|     
				
				  
				La mattina, dopo il rientro 
				dalla lunga processione del 4 febbraio, durata più di 24 ore, 
				il simulacro rimane esposto sull’altare maggiore durante tutta 
				l’intera mattinata e gran parte del pomeriggio alla 
				venerazione dei fedeli e devoti, che accorrono in Cattedrale in 
				preghiera, portando ceri, fiori, offerte, ex-voto in oro; o 
				magari lacrime di dolore, di gioia, di rancore, di pentimento; 
				chiedono alla Santa perdono, conforto, grazie spirituali e 
				materiali da chiedere a Dio tramite la sua intercessione. S. 
				Agata non può che accontentarli, con la sua potente preghiera 
				presso nostro Signore, presso la Madonna, e con il suo candido 
				sorriso, li conforta, gli da speranza, gli da gioia.  
				
				  
				  
				  
				  
			 
				  
				 
				  
				  
				 
				  
				  
				  
				
				 
				  
				  
				Il giorno della 
				processione esterna del fercolo della Santa Patrona inizia alle 
				5 con la recita del Rosario ed esposizione delle Sacre Reliquie 
				nella Cattedrale 
				 La 
				Sicilia, 4 feb 2013 
				 Il giorno della processione 
				esterna del fercolo della Santa Patrona inizia alle 5 con la 
				recita del Rosario ed esposizione delle Sacre Reliquie nella 
				Cattedrale. Alle 6 la "Messa dell'Aurora" celebrata 
				dal'arcivescovo Salvatore Gristina. Subito dopo alle 7 in piazza 
				Duomo le riflessioni di mons. Barbaro Scionti, che insieme ai 
				"devoti" darà inizio alla processione delle sacre reliquie di S. 
				Agata da Porta Uzeda. Davanti all'Icona della Madonna della 
				Lettera, l'arcivescovo offrirà alla Santa Patrona il 
				tradizionale cero e benedirà le corone del rosario. Davanti alla 
				cappella del Santissimo Salvatore in via Dusmet, l'omaggio della 
				Capitaneria di Porto. La processione proseguirà per le vie Calì, 
				piazza Cutelli, via Vittorio Emanuele, piazza dei Martiri, dove 
				renderanno omaggio i disabili, via VI Aprile, della Libertà, 
				piazza Iolanda (riflessioni del can. Ottavio Musumeci).  
				
				 
				  
				L’OMELÌA 
				DELL’ARCIVESCOVO RENNA il 5.2.2023 
				“Onorevole Presidente della 
				Regione Sicilia, Eccellenza Signor Prefetto, Eccellenza Signor 
				Commissario straordinario, carissimi Confratelli Arcivescovi e 
				Vescovi, distinte Autorità civili e militari,carissimi fratelli 
				e sorelle,due volte è risuonato nel Vangelo che è stato 
				proclamato l’invito del Signore Gesù: “Non abbiate paura”! Sono 
				parole che hanno infuso speranza ai discepoli che Gesù ha voluto 
				preparare al futuro. Noi cristiani siamo alla sequela di un 
				Maestro che è risultato perdente secondo la cronaca del suo 
				tempo: messo a morte come un bestemmiatore, in compagnia di 
				altri malfattori, e con accanto a sé non un esercito armato 
				pronto a difenderlo, ma solo la sua anziana madre e poche altre 
				persone, per lo più donne. Eppure il Cristo ci ha detto di non 
				avere paura, perché la Sua morte non è l’ultima parola: può 
				essere forse l’ultima per l’uomo, ma non per Dio, che lo ha 
				risuscitato. Ed è per questo che noi siamo qui a celebrare il 
				Sacrificio Eucaristico di Cristo, e a fare memoria di una donna 
				che circa due secoli dopo la morte e la risurrezione del Suo 
				Maestro non ha avuto paura di coloro che straziavano il suo 
				corpo e si apprestavano a gettarlo in una fornace per finirlo.
				 
				Sant’ Agata è andata incontro 
				alla morte senza la paura che dopo ci fosse il “nulla” o il 
				“grande forse”. Credeva che ci sarebbe stato il Cristo risorto 
				ad attenderla, lo Sposo che lei, vergine votata la Suo servizio, 
				aveva scelto come l’unico amore. Come sarà risuonato agli 
				orecchi dei martiri come sant’ Agata quel “Non abbiate paura”? 
				La paura portava molti cristiani, sotto le persecuzioni volute 
				da alcuni imperatori di Roma, a rinnegare la fede: le tenebre 
				profonde delle carceri che erano delle fosse insane, il caldo 
				soffocante per l’ammucchiamento delle persone imprigionate, i 
				maltrattamenti dei soldati, la raffinata crudeltà delle torture 
				e l’efferatezza della pena capitale, sono tutti elementi sui 
				quali concordano le narrazioni del martirio dei primi secoli, 
				sia in autori cristiani, sia in insospettabili autori pagani. Nel 
				Martirio di Policarpo si narra di un episodio che all’epoca 
				doveva essere frequente: per paura del supplizio un cristiano 
				rinnega la sua fede. Un certo Quinto, narra il testo suddetto, 
				venuto dalla Frigia a Smirne, si era costituito spontaneamente 
				come cristiano, ma poi si era lasciato prendere dal terrore e il 
				magistrato era riuscito a persuaderlo a giurare per gli dei e ad 
				offrire un sacrificio. Agata invece ha superato la paura: l’avrà 
				forse avuta; ma l’avrà superata con una immensa fiducia in Dio, 
				come tanti martiri di ogni tempo. Come don Pino Puglisi, che 
				guardando in faccia il suo carnefice, quella sera del 15 
				settembre di trenta anni fa gli disse. “Me l’aspettavo”. E il 
				giudice Rosario Livatino, che nel suo schietto siciliano disse a 
				chi stava per uccidendo: “Chi vi fici?” “Non abbiate paura!” 
				Cioè: “ Siate coerenti, fidatevi di Dio” Fidatevi della potenza 
				della Risurrezione, perché chi vorrà salvare la propria vita la 
				perderà. Perché voi valete più di molti passeri( cf Mt 10,31). 
				Cari fratelli e sorelle, 
				vorrei che sant’ Agata, passando per le strade della nostra 
				Catania, ci invitasse a non avere paura, perché perfino i 
				capelli del nostro capo sono contati(cf Mt 10,30). Quelli dei 
				devoti, come quelli degli uomini e delle donne che non credono. 
				Quelli degli uomini giusti e quelli di coloro sono in carcere; 
				quelli delle persone ben curate e profumate, e quelli di coloro 
				che dormono per strada o frequentano ogni giorno le mensa della 
				Caritas o di altre istituzioni benefiche. Sono contati i capelli 
				dei soldati russi e di quelli ucraini, quelli che giacciono 
				nelle fosse comuni; sono contati i capelli dei migranti. Dio 
				continua a portare il conto dell’originalità di ciascuno di noi, 
				soprattutto di chi si sente un invisibile. Ciascuno di noi vale 
				di più di quanto può valere il pil di una nazione. 
				La paura indubbiamente è 
				presente non solo davanti alla prospettiva del martirio, ma è 
				una costante nella storia, tanto da far dire allo storico 
				francese Jean Dulumeau che “le collettività e le civiltà stesse 
				sono impegnate in un dialogo permanente con la paura”. Oggi le 
				collettività vivono alcune paure che le bloccano e le 
				paralizzano: quella del futuro, ad esempio, crea una cultura che 
				alimenta la denatalità. Ma sappiamo che quel “Non abbiate paura” 
				è detto anche per i timori di questo nostro tempo. 
				Anche noi catanesi oggi 
				abbiamo tante paure con cui fare i conti. Di una Chiesa che non 
				abbia il coraggio di camminare con il Risorto e di rinnovarsi 
				nella comunione e nella missione. Di laici che non si sentano 
				corresponsabili nella vita pubblica ed esauriscano il loro 
				impegno di santificare le realtà di questo mondo, nel perimetro 
				delle associazioni o delle parrocchie, o deleghino questo 
				impegno ai ministri ordinati.  
				A Catania abbiamo paura di un 
				futuro che impoverisca la nostra città. Abbiamo paura di una 
				politica del “si è fatto sempre così”; che non sia frutto di 
				scelte condivise e rinnovate. Abbiamo paura di una politica che 
				non risolva i problemi della città, ma li complichi con 
				amministratori poco competenti, eterodiretti, con problemi in 
				sospeso con la giustizia, che non danno esemplarità in una città 
				che ha al suo interno una parte della sua popolazione agli 
				arresti domiciliari. Per questo chiediamo a Sant’ Agata che ci 
				faccia risuonare come rassicuranti le parole di Gesù: “Non 
				abbiate paura”. E che ci faccia essere decisi come lei. 
				 
				Non abbiate paura non è una 
				frase che lascia tranquilli, come il famoso oppio dei popoli, 
				che addormenta la coscienza e muove al disimpegno e alla delega 
				in bianco, che non si può più rinnovare. Quello che purtroppo è 
				divenuto un costume, che elezione dopo elezione ci fa perdere 
				pezzi di cittadinanza e di vita democratica, ha le sue cause che 
				le persone intelligenti conoscono, e richiede che la speranza si 
				organizzi e ci veda corresponsabili.  
				Non abbiate paura, come sant’ 
				Agata. Cioè abbiate speranza. Sant’ Agostino scrive: “Chi gode 
				nella speranza, avrà un giorno anche la realtà. Chi invece non 
				ha speranza non può arrivare alla realtà”( In Io ep. Tr.8,13) 
				Il poeta francese Charles 
				Peguy dice che la speranza è “quella piccina, che trascina 
				tutto. Perché la Fede non vede che quello che è. E lei vede 
				quello che sarà. La Carità non ama che quello che è. E lei, lei 
				ama quello che sarà. (…)Non è una schiava, questa bambina è 
				irriducibile. Lei replica per così dire alle sue sorelle; a 
				tutte le virtù, a tutti i misteri. Quando loro scendono lei 
				sale, (è molto ben fatto,) Quando tutto scende solo lei risale e 
				così le doppia, le decuplica,le allarga all’infinito. Dio ci ha 
				fatto speranza.” Che la speranza prenda per mano la fede dei 
				devoti di sant’ Agata, le istituzioni; prenda per mano la carità 
				politica e la carità per i poveri; e le porti nella terra del 
				futuro.  
				Questa fanciulla Santa di 
				nome Agata dice a tutti. ‘Abbiate speranza! Rialzatevi. 
				Costruite la Chiesa e la vostra città, portando nel futuro una 
				fede sincera ed una carità operosa. Soprattutto una operosa 
				carità politica, che sappia fare alleanze tra le generazioni, 
				coinvolgendo i giovani, e con tutti i quartieri, anche i più 
				periferici, perché Santa Aiutuzza non fa differenza fra le vie 
				eleganti del centro e le strade dissestate di periferie. Io ho 
				creduto nel Dio che conta i capelli del nostro capo’”. 
				  
				 
				  
				La 
				processione continuerà per le vie Umberto, Grotte Bianche, 
				piazza Carlo Alberto; dinanzi al Santuario dell'Annunziata al 
				Carmine omaggio dei Padri Carmelitani, riflessioni del p. 
				Francesco Collodoro; si proseguirà verso piazza Stesicoro dove 
				ci sarà il messaggio dell'arcivescovo alla Città. Lungo la 
				salita dei Cappuccini e piazza S. Domenico le sacre reliquie 
				raggiungeranno la Chiesa di S. Agata la Vetere 
				  
				  
					
						|  | 
						5 Febbraio   
						Antonio Zeta 
						  
						Stanotti Catania è 
						vistuta co saccu iancu, 
						A coppula niura, n’cudduni 
						vicinu o ciancu, 
						Ma chi tempu ca c’è, 
						ma chi friddu ca fa, 
						Su chiovi o casca u 
						cielu, Catania è sempri dda. 
						U cinqu Febbraiu è 
						sacru ppi cu ci criri, 
						Cu veni ppa calia e 
						ppe bummi non po’ capiri, 
						Ma chi fudda ca c’è, 
						ma chi ha fede lo sa, 
						ca tu ni senti comu 
						su fussi cca. 
						Sant’Aituzza bedda tu 
						ca si appuggiata supra e manu ro Signuri, 
						Riccillu quantu senza 
						iddu semu nenti, com’è friddu u nostru cori, 
						ca avemu sempri tuttu 
						chiddu ca vulemu e non n’abbasta mai… 
						Eppuri o munnu esisti 
						genti ca non mancia e è sempri ammenzu e guai… 
						(PARLATO) 
						Sant’Aituzza bedda, 
						Sant’Aituzza,  
						Sant’Aituzza bedda, 
						Sant’Aituzza… 
						Agata giurò al suo 
						Cristo amore eterno, 
						noi siamo fieri, 
						ammiriamo il suo grande esempio, 
						c’è una donna che 
						piange, le sue lacrime al vento, 
						brillan diventano 
						stelle in firmamento… 
						È l’alba ormai i 
						cannalori su chiu pisanti, 
						a Vara, i devoti, i 
						cannili su e quattru canti, 
						ma la donna che 
						piange ora accenna un sorriso, 
						qualcuno le ha dato 
						la mano, dal paradiso… 
						Sant’Aituzza bedda tu 
						ca si appuggiata supra o pettu ro Signuri, 
						ascuta l’anima 
						sincera de to frati, ca si rapi comu n’ciuri, 
						e ni scannamu tutti i 
						ionna tra nuattri e motivu non ci n’è… 
						I figghi crisciunu e 
						n’ascutunu chiu e pattri, perché pensano per se… 
						Sant’Aituzza bedda tu 
						ricemu n’coru ca ti vulemu beni, 
						Sant’Aituzza u sapemu 
						ca n’aiuti, picchi tu ni voi beni, 
						E travagghiamu ionnu 
						e notti e a carina non na sintemu chiu… 
						E si sta vuci finu in 
						cielu non c’arriva ppi favuri parra tu… 
						(PARLATO) 
						Sant’Aituzza bedda, 
						Sant’Aituzza,  
						Sant’Aituzza bedda, 
						Sant’Aituzza, Sant’Aituzza… 
						    |  
				  
				  
				Oggi il grande giorno 
				finalmente è arrivato, il giorno più importante dell’anno per 
				tutti i catanesi devoti a S. Agata: il giorno del trionfo della 
				fede, il giorno della grande gioia, il giorno del 
				ringraziamento, del grande incontro della Santa Patrona con i 
				propri concittadini. 
				
				
			 
				
				 
				Questa foto di F. Raciti ha vinto il 2° premio al concorso 
				fotografico Sant'Agata 2009, organizzato dall'Assessorato alla 
				Cultura del Comune di Catania.    
					
						| 
				Nun c'è ventu, nun c'è acqua, nè bufera nè 
				timpesta 
				casca u munnu ma a Fribbraiu a Catania si 
				fa festa. 
				Si fa festa alla Patruna di Catania, 
				virginedda... 
				marturiata finu a morti, sposa a Diu, 
				nobili e bedda. 
				Fù Quinzianu, pritinnenti, ca ppi raggia e 
				ppi dispettu 
				ordinò senza pietà di scipparicci lu pettu. 
				Alla morti di la Santa la città si 'nginucchiava 
				e lu focu di la lava antrasatta s’arristava. 
				E accussì, annu ppi annu, nun c'è ventu nè 
				timpesta 
				in unuri di la Santa a Catania si fa 
				festa. 
				Tutti appressu alla Santuzza, Prisidenti, 
				Cardinali... 
				Acchianata San Giulianu, Culliggiati, 
				Cattittrali... 
				la Carrozza ddo Sinatu ccu li primi 
				cittadini 
				Cannalori ca' annacata...Quattru canti 
				...i Cappuccini... 
				Li divoti tutti a fila... giuvineddi, 
				nichi e granni 
				ca trascinunu la vara... e t'arrizzunu li 
				carni. 
				Ccu li sacchi janchi janchi tira tira lu 
				curduni 
				c'è cu 'nvoca la Santuzza... c'è cu preja 
				a ginucchiuni. 
				E lu coru li suori... e lu Duomu...e li 
				cantati... 
				e li viali... e li traversi... comu stiddi 
				alluminati. 
				Bancarelli ccu turruni, cosi duci, 
				cassateddi... 
				appustati strati strati, gnuni, viculi e 
				vaneddi. 
				Ogni annu è tradizioni, nun spiatini 
				pirchì ... 
				la sparata di li bummi chiazza Burgu... e 
				a sira o trì 
				Nun c'è ventu, nun c'è acqua, nè bufera, 
				nè timpesta 
				casca u munnu ma Catania a Frivaru si fa 
				festa. 
				Lu splinnuri di la Santa, l'emozioni di li 
				genti 
				comu n'ecu ca cuntaggia tutti i cincu 
				cuntinenti. 
				Emigranti di luntanu... janchi, niuri, 
				longhi e curti 
				arrispunnunu cchiù forti....semu tutti 
				divoti tutti... 
				Ma ‘na vuci... tra la fudda... si fa largu 
				e acchiana jauta...  
				E' la vuci di Catania: Cittadiniiiiii.... 
				Evviva Sant'Aita!   |  |  
				  
				 S. Agata ritorna tra i suoi devoti, si fa una di loro, loro 
				sorella, loro protettrice, loro compagna, loro amica, loro 
				guida. S. Agata giovane tra i giovani; il tempo non ha mutato la 
				devozione e la fede; S. Agata è stata sempre tanto amata e 
				venerata con grande concorso di popolo.
 
				
  
				  
				IL POMERIGGIO E 
				LA SERA DEL 5 FEBBRAIO (giro interno) 
				  
				
				   
				
				 
				  
				  
			
			 
				  
				  
				 
				  
				Camera con vista 
				nei B&B e posti-balcone a 15 euro 
				Lucy Gullotta - La Sicilia, 
				4.2.2014 
				La festa di Sant'Agata? E' 
				affascinante vederla dall'alto, dalle terrazze del centro 
				storico. Arrivano i giorni clou della festa e scatta la corsa ad 
				accaparrarsi il posto più bello da cui assistere al passaggio 
				della Santa in processione. 
				E' momento di crisi, è vero. 
				Ma è questo il tempo per attrezzarsi al meglio e sfruttare le 
				potenzialità della festa al massimo. Una delle abitudini più 
				diffuse, quasi una tradizione, per chi vive nelle vie attraverso 
				le quali transita il fercolo, preceduto dal corteo dei devoti 
				che tirano la vara, è da sempre quella di riunire nelle proprie 
				case amici e parenti, organizzare aperitivi e cene per ammirare 
				da terrazze, balconi e persino finestre l'affascinante percorso 
				della Santa.  
				  
				
				 
				  
				Tanti proprietari nel tempo si sono attrezzati, 
				hanno fatto tesoro del bene posseduto e affidati 
				all'organizzazione di agenzie di viaggio hanno realizzato un 
				vero e proprio business: affittare terrazze e balconi da cui 
				potere ammirare senza stress la processione. Il prezzo per 
				seguire la festa da un luogo sicuro e tranquillo, lontano dalla 
				folla e in una posizione prestigiosa? Appena 15 euro a persona. 
				Una festa a cui i catanesi non vogliono rinunciare e il sold out 
				è garantito. 
				La passione per la Santa, la 
				devozione e la voglia di rivederla dopo un anno il più da vicino 
				possibile supera ogni limite. Così che molte delle stanze nelle 
				piccole pensioni del centro vengono affittate dai catanesi 
				stessi. «Molti abitano nell'hinterland e non volendo perdere 
				nessun momento della festa: dalla messa dell'Aurora al canto 
				delle Clarisse sino al rientro della Vara preferiscono affittare 
				una stanza, questo consente loro anche di potere riposare tra un 
				appuntamento e un altro. Sono prenotazioni che facciamo anche 
				con un anno di anticipo soprattutto per le camere con balcone - 
				spiega il titolare di una pensione in via Vittorio Emanuele - 
				sempre alle stesse persone, ormai è diventata un'abitudine». 
				 
				  
				  
				La festa in onore di 
				Sant'Agata attira anche molti turisti, benché si parli sempre di 
				un turismo last minute e "mordi e fuggi". Sono infatti numerosi 
				coloro che ritornano a casa proprio in questo periodo dell'anno 
				per venerare la Santa patrona, anche solo per deporre un cero 
				sul fercolo o per recitare una preghiera in cattedrale. Gli 
				alberghi del centro, soprattutto quelli che si trovano in 
				prossimità di piazza Duomo, via Vittorio Emanuele, via di 
				Sangiuliano, così come anche in via Cappuccini, sono i più 
				gettonati. Ha ricevuto una decina di turisti senza prenotazione 
				il titolare di un B&B. «In questi giorni funziona così, i 
				turisti arrivano osservano il fermento della città e decidono di 
				fermarsi nei giorni a cavallo della festa, è chiaro prima di 
				tutto vengono richieste le camere con balcone e queste credo che 
				in centro siano già tutte esaurite». 
				  
				Nel pomeriggio, dopo la S. 
				Messa delle ore 16,30 presieduta da un Vescovo, alle ore 
				18,00 circa S. Agata fa la sua seconda uscita dalla 
				Cattedrale per la seconda processione, definita “processione 
				del giro interno” della città, perchè la processione si limita 
				soltanto a percorrere le vie del centro storico catanese. 
				
				 
				  
				Questa volta l’addobbo 
				floreale del fercolo, a differenza della processione del giorno 
				precedente che era composto da garofani rosa, simbolo del sangue 
				versato dalla martire per i vari supplizzi del martirio, è 
				composto da garofani bianchi, simbolo della purezza della Santa 
				che è salita tutta pura e casta al cielo. 
				  
				 
				
				 
  
				  
				
				 
				Unni arrivau a 
				Santa? Dov'è arrivata la Santa? E' la domanda più frequente tra 
				i devoti 
				Lucy Gullotta - La Sicilia, 
				5.2.2014 
				  
				Dov'è arrivata la Santa? E' 
				la domanda più frequente tra i devoti. Un fiume di persone con 
				il sacco bianco che si dirige verso il fercolo, per non perdere 
				il passaggio della vara. 
				Tra la folla ci sono 
				Sebastiano De Gregorio e Angela D'Urso. Sono sposati da 34 anni, 
				da 30 si sono convertiti a un altro credo. «Siamo Cristiani 
				Evangelici, i santi sono un esempio ma l'adorazione è solo verso 
				Cristo» chiarisce De Gregorio, che però segue con interesse, 
				insieme alla moglie, il passaggio del fercolo. «Non veneriamo le 
				statue - precisa l'uomo - ma il lato folcloristico della festa è 
				davvero unico. Siamo catanesi e come tutti veniamo ad ammirare 
				le candelore, viviamo l'atmosfera della festa che non ha nulla a 
				che vedere con la religione». «Agata è una donna di Dio - 
				conclude la moglie Angela - non so se sarebbe felice di vedere 
				tutto questo business che si è creato attorno alla sua figura…». 
				Sant' Agata riunisce attorno 
				a sé le preghiere di tanta gente che crede, piange, si accalora 
				al suo passaggio. 
				  
				
				 
				  
				Tanti uomini, ma sempre più 
				donne oggi indossano il sacco bianco con qualche eccezione. «Ho 
				cominciato a indossare il sacco quando avevo 14 anni per una 
				grazia ricevuta, in quel periodo le donne indossavano il sacco 
				verde, oggi per la maggior parte anche le donne vestono quello 
				bianco ma a me piace mantenere la tradizione e continuo a tenere 
				quello verde, simile alla tunica che avrebbe indossato la Santa 
				durante il martirio», spiega Antonella Sciuto, 29 anni, mamma di 
				tre bambini: Delia di sei anni che già tira il cordone del 
				fercolo insieme al nonno, e i piccoli Giovanni di quattro e 
				Davide di tre anni. «Delia però indossa il sacco bianco. E' 
				giusto che si uniformi al nuovo modo di essere devoti» conclude 
				la giovane mamma che porta in spalla lo zainetto rosa della 
				figlia che spicca sul verde della tunica. Un sorriso e poi anche 
				lei accelera il passo e via di fretta in direzione del fercolo 
				per riunirsi alla famiglia e tirare il cordone. 
				
				 
				  
				Aspetta con infinita pazienza 
				il passaggio della vara Marta Masutto, 33 anni, insieme alla 
				figlia Rachele, ben sistemata in un comodo marsupio, di appena 
				13 mesi, e alla suocera. «Seguo la festa da quando avevo l'età 
				di Rachele - afferma la giovane donna indicando la figlia - mi 
				portava mia madre che oggi è fuori per una visita medica. Sono 
				qui anche per questo, per lei… Per osservare il volto di 
				sant'Agata e chiederle se possibile una grazia». «Dobbiamo 
				pregare sant'Agata, ma non dobbiamo dimenticare il suo martirio 
				e quello che per ogni donna Agata rappresenta», esclama Veronica 
				Giuffrida, 41 anni. 
				  
				 
				Già, non bisogna dimenticare 
				che sempre più donne si rivolgono oggi a sant'Agata, che fu 
				martirizzata con l'amputazione delle mammelle, per scongiurare 
				le malattie e i tumori al seno e, più in generale, contro tutte 
				le malattie femminili. Numerosi sembra siano i casi di 
				guarigioni miracolose operate per intercessione di sant'Agata su 
				casi diagnosticati inguaribili. «L'anno scorso mi è stato 
				diagnosticato un cancro al seno, oggi sto bene - precisa la 
				donna - perché è stato individuato precocemente. Il mio è un 
				invito a tutte le donne a fare dei controlli, la prevenzione è 
				importante: è un dovere verso noi stesse e i nostri figli» 
				sottolinea Veronica. «Ho sempre seguito la Santa e da bambina il 
				racconto del suo martirio, l'idea che le venisse strappato il 
				seno mi impressionava. Oggi penso a tutte le donne che soffrono, 
				mi sento partecipe del loro dolore…». 
				  
				  
				  
				La processione percorre la 
				via Etnea, passando da piazza Università, Stesicoro e dalla 
				villa Bellini; successivamente imbocca la via Caronda 
				alla volta di piazza Cavour, o Borgo per i catanesi, per 
				i tradizionali fuochi d’artificio. 
				  
				Nella processione del 5 sera, 
				S. Agata, oltre ad essere preceduta dalle candelore, soprattutto 
				è preceduta da migliaia di devoti in “sacco” bianco che portano 
				per voto dei grossi ceri accesi.  
				Essi percorrono la 
				processione precedendo i numerosi devoti che tirano i due lunghi 
				cordoni della vara, illuminando il percorso e faticando molto 
				nel trasportare sulle loro spalle questi grossi ceroni, a volte 
				per chiedere una grazia, o a volte per ringraziare la Santa per 
				una grazia ricevuta. 
				  
				 
				  
				In alto i cuori e 
				anche gli smartphone 
				carmen greco  La Sicilia - 05 
				Febbraio 2014 
				  
				In alto i cuori e anche gli 
				smartphone. Una selva di telefonini illumina la cattedrale per 
				l'incontro dei devoti con S. Agata. E anche quando alle 7.15 il 
				busto reliquiario viene issato sul fercolo, i cellulari si 
				agitano tanto quanto i fazzoletti bianchi. 
				S. Agata torna con la sua 
				gente che l'accoglie con un boato affettuoso, nell'immenso 
				catino bianco e nero di piazza Duomo abbagliata da un 
				inaspettato sole di primavera. 
				Si è svegliata presto Catania 
				per rituffarsi nella sua festa, nel suo specialissimo 
				"capodanno". Il serpentone ondeggiante di "cittadini" sguscia 
				sotto l'arco di Porta Uzeda come un'onda che lambisce gli Archi 
				della Marina, giù fino alla stazione. Attraversa la solita 
				casbah di venditori di tutto: candele, statuette, poster, 
				torroni, magneti. L'effigie di S. Agata su tutto, la voglia di 
				festa su tutto. Voglia di una festa «nuova». 
				La mattina del 4 appartiene 
				alle famiglie. Nuvole di «Peppa Pig» e «Minion» navigano tra le 
				teste dei portatori di candelore. Bambini e passeggini, 
				merendine e biberon, sulle spalle di papà a guardare «quanto è 
				bella S. Agata». In piazza dei Martiri non vengono "sparati" i 
				fuochi per la delusione di chi li vedeva correre in piccole 
				nuvole verso il mare.  
				  
				 
				  
				L'incontro con i disabili, invece, c'è, 
				così come l'abbraccio con i gruppi di preghiera all'interno del 
				cordone. Negli anni passati sembrava più una tappa obbligata, 
				oggi c'è chi è pronto a giurare in una nuova consapevolezza 
				dell'incontro con l'altro da parte dei devoti. 
				C'è un passo diverso 
				nell'andatura del fercolo e si vede. Viale Libertà a tempo di 
				record e l'arrivo in piazza Carlo Alberto alle 15.20, lo 
				testimoniano. Non era mai successo. Quando le campane di S. 
				Gaetano alle Grotte cominciano a suonare non ci si crede. 
				Bisogna aspettare l'assordante conferma dei fuochi al Carmine 
				per rendersi conto che S. Agata è proprio lì, ai piedi del 
				Santuario. 
				  
				  
				 
				L'odore della polvere pirica 
				copre tutti gli altri, quelli della carne arrostita, 
				dell'incenso, dei cassonetti fradici lungo la salita verso la 
				chiesa. «Che schifo - si lamenta qualcuno - avrebbero potuto 
				almeno chiudere i coperchi». 
				Alla Fiera il mercato storico 
				ha levato le tende per far posto a S. Agata. Restano i venditori 
				improvvisati di polpette e di fette di cedro con il sale. Pochi 
				i balconi occupati, segno che in tanti sono fuggiti da un luogo 
				suggestivo ma dal quotidiano invivibile. 
				Le gradinate della Chiesa del 
				Carmine sono una sorta di galleria teatrale in attesa 
				dell'arrivo della «Star» e sulla piazza le voci e i rumori si 
				spalmano come in un unico brusio sorvegliato e attento. Sul 
				sagrato della chiesa i ragazzi del catechismo parrocchiale 
				inscenano gli ultimi giorni di S. Agata. Quando il cordone 
				arriva in piazza, la musica new age di Enya lascia il posto 
				all'Inno di S. Agata. Un'anziana La cerca con lo sguardo «Unn'è 
				Sant'Aita? ». 
				  
				 
				  
				Sulle facce dei catanesi 
				un'espressione da «stupor mundi», un lieve contagioso sorriso, 
				come quello dei bambini davanti a una montagna di gelato. 
				L'«effetto S. Agata» si fa sentire. Negli abbracci, nei mazzi di 
				fiori bianchi portati come una reliquia, nei saluti: «Per 
				Sant'Agata c'incontriamo sempre! ». Peccato che questo senso 
				della collettività, questa appartenenza condivisa, questo rito 
				identitario della "catanesitudine", sia un incantesimo che 
				svanisce dopo tre giorni. 
				Sant'Agata e la Madonna del 
				Carmine, patrona e compatrona, l'una di fronte all'altra. Per la 
				prima e seconda festa cittadina si mette in marcia lo stesso 
				popolo. Lo stesso che il parroco del Carmine, Francesco 
				Collodoro, si chiede «dove sia la domenica? », per poi incitarlo 
				a «non farsi fregare la speranza» e a «non aspettarsi sempre 
				tutto dagli altri. Ognuno deve fare la sua parte, come Agata ha 
				fatto la sua. Questo popolo può rendere Catania più buona, 
				bella, pulita, e non solo - chiosa - per la munnizza che qui in 
				piazza Carlo Alberto non manca mai... ». 
				  
				
				   
				Sono emozionanti le 
				storie che legano i fedeli a Sant' Agata.  
				Toccano il cuore per 
				l'intensità, per la forza capace di generare un amore senza 
				fine. Sono come sempre numerosi i devoti che seguono il fercolo, 
				tanti quelli che ne attendono il passaggio con i fiori in mano e 
				i ceri da donare alla Santa. 
				Il marito inconsolabile. I 
				ceri di Giovanni, due per l'esattezza, li tiene in mano la 
				cognata Antonia. Lui è visibilmente emozionato, accarezza il 
				capo di entrambi i suoi figli Lorenzo e Riccardo. Per il signor 
				Giovanni il passaggio segna un momento importante legato al 
				distacco dalla moglie scomparsa poco tempo addietro. Lui non 
				parla perché è troppo commosso ma ricorda al piccolo Lorenzo 
				cosa si sono detti a casa, prima di andare ad incontrare la 
				Santa patrona. «Devi chiedere una cosa importante a Sant'Agata» 
				sussurra Giovanni al figlio. «Sì - risponde Lorenzo - dobbiamo 
				offrire i ceri e chiedere a Sant'Agata di parlare con mamma 
				lassù in cielo e dirle che le vogliamo bene…». Non è devota zia 
				Antonia che però sottolinea: «Ci credo molto perché la sento una 
				festa del popolo e pur non essendo profondamente religiosa il 
				calore di tutta questa gente mi fa stare bene». 
				La mamma devota. «Entrambi i 
				miei bambini indossano il sacco» racconta Rosaria, giovane mamma 
				a tempo pieno. «E' qualcosa di intimo che deve restare dentro di 
				me, un legame che mi unisce alla Santa ma sì - confessa 
				timidamente - ho ricevuto una grazia e da dieci anni indosso il 
				sacco per devozione». Il piccolo Carmelo ha appena tre anni e 
				non solo indossa il sacco ma, insieme con il suo papà, Giovanni, 
				tira addirittura il cordone della vara. «Indosso il sacco da 
				trent'anni per grazia ricevuta da mia madre, praticamente sono 
				uscito dall'ospedale con il sacco già indosso…». 
				La famiglia ospitale. Da un 
				balcone lungo via VI Aprile la famiglia Sagù segue la 
				processione. «Non siamo devoti, nel senso che io non ho mai 
				indossato il sacco - afferma Angela, tra l'altro neomamma di una 
				splendida bimba di nome Dalila - ma la festa è appassionante, 
				credo nello spirito della devozione e ne rispetto il 
				significato». Non saranno devoti tradizionali i componenti della 
				famiglia Sagù, ma la signora Gresy e il marito Daniel sono 
				gentili e disponibili. «Devoti in fondo lo siamo un po' tutti 
				per una questione di cultura e folclore. Poi se andiamo a 
				cercare il pelo nell'uomo scopriamo che in pochi conoscono la 
				storia di S. Agata». «Nemmeno io ho mai indossato il sacco - 
				sottolinea la signora Gresy - ma, da sempre, sono molto legata 
				alla Santa». 
				Il devoto per lavoro. Il 
				genero della signora Gresy, Gaetano Porto, invece segue la 
				processione per fede e anche per lavoro. Da qualche tempo 
				gestisce una pagina su Facebook "Perché a Catania" e in questi 
				giorni sta seguendo la festa passo dopo passo postando video e 
				foto. «La festa è una cosa seria - afferma - ed è 
				indissolubilmente legata al concetto di catanesità. Chi, per 
				ragioni di lavoro o studio, vive lontano segue tutto con 
				interesse e il seguito è davvero incredibile». Proprio così, 
				basti considerare che la pagina ha 68.321 mi piace. Un vero 
				record. 
				L'avvocatessa emozionata. 
				Elena Cassella, avvocato "senza pausa", ci tiene a precisarlo: 
				«Non sono devota, chi mi conosce lo sa bene. Mi sono trovata ad 
				assistere al passaggio del fercolo al viale Libertà per caso, le 
				strane coincidenze della vita, non seguo proprio la festa. Sono 
				sempre di fretta. Ma oggi mi sono fermata…» afferma commossa e 
				ne spiega il motivo. «Oggi (ieri per chi legge) si celebra la 
				Giornata mondiale contro il cancro e Sant'Agata è la protettrice 
				della salute del seno: trovarmi qui mi è sembrato un segno del 
				destino perché due anni faè mancata una persona cara che 
				lavorava da tanto tempo con noi. Una donna che si chiamava 
				Agata…». 
				La Sicilia, Lucy Gullotta 
				  
				  
				  
			 
				  
				quindi essi promettono la 
				grossa torcia, di vario peso, tra cui molti tra i 50 o 100 kg. 
				Questi ceri quindi sono molto pesanti, e i devoti fanno molta 
				fatica a trasportarli sulle loro spalle, arrivando a fine 
				processione stremati dalla fatica e dal dolore. 
				Sommando il peso della cera 
				che si accumula, tra le migliaia di candele che vengono offerte 
				sul fercolo, soprattutto in questa giornata, e le grosse torce 
				portate a spalla dai devoti, che infine vengono mandate al 
				macero, questo peso supera di molto le tonnellate, Infatti, 
				durante la processione viene spesso effettuato lo scarico della 
				cera del fercolo, riempendo tantissimi camion di candele da 
				mandare al macero.  
				  
				
				 
				Questo è il testo del 
				«Messaggio alla città», pronunciato dall'arcivescovo mons. 
				Gristina ieri pomeriggio in piazza Stesicoro. 
				«Fratelli e Sorelle, ancora 
				una volta ci ritroviamo in questa splendida piazza che riesce 
				appena a contenerci. Siamo qui così numerosi e devoti perché 
				proprio in questi luoghi avvenne il martirio di S. Agata. Il mio 
				pensiero, in questo momento, corre alle persone che, pur non 
				essendo presenti qui fisicamente, ci seguono in collegamento e 
				specialmente a quelle ammalate che contemplano il volto della 
				nostra Patrona con fiduciosa speranza. A loro ed a voi, 
				carissimi amici, un affettuoso saluto, un ricordo nella 
				preghiera e il cordiale augurio di trascorrere serenamente 
				questi giorni di festa in onore di Sant'Agata. 
				  
				 
				  
				  
				«Guardiamo il volto 
				risplendente della nostra Santa Patrona per scoprire sempre 
				meglio il segreto che esso custodisce, per imparare a guardare 
				dove guarda Lei e per fondare la nostra vita dove l'ha fondata 
				Lei. Lo facciamo in questa città, che fu la sua città, in questi 
				luoghi dove, in un giorno di inizio febbraio dell'anno 251, i 
				soldati del governatore romano Quinziano le tolsero la vita, ma 
				non la libertà e la dignità. 
				«Che cosa aveva Sant'Agata di 
				così grande nel cuore, da essere capace di resistere alle 
				lusinghe e, poi, alle torture dei suoi carnefici? E' la domanda 
				che ancora oggi ci facciamo e che vogliamo riproporre alla 
				nostra attenzione. La giovane Agata non seguiva una ideologia, 
				le mode del tuo tempo, né seguiva una religione, ma una persona 
				che aveva afferrato la sua vita, Cristo. Per questo nella 
				tavoletta che fu collocata nel suo sepolcro troviamo scritto che 
				Ella si è lasciata guidare da pensieri santi, dal desiderio di 
				prestare onore a Dio e di ottenere la liberazione della sua 
				patria. 
				  
				 
				«Il legame con Dio e l'amore 
				alla sua città è stato testimoniato nei secoli in maniera 
				mirabile e molteplice. Fin da subito questa città l'ha vista 
				come un esempio da seguire, una figlia di cui tenere vivo il 
				ricordo, una patrona da imitare e invocare nei momenti cruciali 
				della vita. E per questo la sua fama s'è diffusa presto in tutta 
				la Chiesa d'Occidente e d'Oriente. 
				«Gli anni in cui visse S. 
				Agata, per certi versi, assomigliano ai nostri. Quelli di Agata 
				erano tempi di durissime persecuzioni contro i cristiani. Ma 
				anche oggi come non pensare ai nostri fratelli che in Medio 
				Oriente, in Siria, in Iraq sono stati costretti a lasciare 
				lavoro, case e città per non tradire la loro fede in Cristo? O 
				come non pensare alla situazione di nuovo paganesimo che stiamo 
				vivendo in questo scorcio di nuovo millennio? 
				  
				 
				  
				«Siamo liberi, ma la nostra 
				libertà è vuota, ci diciamo felici ma la nostra gioia non ci 
				soddisfa, facciamo con sempre maggiore frequenza l'esperienza di 
				una vita senza uno scopo preciso, significativo e duraturo. Ciò 
				perché abbiamo escluso Dio dal nostro orizzonte di vita 
				quotidiana e ci siamo affidati a tanti nuovi dei: il potere, il 
				piacere, l'interesse individuale. Viviamo spesso tristi, senza 
				gioia, senza speranza, senza futuro. Il tasso di natalità 
				diminuisce, le fabbriche chiudono, i quartieri, soprattutto 
				quelli periferici, sembrano desolati. 
				  
				
				 
				  
				«Non possiamo rimanere 
				insensibili e inerti di fronte al grido di chi soffre perché ha 
				perso il lavoro, perché ha subito violenza, è stato costretto a 
				emigrare. Per questo vogliamo tornare a guardare dove la nostra 
				Santa Patrona seppe guardare con coraggio e tenacia; vogliamo 
				uscire dal tunnel della tristezza, dal dramma della povertà, 
				dalla ferocia della violenza, per riscoprire invece la speranza, 
				la forza dirompente della solidarietà, l'amicizia e la 
				fraternità. E' questa l'unica via che ci permetterà di 
				sconfiggere la sconfortante delusione che spesso accompagna la 
				nostra esistenza. 
				  
				  
				«I santi, carissimi fratelli 
				e sorelle, non sono super-uomini, o super-donne, sono uomini e 
				donne come noi che ci testimoniano la verità dell'umano. Per 
				riscoprire questa verità elementare, la Chiesa italiana, e noi 
				con essa, siamo impegnati nel cammino di preparazione del 5° 
				Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 
				novembre di quest'anno. 
				  
				
				 
				  
				«Il tema del convegno parla 
				proprio di un "nuovo umanesimo" che si può raggiungere seguendo 
				Gesù Cristo e immedesimandosi con Lui. "L'accesso all'umano - ci 
				ricorda la traccia del Convegno di Firenze - si rinviene 
				imparando a inscrivere nel volto di Gesù Cristo tutti i volti, 
				perché Egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le 
				cicatrici". 
				«Agata è come un vetrino, un 
				tassello del volto luminoso di Cristo. Per questo le chiediamo: 
				tu che, rimanendo attaccata a Cristo, hai resistito al potere 
				tirannico, hai ridato speranza alla tua città e sei divenuta un 
				esempio per il mondo intero, aiutaci a non rassegnarci, a non 
				fidare solo sulle nostre povere forze, a guardare al dolore che 
				c'è attorno a noi, a sapere vedere il bene grande e nascosto che 
				c'è nella nostra terra. Perché, guardando te e guardando dove 
				guardi tu, anche noi possiamo avere pensieri santi, possiamo 
				desiderare di appartenere solo a Cristo ed essere disponibili a 
				lottare per la liberazione della nostra amata patria, della 
				nostra amata Catania. 
				Salvatore Gristina, 
				arcivescovo di Catania 
				La Sicilia, 5.2.2015 
				  
				 
				
				
				 
				La quantità di candele 
				offerte è così enorme, che le candele offerte sul fercolo, per 
				dare la disponibilità di accontentare tutti i fedeli che 
				vogliono la propria candela accesa, vengono accese per pochi 
				minuti e subito spente ed accantonate, formandosi nel retro del 
				fercolo una montagna di cera, che deve essere spesso scaricata 
				dopo poche centinaia di metri dallo scarico precedente. 
				  
			
			 
				  
				UNA PAUSA (e un 
				bacio) ad OGNI ARCATA DI 
				LUMINARIE   
				«Vendo più ceri 
				grazie alla crisi la gente li porta in chiesa e prega» 
				«Sembra un parodosso, ma è 
				grazie alla crisi se quest'anno sto vendendo più candele 
				rispetto al passato. La gente viene e mi dice: "Mi dia un cero, 
				così vado in chiesa, lo accendo e prego perché la mia situazione 
				familiare migliori"». Ma quella del signor Gambino, titolare di 
				una delle cererie più importanti della città, è l'eccezione. 
				Nelle altre, infatti, il trend delle vendite è in calo rispetto 
				all'anno precedente, «colpa della crisi» sostiene il signor 
				Cosentino, «ma forse colpa anche di un'assurda psicosi che 
				sembra essersi diffusa tra alcuni miei clienti, i quali hanno 
				disdetto diversi ordini di ceri destinati a Sant'Agata per paura 
				che, durante i momenti clou dei festeggiamenti, possa 
				verificarsi un attentato dell'Isis» dice il signor Viola, 
				titolare dell'omonima cereria in piazza Federico di Svevia. 
				«Un'altra leggenda metropolitana - continua Viola -. Ovviamente 
				ritengo che il motivo principale per cui sto vendendo meno ceri 
				sia la crisi economica. E io, da ex operaio, sono il primo a 
				dire alla gente che ha difficoltà a sbarcare il lunario di non 
				spendere i propri soldi per acquistare candele se prima non ha 
				portato da mangiare ai propri figli». 
				I rivenditori hanno 
				commentato, e criticato, l'ordinanza del sindaco Bianco che 
				vieta anche quest'anno, in occasione dei festeggiamenti per la 
				santa patrona, "l'accensione e il trasporto dei ceri accesi". «È 
				da diversi anni ormai che il Comune ripropone la stessa 
				ordinanza - dice il signor Cosentino - ed è dallo stesso numero 
				di anni che non viene rispettata. E sa perché? Perché è 
				un'ordinanza stupida. Se tu, Comune, poni un divieto, devi 
				offrire ai devoti un'alternativa. E non mi vengano a dire che 
				gli spazi offerti per l'accensione dei ceri sono idonei e 
				sufficienti, perché non lo sono affatto. Credo, tuttavia, che la 
				flessione delle vendite non sia dovuta all'ordinanza sindacale, 
				ma semplicemente alla crisi. Prima con 50.000 lire un padre di 
				famiglia portava a casa diversi ceri che bastavano per tutti. 
				Oggi con 25 euro, che è l'equivalente, purtroppo prendi davvero 
				poca roba». 
				«Io vendo ceri e dunque il 
				mio parere sarà giudicato di parte - dice il signor Viola -. 
				Cerco dunque di essere obiettivo. Perché il Comune non ha 
				ritenuto giusto e corretto trovare un punto d'incontro tra le 
				legittime esigenze di sicurezza e le altrettanto legittime 
				aspettative ed esigenze dei fedeli che vogliono accendere un 
				cero alla santa? Perché non ha mai sentito l'esigenza di 
				convocarci attorno a un tavolo per trovare insieme soluzioni 
				condivise? Vietare è la cosa più facile che un'amministrazione 
				possa fare. Ma così si va contro le ragioni dell'altro, senza 
				nemmeno provare a sentire quali sono le sue esigenze. Accendere 
				un cero, piccolo o grande che sia, a Catania è da sempre una 
				tradizione, una dimostrazione di fede, una volontà di voto». 
				«Guardi, la mia famiglia ha 
				quest'attività da quattro generazioni, sin dal 1795, dunque 
				l'ordinanza del sindaco non mi potrebbe mai trovare d'accordo - 
				dice il signor Gambino -. Bisogna trovare soluzioni nel rispetto 
				di chi porta avanti una tradizione pluridecennale. Per esempio, 
				perché non mettere 10 centimetri di segatura lungo tutto il 
				percorso, via Etnea e via Caronda soprattutto, chiudendole al 
				traffico già tre giorni prima del giro interno? Finita la festa, 
				la cera verrebbe rimossa con facilità. Questo venne fatto 
				diversi anni fa, credo con Scapagnini sindaco, e funzionò. I 
				luoghi che il Comune indica per l'accensione dei ceri sono 
				insufficienti. Potrebbero bastare sono per chi ha ceri piccoli. 
				Ma quei fedeli che fanno voto, non rinuncerebbero mai e poi mai 
				a portare sulle spalle il loro cero da piazza Duomo fino al 
				Borgo, e solo qui lo "consegneranno" alla santa. Non ci sono 
				ordinanze che possano impedirlo. Tanto vale, dunque, studiare 
				soluzioni alternative, perché alla sicurezza ci teniamo tutti, 
				non solo il Comune». 
				Non solo ceri nella 
				tradizione dei festeggiamenti agatini. Anche le mercerie di 
				solito concludono buoni affari, soprattutto quelle del centro 
				storico che vendono il sacco bianco, ovvero la veste devozionale 
				indossata da migliaia di devoti nei giorni clou della festa, e 
				il cappellino nero, che i catanesi chiamano "scuzzetta".  
				  
				 
				Levendite procedono lentamente, più lentamente del solito - dice 
				il titolare della merceria "Lara" di via Manzoni -. Rispetto 
				all'anno scorso registriamo una flessione di circa il 40%. Credo 
				che qualcosa stia cambiando nell'approccio con la festa. La 
				gente forse preferisce assistere alle fasi salienti della 
				processione, allo spettacolo dei fuochi pirotecnici, e pensa 
				meno all'aspetto religioso. Avverto un calo di fede. Spero sia 
				solo una mia sensazione». 
				Per il signor Zuccarello, 
				dell'omonima merceria di via Manzoni, «il trend di vendite è 
				stabile. Non vedo differenze con gli anni precedenti - dice - e 
				per fortuna questo è un buon segno, considerato il momento di 
				crisi che attraversiamo. In questa edizione 2015 spicca un dato 
				su tutti: stanno andando a ruba i sacchi per i neonati. Vedremo 
				tantissimi pargoletti durante la processione vestire l'abito 
				devozionale. Un omaggio dei genitori alla santa patrona, alla 
				quale si affida il futuro dei propri figli». 
				Vittorio Romano, La Sicilia, 
				3.2.2015 
				  
				 
				Questa è una processione che avanza molto lentamente, più 
				lentamente del giorno precedente, per via della grande offerta 
				di cera sul fercolo, per i moltissimi scarichi delle candele sui 
				camion, e per la grande calca di folla; infatti la Santa, arriva 
				in piazza Borgo in tarda nottata, e di anno in anno 
				sempre con più ritardo nella tabella di marcia, oltre le ore 
				3,00 del 6 febbraio;
 
				  
				il ricercato 
				effetto "Caravaggio" effettuato dalle migliaia di fotografi nelle 
				sere di festa 
				 
				  
				  
				Dopo il Borgo, S. Agata ridiscende durante la fredda notte 
				invernale per la via Etnea verso la Cattedrale, ed 
				arrivando all’angolo con la via A. di San Giuliano, o i 
				“Quattro Canti” per i catanesi, effettua l’emozionante corsa
				della salita di Sangiuliano, intorno le prime ore del 
				mattino, oppure a giorno fatto..
 
				  
				 
				Questa salita è molto 
				pericolosa perchè stretta, ripida e scivolosa, e con la grande 
				calca di popolo, ogni anno viene sempre più difficoltosa 
				eseguirla, creando spesso incidenti molto gravi, tra cui la 
				morte di un devoto, Roberto Calì, morto nel tragico incidente 
				dell’edizione 2004, scivolato involontariamente e schiacciato 
				dagli altri devoti caduti a catena sopra di lui. 
				
				 
				  
				
				
				 
				  
				
				 
				  
				  
				Berlusconi: "Vi 
				restituirò i fuochi del Borgo"Martedì 05 Febbraio 2013 - 19:21 di Francesca Marchese
 L'ironia corre su Facebook e Berlusconi promette: "Vi restituirò 
				i fuochi del Borgo". E' questo il meme che si sta diffondendo 
				oggi tra i profili catanesi in occasione della Festa di 
				Sant'Agata. I Fuochi del Borgo, una delle tradizioni più care ai 
				catanesi, quest'anno non si svolgeranno p
  er difficoltà 
				economiche del Comune. L'immagine, modificata al Photoshop, 
				raffigura un devoto con il sacco agatino mentre accende un cero 
				a Sant'Agata davanti alla chiesa Collegiata: il viso del devoto 
				è proprio quello di Berlusconi. Sotto il messaggio, il simbolo 
				di un partito politico. Su Twitter: #LiveSAgatN  
				  
				  
				nel 2014 tornano i fuochi 
				del Borgo  
					
					C’è una novità significativa nelle 
					celebrazioni agatine di quest’anno: tornerà (a grande 
					richiesta) lo spettacolo pirotecnico del Borgo, una tappa 
					tradizionale, durante la processione del 5 febbraio, che lo 
					scorso anno è stata cancellata a causa della spending review 
					sulla festa. 
					Nonostante un’ulteriore,  ma 
					lieve decurtazione sul budget dei fuochi, la Vaccalluzzo 
					Event ha deciso di riaccendere il cielo di piazza Cavour con 
					uno spettacolo che si materializzerà appena la Patrona di 
					Catania si affaccerà sul Borgo. La notizia è stata 
					confermata anche dal sindaco Enzo Bianco. 
					“C’è stata una piccola decurtazione 
					del budget rispetto allo scorso anno, ma abbiamo 
					deciso di impegnarci direttamente per realizzare lo 
					spettacolo dei fuochi del Borgo. Ci è sembrato 
					giusto nei confronti dei devoti e delle persone che seguono 
					la festa, ed anche un nostro atto di devozione nei confronti 
					di Sant’Agata”, ha commentato Alfredo Vaccalluzzo che 
					considera da sempre la festa di S.Agata un fiore 
					all’occhiello della sua produzione. 
					Il maestro pirotecnico è oggi al 
					lavoro per gli ultimi ritocchi, sul piano della sicurezza, 
					agli spettacoli pirotecnici della Festa in particolare al 
					piromusicale della ‘sira o tri’ che si preannuncia, anche 
					quest’anno, particolarmente emozionate. 
					
					
					http://catania.blogsicilia.it/alla-festa-di-s-agata-tornano-i-fuochi-del-borgo/234385/ 
					  
					  
					
					 
			
			
 
			  
			
			 
			
			
			 
 |