di Antonio Trovato)

 

Come raggiungere la spiaggia?...Allora…la stradina che percorre il borgo è interdetta alle auto ed alle moto (escluse quelle dei residenti…grande cosa). All'ingresso della suddetta stradina vi è comunque presente un piccolo parcheggio rigorosamente abusivo per i motorini e le moto. La macchina può anzi deve essere parcheggiata sul lungomare, in cui ahimè sono presenti le tanto odiate strisce blu…(1 ora di parcheggio 0.52 €). Si può comunque raggiungere la spiaggia usando gli autobus della AMT (dal centro si prendere il 534 che passa da Via Etnea). Io invece dato il poco tempo a disposizione e l'amore per le due ruote, vado sempre in bicicletta (da casa mia arrivo in 10 minuti) e posso posteggiarla proprio sulla spiaggia…

 

 

 

Concludo questa panoramica…parlandovi di S. Giovanni Li Cuti di sera…è una passeggiata a mare piacevolissima…senza smog, senza rumori di macchina, la strada non è illuminata a giorno quindi è proprio romanticissima…lì sono presenti un po' di bei locali…accoglienti in cui è possibile naturalmente gustare dell'ottimo pesce fresco o sgranocchiare un buona pizza…vi segnalo il "Porto San Giovanni" e l'"Andrew's Faro" oltre al ristorante biologico "Cuti lisci"…è molto carino e romantico anche comprare qualche pezzo di tavola calda, tipo un arancino, una cartocciata, una cipollina ed andarla a gustare in dolce compagnia sugli scogli in riva al mare dove una piacevolissima brezza mitigherà la calura estiva…Spero di essere stato esauriente…ed avervi descritto bene questo bellissimo posto…dimenticavo…la spiaggia è ben frequentata e rappresenta un fiore all'occhiello per la città di Catania…Un buon bagno a tutti

Antonio Magrì

 http://viaggi.ciao.it/altri_luoghi_in_Sicilia__Opinione_634931

 

video di Futura Production Press

 

 

A VANEDDA A RINA (La strada della sabbia). Superata la «Punta 'e jaddina» e doppiato lo scoglio del «Caiccu» all'ingresso della baia di S. Giovanni li Cuti scorgiamo una spiaggia formata da grossi ciottoli, detti «cutulisci» (grosse pietre rotondeggianti), la cui forma è dovuta al moto di rotolamento discontinuo, impresso dai marosi nel corso dei secoli, come ci ricorda l'ing. D'Arrigo: «E' noto come la forma elissoidale sia caratteristica dei ciottoli, delle ghiaie e delle sabbie fluviali, elaborati ed abrasi dal rotolamento, lungo il fondo, impresso dal moto di fluitazione di senso univoco delle correnti unidirezionali continue, mentre la forma discoidale risulta invece dal lavorio, lungo il fondo, impresso discontinuamente dal moto ondoso alterno di va e vieni» .

 

Andando dal litorale verso il largo, si incontra prima la roccia viva, nuda di materiali sedimentari, e poi gli scogli, i ciottoli, la ghiaia, la sabbia fangosa, il fango sabbioso e poi final-mente il fango propriamente detto Questa classificazione meccanica dei sedimenti del fondo marino, in definitiva, rappresenta una scala d'agitazione idrodinamica del mare stesso, in funzione...» .

 Ma ogni regola ha le sue eccezioni: il fondale, che al centro della baia è sabbioso, presenta una irregolarità strutturale; cioè a dire è composto per lungo ed ampio tratto (come ci confermano i marinai) sì da sabbia grossolana («rina») prima e più fine dopo, ma è anche orlato da due sponde di alti scogli, chiamati «orri».

Questo tratto di fondale anomalo assomiglia pertanto ad una specie di strada sottomarina. E siccome il sostantivo strada è traducibile nella voce dialettale «vanedda», il luogo prese il nome di «Vanedda 'a rina».

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da "Luci sulla scogliera" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco in Catania

 

 

 

 

 

E dopo “u muruzzu” e le olive da mettere sotto sale, passo da Li Cuti e mi sento chiamare: “Allarmi, allarmi!.... E’ il grande “Arriulativi”, presente nella meravigliosa piazzetta quasi ogni mattina, sempre seduto al tavolo di fronte a quel mare, per ricordare con suoi amici “nostalgici” i bei tempi in cui regnavano gli “uomini”. Dopo, secondo lui, vennero i “quaquaraquà”.https://www.mimmorapisarda.it/2022/turi.jpg

Turi P. "Arrivulativi" viene inteso così da tempo perché quando lavorava all’Opera Universitaria gli fu affidata la custodia della palestra della Casa dello studente di Via Oberdan, dove si allenava la squadra di volley del CUS Catania allenata da Italo Rapisarda. Al termine della seduta, dopo la doccia gli atleti si attardavano un po’ più del dovuto negli spogliatoi. Allora lui, dovendo timbrare l’uscita di servizio e poi andare a casa, arrivava e diceva a tutti “Vi dò altri dieci minuti, dopo me ne vado e vi chiudo dentro, arriulativi! (regolatevi!”).

Nel periodo estivo si sposta all’ex Lido Longobardo. Quando arrivo, la sua voce la sento subito, inconfondibile, anche quando è a mollo mentre si dibatte in tribune elettorali o ricordi che ormai conosciamo a memoria tutti ma che stoppiamo subito alle prime parole, quali “Quando feci la guardia del corpo ad Almirante………”, “Il Presidente dell’Opera Universitaria era Ziccone”, “Quando giocavo nel rugby ……..”, “Quando lavoravo anche per il Cinema Lopò”, oppure l’adunata a Carlentini o l’unico suo viaggio in Inghilterra. E tante altre cose che ripete all’infinito, senza mai stancarsi.

Quando mi vede arrivare, sotto l’ombrellone comincia a canticchiare le canzoni del ventennio ed io, per farlo incazzare, gli passo davanti col pugno sinistro alzato, oppure invito i bagnini a mettere le bandiere rosse sulle scalette al primo accenno di risacca. Lui va a fare il bagno, lo capisce e ride.

E’ una gran brava persona, un superottantenne dotato di un grande senso di ironia, altrimenti (per quante gliene faccio) mi avrebbe mandato a quel paese. Abbiamo un amore in comune: l’Inter!

Ora ditemi, come ci si potrebbe annoiare a Catania con questi personaggi ?

 

 

Gli scogli della zona del Tedesco, ormai quasi sbriciolata a causa dei bombaroli di un tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Bagni di sabbia e bagni di scoglio.

Sul finire degli anni Venti e nel ventennio successivo, quando il più modesto degli impiegati lavorava in estate in giacca e cravatta con il colletto della camicia duro e inamidato; quando il bikini non era entrato nemmeno nell’enciclopedia britannica, una giornata passata al mare nella nostra incontaminata Plaja, può oggi apparire come una nebulosa. La Plaja entrò nei pensieri e nelle abitudini dei catanesi con l’arrivo del nostro secolo. Negli anni successivi sorsero le prime cabine private e i primi stabilimenti pubblici. Il lido crebbe tanto rapidamente, divenendo un fatto di moda.

I catanesi frequentavano le scogliere a levante della città, Guardia Ognina, Ognina, Acireale. I primi imprenditori che gestirono questi stabilimenti furono i Longobardo, i Guarnaccia, i Mancini e gli Scuderi. Questi stabilimenti nacquero connessi al bisogno di quelle fasce di persone che avevano bisogno di cure elioterapiche e delle bagnanti, soprattutto di sesso femminile che volevano sottrarsi a sguardi indiscreti per le quali la cabina aveva uno sbocco interno lontano da occhi indiscreti.
 La scoperta della Plaja per i catanesi fu quasi un fatto sociale, si sbarazzarono di non poche prevenzioni e allargarono la superficie della loro pelle ai raggi solari. La cabina diventò una seconda casa. Il lido Jonio piazzò addirittura due altoparlanti che proponevano tanghi e mazurke, sul far della sera e di regola nei giorni festivi.

Il lido Else, il mitico lido Azzurro che ha visto nascere e crescere tante generazioni di catanesi, oltre allo svago mattutino, avevano delle piste capaci di soddisfare le esigenze di tante belle ragazze. Alla Plaja ci si arrivava con il tram che si prendeva a ridosso di Porta Uzeda. Le vetture stipate fino all’inverosimile, accoglievano quelle persone che andavano a trovare i loro familiari, che arrivavano con vettovaglie acquistate alla pescheria. Poi i Fratelli Gentilini ebbero una idea geniale, trasformarono un vecchio peschereccio in un vaporetto che faceva la spola nello specchio antistante Palazzo Biscari. La corsa aveva la sua fine presso il Lido Spampinato, costava cinquanta centesimi e suscitava nelle persone una gioia immensa.
Le cabine erano delle case in miniatura con tutti i confort, abitudine che è resistita ai nostri giorni. Il menù era vario, le signore catanesi pensavano ad ogni particolare, c’era una abbondanza di fritture e qualche rara insalata, i componenti della famiglia aspettavano questo momento con una gioia grande.
Nel romanzo “Giovannino” di Ercole Patti si può cercare di capire il fascino di quei tempi felici nel racconto della tavola salvagente della sig.ra Laganà. Poi le fanciulle accorciarono il gonnellino e i giovani allungarono gli sguardi rapaci. Peccato che la guerra cancellò questa felicità.
http://www.ilbotteghino-online.it/view.php?id=483

 

 

San Giovanni Li Cuti (collezione Prof. Italo Rapisarda)

Piazza Ludovico Ariosto

 Piazza Michelangelo

Viale Artale Alagona

Piazza Europa e il Corso Italia

 

 

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San Giovanni Li Cuti (foto di Elisa Mazza e ricolorata)

 

 

IL PORTO DI CATANIA IN ETA' GRECA E ROMANA - IL PORTICCIOLO DI S.G. LI CUTI

 Il portus Ulixis citato da Plinio è stato variamente localizzato: ora nei pressi di Catania ed identificato con l'antico approdo della città greca, ora nel porticciolo di Ognina (è l'opinione più diffusa; in base a tale tradizione ancora oggi il piccolo golfo prende il nome di Porto Ulisse), ora (ma senza fondamento) nella baia di Capo Mulini.

La ricostruzione dell'assetto geomorfologico antico (ed in particolare della linea di costa in età classica), come punto di partenza per una corretta impostazione dello studio storico-topografico è egualmente quanto mai problematica. E noto infatti che l'intero territorio di Catania è stato interessato nel corso dei secoli da un gran numero di colate laviche seguite alle eruzioni dell'Etna, alcune delle quali hanno avuto effetti devastanti dal punto di vista dell'impatto territoriale, con trasformazioni spesso radicali anche del paesaggio costiero. In tale quadro appare di fondamentale importanza lo studio della cronologia, dei limiti e della estensione delle varie colate laviche.

 

Per i problemi del porto di Catania antica e della ricostruzione della linea di costa, che in questa sede direttamente ci interessano, occorre rilevare che in tutti gli studi geologici, a partire dal secolo scorso, viene presentata come dato certo la presenza di un ampio e profondo golfo compreso tra i due promontori del Gaito (all'altezza di piazza Europa) e del Rotolo (piazza Nettuno), in seguito riempito, insieme con parte del settore meridionale del golfo di Ognina, dalla imponente colata lavica del 5 agosto 1381. L'attuale assetto della linea costiera in corrispondenza dell'odierno porticciolo di S. Giovanni Li Cuti sarebbe il risultato ultimo di questi avvenimenti geologici.

 

 

L'ampiezza ed i limiti di tale originario golfo e della colata lavica del 1381 sono delineati con sufficiente approssimazione nelle carte topografiche allegate all'opera di C. Sciuto Patti. In tale ambito vanno inquadrate le ipotesi volte a localizzare il porto di Catania greca e romana in corrispondenza dell'attuale porticciolo di S. Giovanni Li Cuti. In questo punto della costa, come si è già accennato, è possibile localizzare, con il sostegno di solidi argomenti di natura geologica, una profonda insenatura esistente in età classica ed in seguito scomparsa perché interamente colmata dalle lave del 1381. In realtà l'utilizzazione a fini portuali anche di questa zona (una sorta di "porto grande"?) è assai probabile, per le caratteristiche del profondo golfo, certamente adatto ad offrire un approdo ed un sicuro ancoraggio per le imbarcazioni.

 

 

 

Le osservazioni fin qui avanzate sembrerebbero evidenziare, nei confronti del problema posto all'inizio, una situazione più articolata, che sposterebbe addirittura i termini dell'intera questione nel senso dell'esistenza non di un solo porto o scalo, ma di un più complesso sistema portuale, con diversi (e forse anche differenziati nella destinazione d'uso) poli di riferimento: a ben vedere le fonti letterarie citate in apertura di paragrafo insistono sull'importanza commerciale dello scalo catanese (Cicerone, Livio, Strabone, soprattutto in rapporto allo stivaggio ed alla esportazione del grano) e, nel contempo, sulla sua rilevanza strategico-militare, con la possibilità di ospitare intere flotte da combattimento e con la presenza di zone di alaggio per tirare in secco le navi (Tucidide, Diodoro).

 

E' assai probabile che di tale sistema portuale facesse anche parte la rada di Ognina, la cui funzione di scalo marittimo è da tempo riconosciuta e che viene generalmente identificata, come è già stato sottolineato, con il Portus Ulixis citato da Plinio. Anche Ognina venne interessata dalla colata lavica del 1381, ma, a differenza del golfo di S. Giovanni Li Cuti, completamente colmato dalla lava, le variazioni della linea di costa di età classica sono limitate ad una piccola porzione del settore meridionale della rada. I fondali, dentro e fuori del moderno porticciolo, sono da diversi anni prodighi di rinvenimenti subacquei, in parte riferibili a relitti (probabilmente affondati nel tentativo di guadagnare l'entrata dell'insenatura), in parte relativi all'uso ininterrotto, attraverso i secoli, dell'approdo e dell'ancoraggio. E pure verosimile che tale uso sia da mettere in relazione con la possibilità di rifornimento di acqua potabile da parte delle imbarcazioni antiche: ancora oggi sorgenti di acqua dolce sboccano a mare in più punti all'interno della baia, forse originariamente appartenenti ad un antico alveo fluviale, poi colmato dalle lave.

- tratto da "Il porto di Catania in età greca e romana" - Edoardo Tortorici

 

 

 

 

 

Lungomare, stop al centro commerciale. Il Comune: «Il Tar ha sospeso il progetto»
Di Leandro Perrotta - 11 febbraio 2012


Viabilità di scorrimento Europa-Rotolo è il nome ufficiale di un progetto che prevede la costruzione di un mega centro commerciale sul mare. Un “pericolo per la sicurezza” secondo 27 associazioni cittadine. Presentato nel 2005 il piano sembrava definitivamente abbandonato fino a pochi giorni fa, quando il commissario ad acta nominato dal Tar ha riavviato l’iter per il completamento dell’opera. Oggi il sindaco annuncia il controricorso con la sospensione, in via cautelativa, dell’opera. Fino alla sentenza definitiva. 

 

 

 

«Questa mattina il presidente del Tribunale amministrativo ha sospeso il provvedimento del commissario straordinario». Il sindaco di Catania Raffele Stancanelli annuncia con poche parole quello che molti speravano: la sospensione, almeno in via cautelativa, del’iter di realizzazione del progetto noto come viabilità di scorrimento Europa-Rotolo, ripartito recentemente con la nomina di un commissario ad acta, ovvero il segretario generale del comune di Messina Santi Alligo, nominato dopo una sentenza del Tar dello scorso luglio a favore dell’azienda appaltatrice Immobiliare Alcalà.

 

Come più volte denunciato negli anni, a partire dal 2009 con una inchiesta del giornalista catanese Antonio Condorelli ed un appello dell’associazione Cittàinsieme, il progetto, nato nel 2005 sotto l’ufficio speciale per l’emergenza traffico diretto dall’ingegnere Tuccio D’Urso, prevede la costruzione di un mega centro commerciale a ridosso del mare inglobando al suo interno il borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti. La formula è quella del project financing, cioè il privato si assume l’onere del completamento del viale Alcide De Gasperi, inizialmente previsto «per scongiurare il pericolo Tsunami, ricevendo l’azienda come contropartita delle aree in concessione per 38 anni. Ma la costruzione di un centro commerciale sul mare, lungi dal migliorare la situazione, aumenterebbe i rischi di dieci volte», come ci spiega l’ingengere Alfio Monastra di Italia Nostra, una delle associazioni che il 9 febbraio ha firmato un nuovo appello proveniente da ben 27 associazioni catanesi. Nell’appello si invitava il sindaco di Catania a «uscire dall’inerzia», dato che dal momento della nomina del commissario, nessun ricorso per il provvedimento del Tar era stato presentato dall’amministrazione cittadina. Fino a oggi, quando il sindaco ha annunciato telefonicamente a Ctzen la sospensione in via cautelativa dell’iter del progetto. Il ricorso presentato dal Comune fa quindi riferimento al provvedimento del commissario ad acta del 19 gennaio, che approvava il progetto preliminare e la bozza di convenzione, replicando che «la determinazione appare illegittima poiché il commissario va oltre il compito affidatogli senza svolgere alcuna attività istruttoria con motivazione carente».

«Da sempre il sindaco si è detto contro quest’opera di cementificazione» è il commento di Nuccio Molino, capo ufficio stampa del comune di Catania, che sottolinea come «la sentenza è in fumus, ma la sospensione dell’esecutività significa che noi abbiamo vinto il primo round».

http://ctzen.it/2012/02/11/lungomare-stop-al-centro-commerciale-il-comune-il-tar-ha-sospeso-il-progetto/

 

Inaugurata la “Wi fi free zone” di San Giovanni Li Cuti

 

Inaugurata questa mattina la “Wi fi free zone” di San Giovanni Li Cuti che permetterà la navigazione internet gratuita, per 3 ore al giorno, a cittadini e turisti che visiteranno lo splendido borgo marinaro di Catania e la sua spiaggia tra le più rinomate della città. La ‘Wi fi free zone’ di San Giovanni Li Cuti è a costo zero per il Comune di Catania poiché le spese per la sua realizzazione e gestione, come anche quelle delle altre sei ‘Wi fi free zone’ che saranno create nei prossimi mesi in altre parti della città, sono tutte a carico del consigliere comunale Manlio Messina, vice capogruppo del PdL a Palazzo degli Elefanti, che devolve il 50% del suo emolumento da amministratore comunale, e di Giovane Italia con la collaborazione tecnica di Free Luna e del ristorante ‘Pititto’ che fornisce i locali per il posizionamento delle antenne wi fi.

 

foto di Salvo Riela


“Siamo pienamente consapevoli di come Catania soffra di problemi ben più gravi della mancanza di zone per la navigazione internet gratuita – spiega Manlio Messina - ma il nostro è solo un piccolo segnale, corrispondente ai mezzi economici di cui possono disporre un consigliere comunale e i ragazzi di Giovane Italia, che vogliamo inviare agli altri amministratori degli Enti locali affinché impegnino anch'essi una parte delle loro indennità di carica per finanziare servizi per la città e i cittadini. Nel periodo di forte crisi che stiamo vivendo, è ora che anche la politica faccia sacrifici e tiri la cinghia come purtroppo fanno molti cittadini che non riescono ad arrivare alla fine del mese.”. “Dalla prossima settimana e per un intero anno – conclude Messina – la zona di San Giovanni Li Cuti sarà dotata di connessione wi fi gratuita a disposizione di tutti. Quella di San Giovanni Li Cuti sarà solo la prima ‘Wi fi free zone’, infatti nei prossimi mesi ne saranno realizzate altre sia nelle zone centrali di Catania che nelle periferie.”.

 

 

https://www.mimmorapisarda.it/2023/288.JPG

 

 

 


“L’attivazione a nostre spese delle “Wi fi free zone” a Catania – dichiara Luca Sangiorgo, presidente di Giovane Italia Catania - vuole sopperire all’inerzia dell’Amministrazione comunale, che certamente gravata da ben più rilevanti problemi, ha però completamente tralasciato l’innovazione tecnologica della città permettendo che Catania sia agli ultimi posti in Italia ed Europa come alfabetizzazione tecnologica.”.
Dopo quella di San Giovanni Li Cuti nei prossimi mesi saranno create altre sei ‘Wi fi free zone’ in diverse aree di Catania, dalla periferia al centro, a spese del consigliere comunale Manlio Messina e di Giovane Italia Catania. Saranno i cittadini a scegliere quale aree di Catania dotare del wi fi gratuito tramite un sondaggio online che nei prossimi giorni sarà lanciato dal blog del consigliere Messina (www.manliomessina.it) e dalla pagina facebook di Giovane Italia Catania ( http://www.facebook.com/giovaneitalia.catania?fref=ts).

 


Ecco come usufruire della connessione gratuita Wi-Fi di San Giovanni Li Cuti •configurare la scheda wireless del proprio portatile, smartphone o tablet in modo da ottenere automaticamente un indirizzo IP; •connettersi alla rete Free Luna; •aprire una pagina web (esempio http://www.manliomessina.it) •il sistema risponderà con una pagina di benvenuto per la registrazione dove si dovranno inserire i propri dati anagrafici (Nome, Cognome, data di nascita, indirizzo, email) e numero di telefono cellulare di proprietà; •inviare questi dati al sistema e, come da richiesta, effettuare dal proprio cellulare una telefonata ad un numero di rete fissa; •il sistema intercetta la chiamata dopo pochi squilli (senza addebito per l’utente) ed estrae il numero telefonico; •se il numero telefonico coincide con quello indicato alla registrazione, il sistema invierà le credenziali di accesso (User ID e Password) per la connessione che saranno valide per un anno. •Inserendo le credenziali sulla pagina di benvenuto si potrà navigare liberamente per un massimo di 3 ore al giorno

http://www.cataniapolitica.it/la-citta/inaugurata-questa-mattina-la-wi-fi-free-zone-di-san-giovanni-li-cuti-manlio-messina-pdl-un-piccolo-servizio-che-offriamo-alla-citta-e-ai-cittadini-41079

 

 

Il vecchio mulino di San Giovanni Li Cuti riappare dopo la potatura degli alberi

 

Lo nascondeva un "boschetto" di fichi. Per anni è stato solo possibile intravedere ciò che resta del vecchio mulino di San Giovanni Li Cuti. Un piccolo monumento di archeologia industriale nascosto da una fitta vegetazione, composta in prevalenza da alcuni imponenti alberi di fico, ora radicalmente potati dopo una robusta scerbatura. La costruzione si trova in un terreno privato e non è accessibile al pubblico, che può comunque ammirarla dal lungomare.

http://www.cataniatoday.it/cronaca/mulino-san-giovanni-li-cuti-3-aprile-2017.html

Questa fornace produceva calce (forse anche mattoni). Era in attività dopo la seconda guerra mondiale  ed apparteneva alle famiglia Di Mauro (imparentata con i Paratore) ; sul retro (lato mare) c'e' un sotto passaggio che porta direttamente alla spiaggetta, una piccola gru metallica (ora fuori uso) ed un cestello (una specie di grande voliera , ancora oggi tenuta bene) che servivano per fare giocare i bimbi: i bimbi prendevano posto a sedere dentro questa gabbia metallica, la gru sollevava la gabbia e la calava direttamente in mare (che a quel tempo era più vicino a questa abitazione !)  

Angelo Conte

 

 

 

 

veduta aerea della zona di Guardia Ognina (foto di Antonio Treccarichi)

 

 

L’epicentro di un quartiere che è quasi un satellite, una piccola cittadina. Della parrocchia non scrivo nulla perché basta girare in rete per apprendere la sua storia. Voglio però ricordare le liquirizie di padre Agnello, padre Lino e Mons. Costantino, un giovanissimo padre Marcello che ci fece vivere momenti felici in quel piccolo campetto in cemento dietro la chiesa, in cui organizzava tornei di calcio, ping-pong ed altro per preparare lo zucchero al noioso amaro dei precetti e del Catechismo. In quei pochi metri, che a quell’età ci sembravano tantissimissimi, crescevano il bomber Robertino Rapisarda, Ardizzone, i fratelli Terrati e Mimmo Bondì che rimpinguarono le file della mitica Mongibello. E in via Zoccolanti (nome dovuto alle calzature dei frati cappuccini) alzi la mano chi non ha mai visto uscire dalla sagrestia il nostro amato padre Girolamo che ha sempre avuto una carezza, una benedizione  o una solenne cazziata per ognuno di noi?

E non posso non ricordare i tanti personaggi. Oltre al carrettino ambulante di Don Tino, il chiosco di Don Orazio davanti alla fontana, con le sue granite dai tre gusti: mandorla, limone e cioccolato, consumate in un bicchiere di plastica e con un panino di semola portato da casa. Tutte le altre fisime arrivarono solo anni dopo. E poi U zu Turi del Fumo di Londra, perchè quando arrostiva quaglie e salsiccia sulla strada, nella sua modesta "pulizia e igiene" davanti alla putia, non si vedeva più niente. Abitava proprio di fronte e lo vedevo rincasare la sera, aiutato da quella santa di sua moglie. Quando entravi lo salutavi "Buonasera zu Turi" e lui, con la sua tipica voce rauca rispondeva H24 "Bonggionno!". Continua Don saro con la sua frutta “fitusa”, la salumeria del Sig. Conti,

Il titolare credo fosse il bravo Sig. Cannata del Bar delle Sirene, situato accanto al negozio della mitica Olga Nicosia di cui racconto più sotto .

Qualche metro più avanti, immersi nell’intenso odore di “ragù” proveniente dalle pentole delle casalinghe di via Bonforte, i  Ceusi. Ma sì,  mettiamoci anche loro perché, nel bene e nel male, fanno parte della storia del luogo. Ricordo che uno dei componenti lo definirono “la pecora nera della famiglia” in quanto incensurato e senza nessun procedimento penale a suo carico!

E poi "Topolino nniù nnau!”, Jachino Marletta che alzava la pietra sul petto, il fioraio Salemi, l’elettrauto Tony, u Zu Ninu u vavveri,  il pescivendolo Costanzo, “Baffo” Angelo Pagano e la sua liscia, il panificio Bonavia,  la Sig.ra Musumeci titolare del panificio in piazza e autentica colonnella, l’irriducibile juventino Mario Cutrona e suo nipote Angelo Pagano Principe della liscìa da Vaddia, "il boss della zona "Giuvanneddu" terrore di noi ragazzini e poi morto in un incidente con il suo Kawasaki,  la bottega di Cordaro, a "lattara" Musumeci, il fotografo Chines, l’orologiaio Chisari e tanti altri che adesso non ricordo, compresi quelli che non ci sono più come Alberto Pappalardo, Salvo Piazza e Giulio Stancanelli.

Un mio fraterno amico racconta: “dove sorge il tris bar c'era casa mia, dove siamo nati io Nicola e Michele, che siamo cresciuti grazie alla cioccolata fosfovit, che ci regalava la farmacista di fronte che noi chiamavamo "zia bella" estorcendoci la promessa, da marinaio, di non fare arrabbiare la mamma e siamo cresciuti anche saltando il muro a fianco per mangiare i minicucca. Fra' Agnello ci ha battezzati. Ci veniva a prendere a casa per portarci in chiesa e al campetto e soprattutto per fare respirare mia mamma che facevamo impazzire.”

Anche se residente fuori zona, sono rimasto per sempre qui. Quando devo andare in Centro, lascio l'auto sempre alla base, sotto casa di mia madre, senza aver mai capito perché non cercare un parcheggio più avanti.
La amo, questa piazza!

(Mimmo Rapisarda)

 

 

 

E' una delle piazze principali del quartiere di Picanello, a Catania. Caratterizzata dalla presenza della Chiesa di Santa Maria della Guardia, la piazza si presenta circolare, con sbocchi su Via Duca degli Abruzzi e su altre vie importanti del quartiere, quali la via Giacomo Leopardi.
Cenni [modifica]

Sede della Chiesa della Guardia e centro vitale dell'omonima parrocchia, la piazza si erge su quella che era l'altura delle scogliere di Guardia-Ognina. La piazza si presenta con una grande aiuola alberata al centro e circondata dall'imponente facciata della chiesa e da numerose attività commerciali, quali bar, ristoranti, negozi sportivi e di articoli da pesca. Il profilo della piazza è prettamente anni ottanta, ad eccezion fatta dei vecchi palazzi alla sinistra della chiesa.

 

 

LA STORIA DELLA PARROCCHIA

 

Nel 1865 la borgata Guardia-Ognina rappresentava una superficie arida di nuda e nera lava vulcanica, probabilmente in seguito alla eruzionEtna del 1669. Verso il 1870-1872 alcuni devoti signori, che si re- cavano annualmente nella detta contrada, ebbero la felice idea di fabbricare una chiesetta, allo scopo di sviluppare moralmente e materialmente la ridente borgata e potere adempiere i loro doveri religiosi nei mesi estivi, che solevano passare fuori città. Ne presero l'iniziativa i Signori: Can. Prof. Salvatore Bruno dell'Università di Catania, che regalò il terreno, il Sac. Finocchiaro e l'avv. Zappalà Spina Antonino, i quali solidalmente e per obbligazione personale, costruirono una chiesetta di forma circolare.

Durante la costruzione il Sig. Zappalà Spina fece un viaggio in Francia e, quando per mare, giunse a Marsiglia, fu colpito dalla bellezza del faro che splendeva luminosissimo sul promontorio del porto; dove una colossale statua indorata di Maria a corona della grandiosa chiesa, serviva di faro ai naviganti. Collegando col pensiero questo Santuario e la sua missione, con la chiesetta che sorgeva in Ognina, vi trova delle analogie: il lido che sorride sul mare all'uscita del porto, il nome della zona catanese « Guardia»; tutto ciò suggerì al devoto Avvocato l'idea di dedicare la chiesetta nascente alla «Madonna della Guardia». Ritornato in patria, propose e caldeggiò la sua idea, che fu ben accolta ed attuata.

Il 10 Aprile 1875 S. E. Rev.mo Mons. Benedetto Dusmet, Arcivescovo di Catania, benedisse ed aprì al culto il tempietto. Successivamente con atto notarile 16 marzo 1877, presso il Not. Distefano Grasso, il nominato prof. Can. Salvo Bruno fece donazione del terreno, figurato a parallelogramma, dove era costruita la Chiesa, all'Arciv. Dusmet come unico parroco della Diocesi.
Oggetto di premurose cure da parte dei signori fondatori e dei fedeli, la chiesetta reclamava, fra l'altro, un quadro della Vergine.

Allora il prelodato avv. Zappalà Spina invitò nel suo villino un ottimo pittore cittadino, - il Gandolfo -, e gli suggerì l'idea del quadro, quale oggi si venera nella nostra chiesa. Fece cioè coniare la Madonna di Raffaello , detta di « Foligno », ed ai suoi piedi fa dipingere una giovanetta, simbolo della nascente borgata, che offre il cuore a Maria, dalla quale viene porta un'ancora.

La dolce Signora dell' Amore, che in quel lembo di lava aveva voluto eretto un trono di grazia e costituirsi guardiana potente, volle premiare i devoti ogninesi, regalando loro una casa religiosa che ne assicurasse il culto.

Nel 1885-1886 tre Padri francescani: P. Domenico De Franco, da Catania, P. Francesco Longo da Mongiuffi, P. Francesco Torrisi da Trecastagni, costretti ad abitare per tanti anni fuori convento per la legge della soppressione degli Ordini Religiosi, unirono insieme i loro modesti risparmi e si accordarono a costruire una casa, dove trascorrere in fraterna unione gli ultimi anni della loro vita.

A questi poveri figli di S. Francesco, per realizzare il loro sogno, occorreva pure una chiesa. Non potendo edificarne una nuova, si presentarono fidenti al santo Arcivescovo Mons. Dusmet e gli chiesero la chiesetta della Madonna della Guardia, di recente costruita. Accolse ben volentieri il santo Prelato la domanda dei religiosi, e cedette incondizionatamente ed in perpetuo l'uso del tempietto ai religiosi, i quali, acquistato subito uno spezzone di terreno retrostante la chiesa; dai fratelli La Rosa, iniziarono i lavori per la costruzione del loro vagheggiato luogo di riposo, all'ombra della Madonna della Guardia.

Il 4 Ottobre 1888; solennità di S. Francesco, fra la gioia dei vecchi religiosi, e di altri venuti da Messina con a capo il M. Rev. P. Salvatore Coco da Acicatena, Ministro Provinciale, veniva inaugurato il conventino e gettate le basi della nuova Provincia di Sicilia dei Frati Minori, distrutta dalla soppressione.

In quel giorno furono ricevuti quattro giovanetti che avevano chiesto di vestire l'abito francescano, fra i quali P. Bernardino Cipriano. Lo sviluppo della Chiesa andò di pari passo con lo sviluppo del convento; ma lasciando da parte ciò che riguarda quest'ultimo, per l'incremento straordinario della borgata, si rese assai piccola e quindi s'imponeva un ingrandimento, che, fra mille difficoltà di ogni genere fu iniziato dal P. Domenico De Franco, coadiuvato del M. Rev. P. Salvatore Coco e dall'Avv. Zappalà Spina, verso il 1893-1894, e nel 1903-1904 ancora di rustico, fu aperta al culto.

L'opera però di allestimento e di corredamento non ebbe termine, ma perseguito con sempre crescente zelo dai religiosi, i quali bussando di porta in porta, ne hanno fatto un gioiello di arte e di religione.

Vanno ricordati i lavori di scultura in legno eseguiti dal maestro, ebanista sig. Nicolò Campo da Casteldilucio; lavori che costituiscono una vera rarità per le chiese di Catania.

Ad una chiesa così grande e così bella mancava la sagrestia. A questa provvide nel 1932-1933 il P. Benedetto Petralia, superiore del tempo, il quale disegnò e la fece costruire, dirigendo i lavori personalmente.

Tutti i religiosi, chi più chi meno, si erano sempre ingegnati ad accrescere la bellezza materiale e morale della chiesa con un culto veramente magnifico.

Così la trova la fatale e rovinosa guerra del 1940-1943 e questo tempio, che con tanti sacrifici era sorto bello ed arricchito di tante opere d'arte, il 12 Luglio 1943, in seguito ad un bombardamento aereo, fu ridotto ad un mucchio di macerie: crollata la volta in tutta la sua lunghezza e larghezza, sconquassato il muro di mezzogiorno; orrendamente mutilate le statue e stracciati i quadri; ridotti in schegge i preziosi lavori di scultura in legno dei quattro trittici... tutto il lavoro di tante anime belle, tutti i sacrifici dei religiosi e dei devoti resi inutili!

Solo la fede dei medesimi nella protezione della Vergine poteva ridare la bella chiesa all'antico splendore. Ciò avvenne nel breve spazio di ventidue mesi, mercé il lavoro del P. Benedetto Alessi, superiore del tempo, e mercé anche le innumerevoli generose e calde offerte dei fedeli, sotto la direzione del Sig. Ing. Pier Vittorio Gatta, la chiesa risorse dalle sue rovine più bella e più armoniosa di prima. Essa fu la prima a risorgere delle ventiquattro chiese della città distrutte dalla guerra.

Finalmente S. E. Rev.ma Mons. C. Patanè, Arcivescovo di Catania, accogliendo i voti da tanti anni emessi dai fedeli devoti di questo rione, nonchè dai religiosi, si è degnato di erigerla a Parrocchia « pleno iure regulari » dandone il possesso al primo Parroco R. P. Costantino Dott. Trapani, Superiore del Convento, presentato dalla Curia Provincializia dei .frati Minori.

P. Bernardino Cipriano O.F.M.

http://www.parrocchiadellaguardia.it/storia/storia_parrocchia/storia-parrocchia-7.asp

 

 

VILLA SOTTILE LA SPOSA GRECA

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Questa villa si trovava, e non si trova più, all'incrocio fra le vie Principe Nicola e Duca degli Abruzzi, sulla quale ultima correva la facciata di ponente qui raffigurata.Aveva pianta a croce greca e occupava nel complesso un'area di duemila metri quadrati.La fece costruire,in anni a cavallo fra l'Ottocento e il Novecento, il signor Alfio Sottile,che una ventina d'anni dopo, nel 1920,la vendette al cav. Ignazio Magnano di San Lio. Il Sottile fece eseguire da Salvo Bonsignore questa fotografia intorno al 1910, quando ne era ancora il proprietario, ed è per questo che il suo nome è scritto, in negativo (bianco su sfondo nero),sul lato sinistro dell'immagine parallelo all'araucaria.

Egli era un commerciante di legname, la cui attività commerciale era soprattutto intensa con la Grecia, dove, vedovo,aveva sposato una fanciulla greca,Penelope Pandelì. In precedenza egli s'era fatto costruire un'altra villa, di disegno analogo a questa, quasi <<gemella>>,in via Capace (Guardia Ognina); ma non avendo avuto figli dal primo matrimonio e non volendo vivere nella casa in cui la prima moglie era spirata, trattenne la più antica (via Capace),dove continuò a vivere con la sposa greca, e alienò la seconda, qui riprodotta. In questa,i Magnano,acquistatala e fatte eseguire alcune ristrutturazioni, andarono ad abitare nel 1921. Qualche decennio dopo fu realizzata, sopra di essa,una sopraelevazione, l'edificio infine fu diroccato negli anni Settanta e al suo posto edificato un palazzo moderno.

Non è noto il progettista della villa (anzi,di entrambe le due ville);si ritiene, anche tenuto conto dello stile architettonico, che possa essere stato Carlo Sada,il quale peraltro ebbe una delle sue molte abitazioni catanesi nei paraggi di entrambe.

(Foto e testo tratti dal libro "Vecchie foto di Catania "di Salvatore Nicolosi)

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"Me le ricordo benissimo sia la villa dei Magnano San Lio sia quella più piccola dove viveva il dr. Lisi (pneumologo), poi demolita.
Al suo posto il costruttore dello stabile in via Principe Nicola dove abitavamo (Sig. Petralia), fabbricò l'edificio adiacente con la stessa facciata del nostro.
Della villa dei Magnano San Lio ho ricordi precisi e nitidi. L'immobile non era molto grande, ma il parco sì, era davvero molto ampio. Ricordo che c'era anche un grande gazebo esagonale in ferro battuto bianco, interamente ricoperto di vetro e all'interno arredato in modo molto ricercato. Lì la famiglia si riuniva spesso nelle sere d'estate per cenare in modo sontuoso (fiori, candelabri, servizi di argento sfavillanti, ecc.) alla presenza del maggiordomo in livrea. Io, bambina di circa 7 anni, osservavo tutto questo e mi sembrava di sognare...
Poi questa residenza nobiliare venne demolita e mi dispiacque molto...al suo posto il cantiere di Mineri rimase lì per più tempo rispetto al previsto, perché sotto il parco c'era roccia molto dura (non lavica) e i lavori prevedevano di scavare molto in profondità per creare 2 livelli sotterranei. Il rumore era continuo e insopportabile...
Negli anni '80 il Macintosh, mitica discoteca, ebbe sede in quel posto".
F.B. Rapisarda.

 

 

 

E’ questa la Municipalità che, fra le dieci Municipalità catanesi, occupa il secondo posto in graduatoria per numero di residenti, con i suoi 56.673 abitanti del 1997. Nell’arco di tempo compreso tra il 1991 e quest’ultimo anno l’andamento dei residenti si presenta decrescente sino al minimo storico del 1993, per poi riprendere regolarmente a salire sino al massimo del 1996. Alla fine, nell’intero periodo, qui la popolazione è cresciuta di poco più dell’uno per cento. La poca omogeneità della Municipalità è alla base, però, di dati che per certi versi risultano contraddittori. Ricordiamo, infatti, che il territorio della seconda Municipalità è occupato da quartieri e zone profondamente diverse tra loro, dal punto di vista sia strutturale, sia economico e sociale. Alla "ricchissima" zona di corso Italia e buona parte del lungomare, dove si addensano i grandi palazzi più signorili che hanno sostituito, negli anni del sacco edilizio della città, le splendide ville liberty degli anni a cavallo tra il secolo scorso e l’attuale (un esempio per tutti è l’ormai scomparsa villa Ayala), e dove si affollano i negozi più eleganti della città, si contrappongono, sia a sud che a nord, i vecchi quartieri di Ognina e, soprattutto, di Picanello, e le zone piccolo borghesi, ma con alcune isole di particolare degrado, che declinano verso la Stazione ferroviaria. Così, è in questa Municipalità che il saldo naturale fa registrare un valore negativo, pari a 128. Un saldo negativo, questo, che, nel complesso della città, la seconda Municipalità condivide solo con la terza. E che probabilmente deve attribuirsi proprio alle zone più medio ed alto borghesi della Municipalità, mitigato peraltro dalla presenza di quei quartieri più popolari, primo fra tutti Picanello, dove certamente si mantiene ancora salda l’abitudine a far figli.

Se letto in questa chiave, si comprende anche il dato, apparentemente strano, del saldo per cambio di domicilio: nella Municipalità, nel 1997, sono più numerosi quelli che vanno piuttosto che quelli che vengono ad abitare. Certo, sull’appetibilità delle strutture residenziali della Municipalità incidono i prezzi altissimi delle case intorno a corso Italia e al lungomare. Tanto da sconsigliare persino quelle famiglie medie ed alto borghesi che, alla fine optano probabilmente per abitazioni altrettanto eleganti, ma ben più comode, "fuori" città. Ma su quell’appetibilità incidono anche, e non poco, i caratteri a volte di evidente degrado di alcuni quartieri e zone interne.

Così, si comprende anche il dato relativo al saldo migratorio, cioè la differenza tra chi immigra e chi emigra dalla Municipalità; un saldo positivo, questo, che pone la Municipalità al terzo posto fra le dieci cittadine, in assoluta controtendenza rispetto al saldo del cambio di domicilio. Il dato va con ogni probabilità messo in correlazione con la presenza di cittadini stranieri, soprattutto extra-comunitari, che sono qui presenti in numero decisamente elevato, tanto da porre questa Municipalità al secondo posto, dopo la prima (Centro storico), in questa speciale graduatoria delle dieci Municipalità cittadine. Segno evidente, questo, della disomogeneità della Municipalità fra zone egemoniche e zone subalterne, fra realtà sociali ricche e povere, fra centralità e perifericità. Più che il quartiere di Ognina, i cui tratti culturali sono in parte derivate dalla sua originaria natura di borgo marinaro, e in parte dall’essere stato il suo territorio coinvolto da uno sviluppo edilizio residenziale tutt’altro che popolare, e il quartiere di Picanello quello, nella seconda Municipalità, dove vivono i ceti subalterni. 

 

 

 

La Sig.ra Nicosia è lì da una vita. Assieme al marito e ai figli, fin dagli anni Sessanta ha venduto magazzini di pinne, fucili ed occhiali a generazioni di catanesi. Io ci andavo fin da bambino, a comprare le ciabatte e il costume per la stagione balneare.

Me la ricordo sempre al banco, coi suoi occhi azzurri che sembravano scrutare orizzonti che potessero rivelarle il buon tempo della giornata da regalare come bonus ai suoi acquirenti pescatori. Sempre pronta ad averla vinta sui rappresentanti di bombole e canne da pesca, che dopo un po' se ne andavano via col volere della titolare sul contratto, ma con la battuta finale sulla soglia del negozio: "minchia, è n'masculu!".

Oggi la regina del mare di Guardia-Ognina è ancora lì, con la sua particolare voce rauca, a svuotare la merce sul banco illuminato dalle prime luci dell'alba: "chi isca voli, iammuru, bigattinu, coreanu, spagnolu o ballarino? Chiummu n'havi vossia? Quali paratura ci rugnu… no, chissa non è bbona ppi l'ucchiati! Pi iddi ci voli prima u fummaggiazzu co panuzzu, intra a cosetta!". Sig.ra Olga, è fresco questo verme? "Ma dove deve andare a pescare"? "a Portopalo" e lei: " Mi creta, lo trova già là!”.

E' un po' più emaciata, ma sempre battagliera e circondata da una miriade di nipoti sparsi nelle succursali della città. Adesso l'azienda si è ingrandita e informatizzata, ma lei è rimasta la stessa matriarca con addosso quella strana voglia di mare e per questo sembra che tutto il parentame continui a farla giocare, per non farla invecchiare mai.

Ancor oggi, entrando nel negozio principale, non è difficile sentire l'inconfondibile voce di colei che è diventata un mito: "Callo, a mamma, pigghimi a nummuru cincu …. no Cressi…..chidda ddà Mares." Giancarlo sa esattamente dove prendere la muta da sub, ma fa appositamente lo sbadato per farla sentire ancora importante, necessaria.

Insomma, un personaggio in possesso di una tale esperienza che potrebbe tranquillamente armare e governare un peschereccio in piena tempesta. Col suo prezioso ed immutato scibile marinaro, sarebbe capace di indovinare quale misura di lenza occorrerebbe per pescare i Marlin in pieno Pacifico o i merluzzi nel Mar Artico!

Sono questi i personaggi che meritano la Candelora d’oro, non esperti informatici (con tutto il rispetto) nati per sbaglio a Catania!

(M.R.)

 

 

 

LUPO ALBERTO DI PIAZZA EUROPA. Se siete catanesi e andate in giro per il centro o per le periferie della città conoscerete a menadito il problema cani randagi. Veri e propri branchi di quattrozampe che scorazzano per la via Etnea, che cercano un posto al sole in piazza Europa, che hanno eletto le aiuole di piazza Roma a loro camere da  letto e che la notte non disdegnano nessuna delle strade di Catania per mettere a segno le loro scorribande a volte impaurendo il pedone, o il guidatore di moto e scooter di turno.

Per questi cani che spesso dormono, ma ancora più spesso abbaiano ai passanti, i catanesi non hanno parole dolci. Anzi, quella che prima era una notizia da trafiletto sul giornale è diventata una vera e propria emergenza soprattutto in alcuni quartieri della città letteralmente invasi. Eppure tra tutto il fastidio generale c'è chi ha conquistato i cuori di centinaia e centinaia di persone.

Lui è un cane randagio possente, giovane e attento. Il suo pelo è chiaro con delle macchie beige, marroni e grigie. Il suo muso è lungo e affusolato, le sue zampe snelle e abituate alle fughe veloci. Su Facebook, dove è diventato un fenomeno con un profilo che conta oltre seicento amici lui è Alberto di Piazza Europa e dalla sua pagina, piena di foto e testimonianze di affetto nei suoi confronti, spesso vengono lanciati appelli per aiutare altri trovatelli come lui sparsi in tutta Italia.

Tra le note di chi ha scritto di lui si legge sia nato in piazza Alcalà e che la sua infanzia, come ogni cane di strada, non sia stata poi tanto facile. E' facilissimo invece trovarlo. Sembrerà strano, ma proprio uno dei negozi di arredamento più in del corso Italia lo ha già adottato. Alberto o come vogliamo chiamarlo noi, tra gli scaffali dei regali di Natale e quelli degli oggetti da regalare alle amiche e alle coppie di neosposi, ha un tappetino tutto suo. Lui, su quella paglia intrecciata, dorme dolci sogni e non smette di sognare nemmeno quando le signore incuriosite se lo trovano tra i piedi, chiedendosi se sia un cane vero o un raro oggetto di moderno design.

La sera poi per Alberto e i suoi amici comincia la movida, proprio a due passi dai portici di corso Italia, sopra i binari della ferrovia dove ogni notte si consuma il sacro rito del panino al carrozzone. Il cane adottato dai commercianti di piazza Europa attende con pazienza che i consumatori di panini si stanchino delle loro ordinazioni over size e che, ormai sazi, gli offrano prelibatezze e patatine fritte.

Lui ha imparato a scegliere e che sia di bocca buona lo dice il fatto che non accetta tutto quello che gli viene offerto da mani gentili. Del resto i gusti sono gusti.   

Mariangela Di Stefano http://www.tifeoweb.it/pws/index.php?module=article&view=2850

 

 


Alberto è il cane adottato da chi lo conosceva, da chi ne sentiva parlare.

Un cane che attirava ammirazione perché sfiorava la superbia per eccesso di dignità; che non questuava cibo, giaciglio o carezze, ma presentava i diritti della notorietà: dalla colazione con i lavoratori in tuta alle sette del mattino, al viaggio in autobus per il "kebab" (il pasto di carne cioè) a mezzogiorno, al rientro in sede (ospitalità prioritaria presso le sorelle proprietarie di un negozio in Corso Italia), all'attraversamento sulle strisce pedonali, all'ispezione dei luoghi circostanti con abituale distacco, attorno a Piazza Europa. Il resto della città era per lui periferia.
Niente smancerie, scodinzolamenti, accostamenti a corpi altrui: il suo blasone di libertà glielo impediva, la confidenza l'avrebbe indebolito nella fierezza.
Fu ospite in una bella villa a Ognina, circondato da attenzioni e premure.
Ma, attorno c'erano mura, e lui voleva aria e spazio. Se ne andò salutando a suo modo: non disturbando, dispiaciuto forse di apparire ingrato.

 


Poi, da oltre due anni, nessuna informazione certa.
Si era divulgata (tra i suoi tanti estimatori) la notizia di una residenza (mai domicilio!) verso S. Venerina, in una fattoria dove ci sono cavalli e cuccioli di cane; poi, per intolleranza delle bombe pirotecniche degli umani, si dice, fece perdere ogni traccia, allontanandosi. C'è anche chi lo ha incontrato in scadente forma fisica, con occhio triste e pelliccia sgualcita: anche lui era stato raggiunto dalla crisi.
Noi l'attendiamo, e, intanto, ci chiediamo: ha perso Alberto, o ha perso la città per la lunga assenza?
La risposta è spontanea: nel vuoto di personaggi, nella dissennata seminazione di mediocrità integrata da supponenza, il distinto cane Alberto si stacca di più nel ricordo. Al punto che ci verrebbe di chiamarlo signor Alberto, se non fosse disprezzante la confusione con gli uomini, alcuni dei quali gli destinavano polpette avvelenate, ignari del fatto che il celebre cane, di palato fine, annusava e, quindi, disdegnava.
Continueremo, perciò, a chiamarti Alberto, un "tu" assistito dal rispetto che si deve a chi tra la sicurezza di vitto e alloggio, e i rischi della libertà senza confini, ha fatto la scelta coerente con la sua storia. Se qualcuno chiederà l'anagrafe, ricordati dei progenitori millenari, ricordati di Argo, il primo a riconoscere Ulisse dopo un assenza infinita, senza tradire emozione alcuna per non mettere a rischio il destino del padrone, o dei tanti tuoi simili senza tempo che in ogni parte del pianeta si recano spesso al cimitero per salutare, annusando l'erba, l'amico scomparso; o di quelli che vegliano sino allo sfinimento i morti abbandonati, perché amati in vita.
Sentiamo però il peso della inadempienza: qualcosa deve essere fatta.
Ci viene in mente il Ministro Cancellieri, che, per essere stata indimenticato prefetto della città, e per altre ragioni, conosce il "mito Alberto".
Questa l'idea: il "mito" merita protezione. Nemici delle scorte (anche per modesto vissuto), convinti che certi personaggi, frustrati ma narcisi, nulla debbano temere (già colpiti da discredito, che senso avrebbe, fargli ulteriore male?), i quali però per obbligo istituzionale, debbono comunque essere tutelati dalla protezione dello Stato (anche per non sentire la solitudine sociale che li circonda), non volendo profittare della indilazionabile cura dimagrante del numero degli "addetti", concentriamo la richiesta sulla destinazione di un cane - poliziotto, per allontanare o dissuadere i dispensatori di impasti avvelenati o i calcioni a tradimento (c'è pronta una filiera a caricarsi il costo). Sarebbe, caro Ministro, assegnazione ben concessa per soggetto degnissimo.
Ad Alberto buona fortuna perché cane libero, forse superbo per troppa dignità.
Alle scuole della città, l'ultimo sommesso consiglio. Se il "mito" dovesse rientrare in città, siano organizzate visite guidate per le scolaresche, per illustrare il tema: "Non tutto è perduto".
Se ci guardiamo attorno, infatti, sarebbe esagerato vedere l'esagerazione.
Enzo
enzo. trantino@alice. It
La Sicilia, 27.8.2012

 

 

 

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scene girate prevalentemente a Catania

 

 

 

 

Rispetto ai quartieri meno fortunati dell’area sud e sud occidentale della città, San Cristoforo, Angeli Custodi, San Giorgio, ecc., quartieri che fin da subito si sono definiti come luogo dei diseredati della città, il carattere popolare di Picanello assume una "dignità" diversa. Probabilmente all’origine di questo dato sta la natura più "rurale" che "urbana" del quartiere, testimoniata già dal secolo scorso allorché Gentile Cusa immaginava di poter vedere qui realizzate le residenze più rappresentative della città, mentre diverse famiglie scelsero questo quartiere per edificare alcune villette con giardino, e confermata ancora oggi da un assetto urbano dove ancora moltesono le piccole strutture abitative con piccole porzioni di terreno salvatesi dalla furia demolitrice del sacco edilizio catanese degli anni cinquanta e sessanta. 

Il risultato è quello di un quartiere che vive con maggiore dignità la propria condizione di povertà, e dove, nel complesso, il degrado appare meno grave che altrove e la qualità della vita meno compromessa. Una conferma sta nel fatto che qui, rispetto a tutte le altre Municipalità, la dispersione scolastica e tra le più basse: nel 1998 appena lo 0,8%. Altrettanto basso è il numero di minori provenienti da questo quartiere arrestati nel decennio ’90 rispetto ai quartieri tradizionalmente "a rischio". Tutto ciò, anche se resta il dato allarmante del fatto che proprio negli ultimissimi anni la seconda Municipalità ha dato un contributo crescente al fenomeno della criminalità minorile a Catania: i minori arrestati provenienti da questa Municipalità, che erano 7 nel 1996, sono passata 20 nel 1997, e a 14 nel 1998.

http://www.comune.catania.it/la_citt%C3%A0/municipalit%C3%A0/ognina__picanello/La_Societ%C3%A0.aspx

 

 

Nella seconda metà del XIX secolo, Catania visse una netta crescita demografica e i suoi confini si espansero notevolmente. Fino ad allora, il territorio dell'odierno quartiere di Picanello era sostanzialmente una contrada agricola, estranea ai rilievi tributari e al processo di urbanizzazione della città. I primi insediamenti stabili si ebbero a partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, soprattutto a causa di piccole migrazioni limitrofe; fino ad allora, Picanello si limitò a zona di villeggiatura per le famiglie catanesi più agiate.
Nella prima metà del XX secolo, in particolar modo negli anni trenta, l'amministrazione si interessò all'urbanizzazione del quartiere e le grandi famiglie di Picanello (Scammacca, Bonajuto e Marletta) innescarono un processo di grandi e piccole lottizzazioni sulla base del tessuto viario preesistente. Una vera e propria anteprima del boom edilizio degli anni cinquanta e sessanta, nei quali Picanello si liberò gradualmente dalle sembianze rurali e plasmò la sua complessità paesaggistica, avvicinandosi molto allo scenario odierno.

Nel secondo dopoguerra, il territorio attualmente circostante Piazza Europa, in continuità con le volontà d'eleganza e prestigio espresse nell'ammodernamento di Corso Italia, fu destinato ad accogliere il decentramento delle maggiori attività economiche della città; nel contempo, gli isolati ad est del viale Vittorio Veneto assomigliarono sempre più a un sobborgo di case popolari, all'interno di un prospetto urbanistico tutt'oggi rimasto poco funzionale.

Picanello (Picaneddu in siciliano) è un quartiere situato nella zona nord-orientale della città di Catania. Dal punto di vista amministrativo, fa riferimento alla II municipalità Ognina-Picanello.
È tradizionalmente delimitato a est dal Lungomare, a sud dal corso Italia, a ovest dal viale Vittorio Veneto e a nord dalla Circonvallazione.

La congiunzione stradale tra Circonvallazione e Rotolo, caratterizzata da un grande dislivello, è segnata dalla via Galatioto, una lontana parallela - più a nord - di via Duca degli Abruzzi. Con quest'ultima, la Circonvallazione a ovest e via Principe Nicola a est, forma un quadrilatero all'interno del quale è possibile iscrivere un'area dall'altissima densità di popolazione. Adiacenti alla Circonvallazione, si trovano dapprima le zone del Campo Scuola di Atletica Leggera, una struttura edificata a inizio secolo e potenziata nel corso dei decenni (sede delle Universiadi del 1997), quindi i plessi popolari addensati su via Villa Glori e via De Caro.
Santa Lucia, piazza Duca di Camastra e il Rotolo

Percorrendo via Galatioto in direzione del mare, si incrociano la Chiesa di Santa Lucia e piazza Duca di Camastra. Questa, insieme alla tradizionale via Messina, chiude di fatto il territorio del quartiere di Picanello e apre le porte al borgo marittimo di Ognina. Il Rotolo è un grande viale che si affaccia sul mare di piazza Nettuno. Deve il nome alla colata lavica del 1381 che ricoprì la città e che, tra le altre cose, determinò la qualità paesaggistica dell'attuale lungomare.
Fino al 1951, è stato uno dei capolinea dalla tranvia di Catania; seguì lo smantellamento dei tram e la sostituzione con una rete di filobus. Oggi, il quartiere è servito dalle linee bus dell'AMT (Azienda Municipale Trasporti).

Secondo il progetto della Metropolitana di Catania, esistono disposizioni per fermate a Picanello lungo il Passante Ferroviario RFI (i cui binari sotterranei sono tutt'oggi funzionanti). Al momento, la fermata metropolitana più vicina è in Corso Italia e permette di raggiungere la Stazione Centrale e il Porto.
Al termine della via Duca degli Abruzzi, sulla Circonvallazione, è possibile imboccare lo svincolo per il raccordo tangenziale che conduce all'Autostrada A18 Catania-Messina.
A ridosso della Guardia, in direzione Circonvallazione, si sviluppa trasversalmente da sud-est a nord-ovest la via Duca degli Abruzzi, attraversando uno dei nuclei più popolati dell'intero quartiere. La via delimita formalmente la parte sud del quartiere (tra cui gli ex-possedimenti Scammacca) con il grosso nucleo urbano compreso tra la Circonvallazione e la discesa a mare del Rotolo. La Circonvallazione abbraccia Picanello da sud-ovest fino a nord-est, in corrispondenza della fine del lungomare e del porto di Ognina.

 

Una borgata di città: Picanello.

Una volta era un borgo perché era distante dal centro città circa tre chilometri. I suoi abitanti se andavano al centro, non dicevano: “andiamo al centro di Catania, ma semplicemente: ”andiamo a Catania.”

Villini e case ad un piano riempivano il borgo, un tratto impressionista, un po’ liberty.

Erano gli anni cinquanta, senza auto, senza fretta, con le strade a fondo naturale dove si muovevano carretti con ruote grandi di legno.

Via caduti del lavoro si chiamava via Smedila perché il barone Smedila era proprietario di mezza borgata.

I villini non erano abitazioni per oziosi nobili catanesi ma, residenze di commercianti, famiglie di lavoratori, che, se potevano, d’estate s’affittavano la carrozza per andare a sentire le musiche di Vincenzo Bellini nel giardino in Via Etnea.

Si scendeva con il tram per andare a fare acquisti a “Catania”. Era il tram n° 3, almeno così dicono

Gli “antichi” abitanti della borgata. Oggi c’è l’autobus 830, e il 3 è rimasto, ancora, fra un otto e uno zero!

Noi, da bambini, guardavamo passare i carretti, quelli con le ruote di legno colorati come quelli di cumpari Turiddu. I bambini di strada, tutti eravamo di strada, quelli bravi, sperti, pieni d’iniziativa, ci attaccavamo dietro il carretto per farci trascinare, pieni d’ebbrezza per il viaggio brevissimo ma gratis: “arreri ‘ncoppu di zotta”, era il grido di chi invidioso era rimasto a guardare e la speranza che il carrettiere colpisse il compagno, dietro il carretto, con la frusta.

Nelle strade polverose, non asfaltate, con le biciclette, si descrivevano percorsi come serpi sonnolenti.

Era Picanello d’una volta, con le botteghe di generi alimentari che non rispettavano le norme sanitarie e dove si poteva comprare tutto a peso: maccaruneddi diritali, fillata, u vinu ddò putiaru*

Le sigarette si potevano acquistare anche sciolte, ad una ad una.

Tanti villini belli, bassi, sono rimasti; scampati alla furia degli “unni” che hanno violentato questo quartiere con moderne, inutili costruzioni, i terribili anni sessanta della speculazione edilizia.

Sono nato in questo quartiere, in Via Smedila e mi ricordo che la mattina passavano le pecorelle e si poteva comprare il latte dal pecoraio.

Una grossa e simpatica parrucchiera era chiamata: “a pilucchera” che non è vocabolo di cattivo gusto siciliano, ma una colta riduzione dell’equivalente termine spagnolo: “peluchera”.

Picanello sembra un nome misterioso, e per tanti studiosi lo è sempre stato, significa, forse, semplicemente: “fico snello”, ma non siamo sicuri, perché nella borgata vi erano e vi sono tante piante di fichi.

Uno strano vecchio di cent’anni,abitava in via Macaluso, mi confidava: “quando ero piccolo, nel quartiere di Picanello, vi era un albero di fichi dove i fidanzati si scambiavano gli anelli…”

Boh! Le solite minchiate dei catanesi!

Oggi è tanto diversa. Picanello, non è più una borgata, è un quartiere con tanti palazzi scoloriti, costruiti a “tradimento” negli anni sessanta.

Ma questa è un’altra storia!

 

Santo Catarame

http://www.corrieredaristofane.it/

 

 

A PASSEGGIO PER PICANELLO. Il nome Picanello deriva dallo Spagnolo e significa "piccola fonte".

 

Prima dell'eruzione del 1669,che cambiò il volto della città,Catania " era divisa in vari Quartieri che prendevano il nome dalle Chiese e da qualche assetto del contorno" (Francesco Ferrara).

Nella seconda metà del XIX secolo, Catania visse una netta crescita demografica e i suoi confini si espansero notevolmente. Fino ad allora, il territorio dell'odierno quartiere di Picanello era sostanzialmente una contrada agricola, estranea ai rilievi tributari e al processo di urbanizzazione della città. I primi insediamenti stabili si ebbero a partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, soprattutto a causa di piccole migrazioni limitrofe; fino ad allora,Picanello si limitò a zona di villeggiatura per le famiglie catanesi più agiate.

Nella prima metà del XX secolo, in particolar modo negli anni trenta, l'amministrazione si interessò all'urbanizzazione del quartiere e le grandi famiglie di Picanello (Scammacca, Bonajuto e Marletta) innescarono un processo di grandi e piccole lottizzazioni sulla base del tessuto viario preesistente. Una vera e propria anteprima del boom edilizio degli anni cinquanta e sessanta, nei quali Picanello si liberò gradualmente dalle sembianze rurali e plasmò la sua complessità paesaggistica, avvicinandosi molto allo scenario odierno.

Nel secondo dopoguerra, il territorio attualmente circostante Piazza Europa, in continuità con le volontà d'eleganza e prestigio espresse nell'ammodernamento di Corso Italia, fu destinato ad accogliere il decentramento delle maggiori attività economiche della città; nel contempo, gli isolati ad est del viale Vittorio Veneto assomigliarono sempre più a un sobborgo di case popolari, all'interno di un prospetto urbanistico tutt'oggi rimasto poco funzionale.

 

 

VILLA SCAMMACCA

La foto postata ritrae uno scorcio di Villa Scammacca,splendido manufatto che fu commissionato nei primi decenni del Novecento dal nobile Mario Scammacca,da cui prende il nome,circondato da uno splendido parco da lui disegnato.Al suo interno è ancora visibile la cappella di famiglia (l'area fu un'estesa proprietà degli Scammacca, coltivata con diverse produzioni agricole) con gli arredi originali e parte del fondo librario.

La villa situata a Catania in Viale Vittorio Veneto 172 (ingresso all'altezza di Piazza Michelangelo) è stata acquisita,da alcuni anni,dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, ma fu la sede legale della "Banca Agricola Etnea", costituita il 16 Dicembre 1970 con rogito del Notaio Ferdinando Portale.

Con 17 sportelli e 152 dipendenti,negli anni '80 divenne il quarto Istituto di Credito in Sicilia,con una raccolta che toccò,nel 1981 la cifra di ben 183 miliardi di lire.

La "Bae" nacque dall'imprenditore Gaetano Graci,investito nei decenni scorsi da importanti vicende giudiziarie e l'Istituto fu acquisito,con modalità rimaste per lungo tempo sotto la lente giudiziaria,dal Monte dei Paschi di Siena.

testo e foto di Franz Cannizzo

 

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Alcuni cenni storici su Picanello

Il nome del quartiere Picanello erroneamente viene riportato da alcuni siti Web come derivante da "Fico snello", questa bizzarria è stata però smentita dall'illustre prof. Santi Consoli, il quale afferma che tale nome derivi dal sopranome che il popolo aveva dato alla famiglia Marletta, proprietaria di vasti terreni del luogo (prof. Santi Consoli Ognina o Lognina questione toponomastica Archivio storico per la Sicilia orientale, Catania 1916).

Nel passato, gli abitanti di Ognina appellavano gli abitanti di Picanello “terrazzani ” o “sciaroti” perché il quartiere rispetto a Ognina era sorto più in alto, su una immensa distesa di scabre lave scaturite nel 1381 tra il paese di Gravina e Tremestieri, da una frattura che fu detta “Fossa del Gavolo. Tale data, riportata per secoli dagli storici antichi tra i quali Tommaso Fazello e Pietro Bembo, che facevano fede alle notizie tramandate nel documento manoscritto da Simone da Lentini (conservato nell'Archivio della Cattedrale di Catania), oggi è stata smentita dalle moderne analisi paleomagnetiche che la retrodatano al 1169. Questa colata lavica che gli studiosi chiamano “lava del rotolo” fu quella che seppellì l'antica Ognina e l'antico fiume Longone, il cui corso secondo le accurate indagini fatte dall'illustre Prof. Casagrandi (Il porto di Catania greco-romana, Il Borgo, il fiume Lòngane, e il Santuario della Dea Athena Longatis. - La Pistrice sul tetradramma aureo di Catania Tip. Giannotta 1914) doveva stendersi, nell'avvicinarsi alla sua foce nel mare Joio, lungo la contrada detta ora Picanello per poi sfociare nel seno dell'antico porto di Ulisse.

Fino alla seconda metà del XIX secolo, il territorio dell'odierno quartiere di picanello era sostanzialmente una contrada agricola. I primi insediamenti stabili si ebbero a partire dagli ultimi anni dell'Ottocento; fino ad allora, Picanello si limitò a zona di villeggiatura per famiglie catanesi più agiate come gli Smedila.

Negli anni '30 del Novecento le grandi famiglie di Picanello (Scammacca, Bonajuto e Marletta) innescarono un processo di grandi e piccole lottizzazioni sulla base del tessuto viario preesistente. Una vera e propria anteprima del boom edilizio degli anni cinquanta e sessanta, facendo scomparire la sembianza rurale del paesaggio, avvicinandosi molto allo scenario odierno.

I nobili Mancini di Ognina, un tempo proprietari incontrastati di tutto il territorio di Ognina, la cui famiglia era imparentata con il famoso cardinale Giulio Mazzarino(statista di Francia al tempo di Luigi XIV), ebbero in eredità dal Cardinale anche la Villa che si affaccia su l'omonima piazza di Porto Ulisse. I Mancini hanno lasciato la propria impronta anche a Picanello. La nobile Rosa Mancini donò nei primi anni del '900 il terreno su cui sorse la chiesa di Santa Lucia in Ognina. Inaugurata nel 1912, poche notizie si hanno del del suo progettista, pare fosse un non meglio precisato architetto Milazzo. Il 29 giugno 1944 fu eretta a parrocchia e nel 1950 arricchita con i pregevoli affreschi di Giuseppe Barone (S. Lucia al martirio e l'apparizione di Sant'Agata a S. Lucia). La nobildonna Rosa Mancini devotissima a Santa Rosa da Lima, fece costruire a proprie spese un altare nella parete della navata destra della chiesa dedicandolo alla Santa di cui portava il nome, con un bel affresco raffigurante S. Rosa col Bambinello in braccio (copia dell'originale dipinto settecentesco del pittore romano Agostino Masucci), in basso spicca lo stemma del nobile casato, con impresso il motto "Fermetè" che fu il motto del celebre Cardinale dal quale i nobili Mancini discendono.

Nella parete interna della chiesa attigua al portale d'ingresso sta una lapide marmorea che in caratteri latini ricorda la generosa Rosa Mancini.

Nel post riporto alcune foto d'epoca riguardanti la chiesa, lo storico parroco padre Cassisi e gli abitanti del borgo.

Mario Strano

 

 

Il corso Italia, tra le vie più prestigiose della città, delimita l'estensione a sud di Picanello, nonostante la zona risulti ormai da anni indipendente, sotto tutti i punti di vista, dal nucleo del quartiere. È mediamente alberato, costeggia la Guardia e conduce a piazza Europa, dove ha inizio il Lungomare. Piazza Europa aveva le sembianze di una piccola villa cittadina che offre, grazie alla sua posizione rialzata, un discreto belvedere sul lungomare.
Il Lungomare di Catania è un viale a grande percorrenza con passeggiata sulla costa, una tipica scogliera in roccia lavica. Congiunge piazza Europa al porticciolo di Ognina. Lungo il suo percorso, si trovano alcune aree predisposte alla balneazione: la più importante è lo storico borgo di San Giovanni li Cuti. A metà tragitto, la passeggiata si allarga su piazza Nettuno; più avanti lo storico porto Ulisse e la piccola Chiesa di Santa Maria di Ognina introducono l'inizio del borgo ogninese.

 

Zona ad altà densità abitativa compresa tra corso Italia, via Leopardi, il Lungomare e piazza Europa. Nell'omonima piazzetta centrale, è situata la Chiesa di Santa Maria della Guardia, risalente agli anni sessanta. Proprio qui si innesta la via Giacomo Leopardi (poi via Gabriele D'Annunzio), una riproposizione meno prestigiosa del corso Italia, pressoché spoglia di verde, ma ugualmente servita.

Viale Vittorio Veneto e largo Bordighera
 

 

Il viale Vittorio Veneto taglia la città dalla Circonvallazione alla Stazione Centrale e segna idealmente il confine occidentale di Picanello. A nord è adiacente, all'altezza di piazza Michelangelo, alla grande villa Scammacca (una delle famiglie più influenti della storia del quartiere) e, più a sud, al largo Bordighera, una grande piazza a ridosso della fitta zona residenziale. Nei pressi della villa Scammacca, nel 1905, fu costruita la Chiesa di Santa Maria della Salute.

Corso Italia

 

 

 

 

CATANIA - La rinascita di piazza Europa, una volta salotto verde del lungomare catanese, sembra più vicina. Questione di giorni e i lavori per la realizzazione del parcheggio interrato ripartiranno. Il via libera dovrebbe arrivare la prossima settimana, quando la società «Parcheggio Europa spa» e il Comune firmeranno l’accordo per il piano-economico finanziario che ha subìto alcune variazioni a causa dello stop ai lavori. Il cantiere, come si ricorderà, fu posto sotto sequestro nel 2007 per l’intervento della magistratura. L’inchiesta prese origine da una denuncia su presunte irregolarità ed abusi d’ufficio legati a una modifica che, in violazione delle regole fissate nell’avviso di gara, avrebbe eliminato parte degli stalli, inserendo degli spazi commerciali all’interno del parcheggio.

 

 

Lo scorso marzo, dopo 4 anni di processo, era arrivata l’assoluzione con formula piena per l’ex sindaco di Catania, Umberto Scapagnini, l’ex direttore dell'Ufficio speciale per l'emergenza traffico, Tuccio D’Urso, la Commissione aggiudicatrice, il Rup e gli imprenditori. Quella che sarà realizzata in piazza Europa è una delle nove strutture interrate in project financing previste dal Piano Parcheggi varato nel 2003 dalla Giunta Scapagnini. Tre parcheggi, anche se i lavori non sono mai partiti, sono sotto stati posti sotto sequestro e successivamente dissequestrati: Asiago, Verga e Lupo. Gli altri sorgeranno nei viali Africa e Sanzio, e nelle piazze Vittorio Emanuele, Lanza e Cavour. Sempre nell’ambito del Piano parcheggi, va ricordato che nelle periferie sono stati già realizzati 13 «scambiatori». Che però non sono mai entrati in funzione. Il progetto iniziale del parcheggio in piazza Europa, da anni in stato di abbandono per lo «sventramento» causato dal cantiere sotto sequestro, prevedeva un multipiano a tre livelli con 318 posti auto.

 

 

La spesa preventivata era di 7 milioni e 400 mila euro circa. Con il progetto definitivo, invece, sarà realizzata una struttura su due livelli interrati sotto piazza Europa estesi per 8.500 metri quadrati circa. Trecentonovantasette saranno i posti auto complessivi. La superficie da adibire a negozi (nella porzione posta sotto il livello della strada) sarà di 1.400 metri quadrati e ospiterà 8 botteghe. Il progetto prevede inoltre il ripristino della viabilità.L'intera area di superficie verrà attrezzata con verde pubblico, alberi e piante fiorite, elementi di arredo urbano. Le piante precedentemente estirpate e custodite in un vivaio, verranno reimpiantate.

 

 

 

LA NUOVA PIAZZA EUROPA

 

 

 

 

 

 

.... ma prima era successo questo:

Totò, Peppino e il parcheggio Europa
di Michele Spalletta
La Parcheggio Europa s.p.a. mette in vendita locali commerciali nel futuro parcheggio scambiatore. I dubbi sulla legittimità dell’operazione sono parecchi e fondati giuridicamente. Totò in un suo celebre film riuscì a vendere perfino la fontana di Trevi, ma quello era pur sempre un film…Il parcheggio in piazza Europa che ha fatto discutere (forse non quanto avrebbe dovuto) fino a qualche mese fa, non si stanca di stupire. Da quando sono iniziati gli scavi infatti non è difficile notare un bel cartello che pubblicizza l’opera nel quale, ai più attenti, non sarà sfuggito di leggere la messa in vendita di locali commerciali, da realizzarsi dentro il colosso di cemento armato, da parte della ditta appaltatrice, una non ben precisata Parcheggio Europa s.p.a.Il dubbio sul reale significato della scritta e sulla legittimità dell’operazione ha sorvolato giuristi e non, e noi fra essi.C’è da sapere che il parcheggio Europa, facente parte delle opere pubbliche messe in progetto nel piano triennale del Comune di Catania nel 2003, è stato messo in bando utilizzando la forma del Project Financing.

 

 

 

Tale strumento permette al Comune, che deve realizzare un’opera pubblica ma non ha i soldi per farlo, di dare in appalto il progetto a una ditta privata, che si occupa di investire il proprio denaro per la realizzazione dello stesso. Lo stesso privato godrà del diritto di gestire e sfruttare economicamente l’opera pubblica per un determinato periodo di tempo, così da recuperare il denaro investito e guadagnare un utile. Punto fondamentale e imprescindibile del  Project Financing è il piano economico-finanziario che la ditta appaltatrice deve presentare al Comune. In tale piano infatti deve essere ben chiaro il programma economico attraverso il quale la ditta riuscirà a completare i lavori e ricavarne un utile dalla sua gestione nel tempo prestabilito. Se il piano economico-finanziario non rispetta dei requisiti ben severi di equilibrio e fattibilità, l’opera non può essere appaltata al privato.

 

 

Dopo queste premesse di fondo, passiamo al caso specifico e vediamo da dove nascono i dubbi.

L’articolo 19 del Codice civile, al comma 2, recita che “A titolo di prezzo, i soggetti aggiudicatori possono cedere in proprietà o diritto di godimento beni immobili, la cui utilizzazione sia strumentale e connessa all’opera da affidare in concessione”. Il bando di gara per la costruzione del parcheggio Europa contiene infatti le informazioni economiche per definire da dove potranno derivare i ricavi per il concessionario e cioè dai rientri tariffari dei posti auto a rotazione (come qualsiasi parcheggio a pagamento) e dai rientri derivanti dalla cessione a privati di posti auto o di box auto (affitto dei posti auto per il tempo della concessione).

 

Le palme prima del maledetto Punteruolo Rosso

 

Il tutto è corredato da cifre precise per garantire quell’equilibrio di fattibilità del piano economico, come abbiamo accennato in precedenza.Oltre queste voci ce n’è un’altra però, che fa riferimento al cartello citato, che fa sorgere i dubbi maggiori. Si legge infatti nel bando che il concessionario (la Parcheggio Europa s.p.a.) può incrementare i ricavi attraverso “la realizzazione di superfici commerciali che possono essere cedute a terzi o concesse in locazione” e che “Il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione tra le parti”.Ora, è prevista dalla legge la possibilità, come abbiamo visto, di cedere in proprietà o godimento beni immobili dell’opera pubblica, ma allo scopo di garantire l’equilibrio economico-finanziaro ed assicurare così che il privato riprenda i suoi soldi e un utile.

 

 

Ciò, tuttavia, deve essere previsto nel bando con riferimento preciso alla natura e alla destinazione dell’immobile, in quanto ciascun concorrente deve essere a conoscenza degli strumenti finanziari di cui può disporre. Se non viene specificata il tipo di esercizio che può nascere all’interno del parcheggio, come si può sapere quali saranno i guadagni e quindi preservare il tanto osannato equilibrio del piano economico (un autolavaggio concede delle entrate ben diverse da quelle di un negozio di elettrodomestici)? Inoltre, come specificato dalla legge sempre al comma 2 dell’articolo 19, l’utilizzazione dell’immobile deve essere strumentale e connessa all’opera pubblica.

 

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 Ad un parcheggio scambiatore potrà essere strumentale e connesso un autolavaggio. Sicuramente non lo è il già citato negozio di elettrodomestici. Senza queste specifiche, non solo non è assolutamente garantito l’equilibrio del piano economico-finanziario (la matematica non è un’opinione e questo gli esperti dovrebbero saperlo), ma l’operazione di Project Financig non sembra rispettare il suo interesse, che è quello relativo alla realizzazione di una specifica opera pubblica, un parcheggio, e non ad un nuovo potenziale centro commerciale (peraltro illegale) in una zona che, fino a poco tempo fa, era tra le più belle del territorio catanese.
(25 ottobre 2006)