Oggi molta strada da fare lungo la Sierra Nevada: da Las Vegas fino al ritorno in California, a Mammoth Lakes.

A questo punto devo spezzare una lancia a favore dei viaggiatori "fai da te".

Cominciamo con i "pro" dei viaggi organizzati: mancanza di problemi che non sono tuoi perchè te li risolvono, in tua vece, le guide dei tour operator per tutta la giornata,  compresi attrazioni, soste tecniche, pranzi, biglietti, insomma tutto. Inoltre hanno dei canali preferenziali evitandoti di fare file immani davanti ai parchi nazionali; non ti fanno perdere tempo a cercare dove pranzare perchè sanno già dove portarti e, soprattutto, ti tolgono quella paura dello smarrimento evitandoti spiacevoli momenti in cui ti scoppia la testa perchè magari ti ritrovi nel deserto dell'Arizona e hai davanti a te soltanto un vecchio contadino che si sganascia dalle risate sentendo i  tuoi disperati tentativi di farti capire.

Se vinci queste paure e ti piace vivere alla giornata, se nella tazza della tua colazione c'è più adrenalina che caffellatte, i vantaggi del "turista fai da te" sono molto più affascinanti. Prima di tutto puoi decidere da solo senza chiedere il permesso a nessuno, consapevole che potrai anche ritrovarti nel mezzo di un temporale a un passaggio a livello fra campi di cotone, ma felicissimo di dire "mi sono perso ma me la sono voluta io. E poi, perdendomi, ho visto questo e quello. Che bello!" 

Per certi versi così è molto più "on the road", più alla Marlboro Country per intenderci. Però, vista l'America quant'è grande, bisogna 

 

 

 

 

anche avere un minimo di conoscenza del  Paese ed esserci stato già almeno una volta, nonostante la segnaletica americana sia molto efficiente e comprensibile.

Quindi potrebbe accadere lo stesso di perdersi, anche se per alcuni l'avventura fa parte del gioco. Anzi, si va cercare l'errore sulla mappa volutamente, per vedere che c'è dietro la curva.

Ecco, con i tour operator questo non potrà mai capitare perchè sono pignoli, rigidi, decidono per te "in tutti i sensi", fiscali anche quando devi far pipì, e se proponi piccolissime variazioni al programma di viaggio (per esempio, un caffè a Williams distante solo un miglio dalla Interstate 40 che stai percorrendo), tosti come sono  - e se sono americani ancora peggio -  ti rispondono che non è possibile e che ciò provocherebbe ritardi sulla tabella di marcia. Ma se siete dei pigri e così vi va bene, questo è quello che fa per voi per vedere l'America comodamente.Tuttavia, considerate che per vederla davvero occorrono un paio di mesi. Il sottoscritto ha visto solo il 10%, ma è contento lo stesso.

Chi ha letto On the road ha da sempre sognato di tagliare gli States in lungo e in largo, south to north, east to west; insomma, coast to coast attraverso le sue storiche e leggendarie "Highway".  Alle sue dritte (senza mai curvarsi per migliaia di miglie) e storiche roads è dedicata questa pagina.

Ragazzi, se non  fate a vent'anni quello che ho scritto qui, dopo non lo farete più. Fatelo adesso, ascoltatemi, perchè quando in futuro leggerete queste pagine (se esisteranno ancora) vi mangerete le mani!

Poi non dite che non ve l'ho detto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensate ai film di John Wayne, al classico vecchietto del west con la voce stridula, ai pistoleros dei film western. Goldfiedl, prima capitale del Nevada e antico centro di minatori e di pionieri, è ormai un insediamento abbandonato e appartenente alla categoria delle città fantasma. Ormai malinconicamente deserta, si trova a malapena sulla carta degli Stati Uniti. E' famosa perchè era un importante avamposto del movimento Hippy e per essere stata una classica tappa della mitica "Febbre dell'oro".

Il mondiale che segna l’ascesa del grande promoter Tex Rickard, l’incontro più lungo mai disputato sotto le regole del marchese di Queensberry ed il primo capitolo di una storica trilogia. In una cittadina del Nevada che si era da poco scoperta ricchissima grazie alle sue miniere d’oro, Joe Gans, il primo afroamericano della storia capace di conquistare un titolo mondiale, soprannominato “Old Master” per la sua tecnica sopraffina, difende il titolo contro il bianco danese Battling Nelson, detto “Durable Dane” per le sue straordinarie capacità di tenuta ai colpi ed alla distanza. La sfida fa registrare un incasso al botteghino senza precedenti: 90.000 dollari. Nei primi dieci round Gans infligge all’avversario una durissima punizione, mandandolo più volte al tappeto. Frustrato dalla sua abilità, Nelson si rende protagonista di ripetute scorrettezze attirandosi le ire degli 11.000 spettatori presenti, tra i quali il figlio del Presidente degli Stati Uniti Teddy Roosevelt. Malgrado una frattura alla mano destra rimediata nel corso della 33^ ripresa, Gans tiene in mano le redini dell’incontro grazie all’uso magistrale del jab sinistro fino a quando, nel 42° round, Nelson va a segno per l’ennesima volta con un plateale colpo sotto la cintura, costringendo l’arbitro George Siler ad emettere un verdetto di squalifica.

 

 

Goldfield è un census-designated place trova a Esmeralda County, Nevada, Stati Uniti. Le sue date di origine dei primi del Novecento, l'anno 1902, quando folle di persone sono venuti a lavorare nelle numerose miniere della zona.

Nel 1906 ha raggiunto il suo picco massimo di popolazione, con circa 30.000 persone intervistate, quattro anni più tardi, nel 1910 ci sono stati solo 4.838 abitanti secondo il censimento.

Oggi è un census-designated place semi-abbandonato, nel 2000 vi erano 440 persone che lo abitavano. Il paese è famoso per essere stato incluso nelle città fantasma itinerari turistici e ringrazia anche gli americani serie televisiva fantasma asilo che hanno indagato il Goldfield hotel due volte in cerca di fenomeni paranormali.

Storia

L'oro è stato scoperto a Goldfield nel 1902, anno della sua fondazione. Due anni più tardi, aveva distretto Goldfield prodotto circa 800 tonnellate di minerale, del valore di $ 2,3 milioni, il 30% dello stato di quell'anno. Questa notevole produzione causato Goldfield a crescere rapidamente, e presto divenne la più grande città dello stato con circa 20.000 persone.

Il più ricco Goldfield residente era George Graham Rice, ex falsario controllo e giornalista, e presto si promotore di azioni minerarie. Il crollo della sua azienda e dei suoi titoli minerari associati causato il fallimento dello Stato Banca Goldfield nel 1907. Rice ha lasciato in fretta Goldfield, ma altri hanno continuato a promuovere azioni minerarie per un altro quarto di secolo.

Un altro residente di spicco del 1908 è stato George Wingfield, uno degli imprenditori del Nevada, che ha costruito il Goldfield Hotel. In collaborazione con il suo partner George S. Nixon, Wingfield ha iniziato a Belmont, Nevada, nel 1901 e poi ha visto il potenziale di Goldfield dopo estrazione a Tonopah, a pochi chilometri a nord. George S. Nixon e Wingfield fatto una fortuna in Goldfield formando il Goldfield consolidato Mining Company. Nel 1906 avevano un valore di $ 30 milioni.

Wingfield trasferisce a Reno, poco dopo aver realizzato che la sua grande ricchezza potrebbe diffondersi attraverso il nord del Nevada e California del Nord. Tra il 1903 e il 1918, l'estrazione mineraria nelle due città è passato da 2,8 milioni di dollari a 48,6 milioni dollari.

Wyatt Earp e Virgil venuto a Goldfield nel 1904. Virgilio è stato assunto come vice-sceriffo nel gennaio del 1905 Goldfield. Quello stesso anno, ha contratto la polmonite e, dopo sei mesi di malattia, è morto il 18 ottobre 1905. Il suo compagno di squadra Wyatt Earp morì nella città subito dopo.

 

 

Goldfield ha raggiunto un picco di popolazione di circa 20.000 persone nel 1906 e ha organizzato un campionato leggero pugilato tra Joe Gans e Oscar "Battling" Nelson. Oltre alle miniere, Goldfield era sede di grandi opere di riduzione. Produzione di oro nel 1907 è stato di $ 8,4 milioni, e l'anno successivo, la città divenne la contea. Dal momento che la produzione era 4,88 milioni dollari.

Nel censimento del 1910 la sua popolazione era ridotta a 4.838. Nel 1912, la produzione di minerale è sceso a $ 5 milioni e la più grande compagnia mineraria ha lasciato la città nel 1919. Nel 1923, un incendio causato da un'esplosione nel processo di vinificazione ha distrutto la maggior parte degli edifici della città infiammabile. Alcuni edifici di mattoni e pietra davanti al fuoco rimangono, tra l'hotel e la scuola.

Poco dopo minerario su larga scala è iniziata, i minatori hanno organizzato una sezione locale della Western Federation of Miners, e in questo ramo sono stati inclusi molti lavoratori in Goldfield. Ci sono stati diversi scioperi nel mese di dicembre 1906 e gennaio 1907 per chiedere salari più alti. A marzo e aprile 1907, perché i proprietari hanno rifiutato di rispettare i falegnami che erano membri della Federazione Americana del Lavoro, ma non nella Federazione Occidentale dei Minatori e dei Lavoratori Industriali del Mondo membro di esso, questo Quest'ultima organizzazione è stata, a seguito dello sciopero, costretta ad uscire Goldfield.

Da agosto 1907, una regola è stata introdotta in alcune delle miniere che necessitano di minatori di cambiare i vestiti prima di entrare e dopo aver lasciato le miniere di regola. Secondo gli operatori, dal furto all'ingrosso prezioso minerale. Nel novembre e dicembre 1907, alcuni dei proprietari ha adottato un sistema di controlli pagamento in contanti. Fatta eccezione per gli attacchi occasionali sulla non-lavoratori sindacalizzati, o chi non dovrebbe essere solidale con il sindacato dei minatori, si è verificato un grave turbamento Goldfield, ma nel dicembre del 1907, il governatore Sparks, su insistenza del proprietari delle miniere, appello al presidente Theodore Roosevelt di inviare truppe federali a Goldfield, sulla base del fatto che la situazione era inquietante, che la distruzione della vita e della proprietà sembrava probabile, e che lo Stato non aveva milizia e sarebbe in grado di mantenere l'ordine.

Poi il presidente Roosevelt ordinò generale Frederick Funston, comandante della Divisione di California, San Francisco, a procedere con 300 truppe federali per Goldfield. Le truppe arrivarono a Goldfield il 6 dicembre, e subito dopo, i proprietari delle miniere ridotti i salari e ha annunciato che nessun membro della Western Federation of Miners successivamente essere impiegato nelle miniere. Roosevelt, per convincere se stessi che le condizioni non fossero state giustificate, immediatamente ritirato le truppe e potrebbe portare a una condizione grave, e ha convenuto che devono rimanere per un breve periodo con la condizione che lo Stato dovrebbe organizzare immediatamente una milizia adeguata o le forze di polizia. Di conseguenza, una sessione speciale del legislatore è stato chiamato immediatamente, stato di polizia è stata organizzata e 7 Marzo 1908 le truppe sono state ritirate. Da allora il lavoro a poco a poco ripreso nelle miniere, il concorso è stato vinto dai proprietari della miniera.

http://vipmulher.com/contenuti/article_32845.html

I "Magnifici Sette", girato a Goldfield nel 1960

 

 

 

 

 

 

 

Un vero fuorilegge, uno che aveva messo su una banda per rapinare le ferrovie e le banche nel sud-ovest degli Stati Uniti. Tuttavia, benché fosse uno dei banditi più ricercati d'America, divenne noto come una specie di "ladro gentiluomo"; una simpatica canaglia, come ce lo tramanda la tradizione, capace addirittura di farsi benvolere e di risultare simpatico. D'altronde la mitologia legata al personaggio racconta che non ha mai ucciso e che fosse una persona estremamente simpatica e alla mano.
Robert Leroy Parker, questo il suo nome all'anagrafe, nacque a Beaver nello Utah il 13 Aprile 1866. Ultimo di tredici figli di una famiglia di mormoni (e forse da questo si può far risalire la sua "mitezza"), trascorse la sua adolescenza presso il ranch di Circleville nello Utah. Qui conobbe un navigato cowboy chiamato Mike Cassidy, che ebbe una notevole influenza su di lui instradandolo all'arte della rapina.

Negli anni successivi Robert si allontanò da casa e lavorò in diversi ranch, seguì una strada che lo portò a essere un cowboy errante e un fuorilegge. Nel 1892 si fermò a Rock Spring nel Wyoming dove indossò il grembiule da garzone in una macelleria e proprio qui ottenne il soprannome "Butch" (Macellaio).
Da allora decise di cambiare nome; assunse il cognome Cassidy in parte in onore di quell'uomo che ammirava tanto ma anche perché era il nome di un fuorilegge già conosciuto: agli occhi di Butch era un ottimo "biglietto da visita".
Il primo colpo della banda di Butch Cassidy, anche se fallito per via dell'intrepido impiegato che si rifiutò di aprire la cassaforte malgrado la minaccia delle armi, risale alla sera del 3 novembre 1887 alla ferrovia Rio Grande di Denver, nel Colorado. I componenti della banda avendo concordato di non spargere sangue si allontanarono a mani vuote.
Ci riprovarono il 30 marzo 1889, questa volta ai danni della First National Bank di Denver. La banda era composta da Butch Cassidy e Tom McCarty. Cassidy informò il direttore che era a conoscenza di un complotto per rapinare la banca e al direttore pallido e concitato che chiedeva lumi in merito rispose: "Come sono venuto a saperlo? Semplice sono io l'organizzatore." Estrasse una bottiglietta dicendo che era nitroglicerina e che sarebbe saltato tutto in aria: gli venne subito erogato un assegno di 21.000 dollari.
Butch Cassidy e Tom MacCarty uscirono dalla banca e Butch gettò in un cestino la bottiglietta che conteneva solo acqua.


Il primo crimine imputato alla banda fu la rapina alla banca San Miguel a Telluride, Colorado, il 24 giugno 1889 compiuta insieme a Tom McCarty, Matt Warmer, e Bart Madden. Perfettamente riuscita, dopo aver immobilizzato il cassiere: prelevarono 10.000 dollari. La banda ne uscì senza spargimenti di sangue, trascorrendo l'inverno alla macchia.
Seguirono anni di scorrerie, rapine e momenti di "riposo", in cui Butch per far calmare le acque dopo un colpo, si dava anche a qualche lavoro onesto; poi estese la sua attività criminale anche al furto di cavalli. Fra le altre cose questa sorta di Robin Hood del west, pare che si impegnasse a portare medicamenti e conforto a malati della zona. Non mancarono fatti tragici con alcuni morti ammazzati fra gli uomini della banda. Nel 1894, dopo aver tentato una rapina a mano armata, venne sorpreso dallo sceriffo Ward che, dopo uno scontro a fuoco, riuscì a ferire il bandito e ad arrestarlo. Butch Cassify venne rinchiuso in gattabuia per due anni dove però non smise di architettare rapine e colpi definitivi. Propositi puntualmente realizzati una volta aperte le porte del penitenziario. Butch per l'occasione catalizzò intorno a sé un gruppo di criminali, una trentina di persone, che si erano ribattezzati Gruppo Selvaggio: subito ne divenne il nuovo capo (al suo fianco vi era anche il mitico compagno di avventure Sundance Kid). La maggioranza dei crimini della banda avvenne tra il 1896 e il 1901 con colpi clamorosi, come quello del 1897 in cui si impadronirono degli stipendi dei minatori di Castle Gate. Altri sconsiderati assalti seguirono, ma in particolare una rapina al treno della Union Pacific a Tipton, nel Wyoming, il 29 agosto 1900, contribuì a farlo identificare (venne riconosciuto dalle numerose persone a bordo).
Butch decise di andare in Sud America per respirare aria migliore ma servivano altri soldi: si procurò un bel malloppo a forza di svaligiare altre banche e treni. Poi scomparve dalla circolazione.Di lui si sa che trascorse questa specie di esilio volontario, braccato, insieme all'inseparabile Sundance, fra Argentina, Bolivia e Cile, nel timido tentativo di lavorare come onesti allevatori.
In un cruento scontro a fuoco con le forze dell'ordine boliviane avvenuto il 6 novembre 1908 (data presunta) pare che Cassidy e Sundance siano morti. Pare, perché nessuno ha la certezza che fossero loro. Molti accettarono l'idea che i due "americanos" morirono nella sparatoria di San Vicente, ma la leggenda vuole che i due si lasciarono credere morti e che passarono la loro vecchiaia nel West sotto falso nome.

A lui è dedicato il famoso omonimo film di George Roy Hill, del 1969, con Paul Newman (Butch Cassidy) e Robert Redford (Sundance Kid) che a tutti quelli che non lo hanno ancora visto consigliamo. Redford è rimasto tanto affezionato a quel ruolo da battezzare "Sundance" il festival del cinema da lui promosso.

 

 

Interstate Highway System è il nome abbreviato del sistema autostradale degli Stati Uniti d'America. La denominazione per esteso è Dwight D. Eisenhower National System of Interstate and Defense Highways, dal nome del presidente che era in carica al momento della creazione della rete, Dwight D. Eisenhower.
Nel 2004, lo sviluppo della rete autostradale statunitense era di 75.376 chilometri.

La costruzione delle autostrade statunitensi è finanziata dal governo federale che ne stabilisce anche le norma di realizzazione; tuttavia, esse sono gestite e mantenute dai singoli stati o da autorità per la riscossione del pedaggio.

La rete autostradale connette tra loro tutte le principali città degli Stati Uniti; a differenza di ciò che avviene in altri paesi industrializzati, per esempio in Europa, dove le autostrade non attraversano i centri storici ma al massimo le periferie, fungendo in tal caso da tangenziali, alcune autostrade statunitensi si addentrano nei centri urbani. Questo fatto è correlato al modello di espansione urbana diffuso negli Stati Uniti, nota come città diffusa, in cui l'automobile ad uso privato è il mezzo di trasporto più utilizzato.

La rete autostradale americana fu progressivamente creata a partite dal 1956, quando fu emanato il Federal-Aid Highway Act con il quale il governo federale iniziò a finanziare la costruzione di nuove autostrade. Tra i maggiori sostenitori del progetto furono lo stesso presidente Eisenhower — ispirato dalle Autobahn tedesche — e le principali case automobilistiche americane. La nuova rete autostradale era ritenuta una componente essenziale del sistema di difesa degli Stati Uniti, in quanto era in grado di supportare il dispiego di truppe e rifornimenti militari sul territorio, in caso di conflitto.In realtà l'intenzione da parte del governo americano di realizzare un sistema federale di autostrade risale a più di trent'anni prima, precisamente al 1921. In quell'occasione, il Bureau of Public Roads (una divisione del Dipartimento ai Trasporti che si occupava della gestione delle strade statali) incaricò l'esercito di redigere una mappa delle autostrade che si riteneva fossero necessarie per la difesa nazionale.Anche se la costruzione di nuove autostrade continua tuttora, la rimozione dell'ultimo cantiere sulla Interstate 90 in Idaho, avvenuta il 15 settembre 1991, può essere considerata come il completamento dell'Interstate Highway System. La realizzazione dell'intero sistema ha comportato un costo complessivo di 114 miliardi di dollari (che in realtà, considerata l'inflazione, salgono a 425 miliardi di dollari) e 35 anni di lavori. Il costo stimato nel 1956 era invece di soli 25 miliardi di dollari, e la durata prevista di 12 anni.

Le autostrade facenti parte dell'Interstate Highway System devono rispettare le norme stabilite da un ente governativo federale, l'AASHTO (American Association of Highway and Trasportation Officials, che si traduce in associazione americana per le norme ufficiali delle strade e dei trasporti).

Molte di queste caratteristiche sono comuni allo standard autostradale di molti altri paesi: controllo di accesso, completa assenza di intersezioni a raso e passaggi a livello, carreggiate separate e almeno due corsie per ogni senso di marcia.

Altri parametri riguardano la larghezza minima delle corsie (3,60 m) e delle banchine laterali (3 m esterna e 1,2 m interna), la forma e le dimensioni dello spartitraffico centrale (almeno 3 m in aree urbane e almeno 11 m in aree rurali, con o senza barriera), la pendenza massima (6% in aree montuose o urbane collinari).

Infine, altre disposizioni riguardano l'altezza minima delle strutture (ponti, gallerie, ecc..) dal piano stradale e la pendenza orizzontale della pavimentazione, al fine di drenare correttamente la pioggia, e limitazioni al numero di connessioni con la viabilità ordinaria (la distanza tra due svincoli consecutivi non deve essere inferiore ai 5 km in aree rurali, e ai 1,6 km in aree urbane).

I limiti di velocità applicati ai veicoli che circolano sulla rete sono fissati dal codice stradale in vigore nei vari stati. Ad ogni modo il limite di velocità sulle autostrade urbane varia tra le 50 e le 65 miglia orarie (cioè tra gli 80 e i 105 chilometri all'ora), mentre sulle autostrade extraurbane varia tra le 65 e le 80 miglia orarie (cioè tra i 100 e i 130 chilometri all'ora).Le autostrade della rete interstatale statunitense sono identificate dalla lettera I seguita da un numero identificativo a una, due oppure tre cifre. 

Questo sistema di numerazione fu introdotto nel 1957 dall'AASHTO, che tuttora è responsabile dell'assegnazione dei numeri alle nuove autostrade che entrano a far parte della rete, eccezion fatta per i casi in cui il numero di una certa strada è imposto per legge federale.La maggior parte delle strade che compongono il sistema ha un numero a due cifre (le uniche che detengono un numero a una sola cifra sono la I-4, la I-5 e la I-8), mentre i numeri a tre cifre sono destinati alle diramazioni.
Per l'assegnazione del numero è seguito un criterio geografico: le strade che seguono un andamento nord-sud hanno numero dispari, che incrementa procedendo da ovest verso est; le arterie est-ovest hanno invece numero pari, che incrementa da sud verso nord. Le autostrade con numero multiplo di 5 sono considerate, salvo qualche eccezione, le dorsali principali del sistema (per esempio, la I-5 segue l'intera costa occidentale degli Stati Uniti dal confine con il Canada a quello con il Messico, e la I-90 attraversa il continente da Seattle a Boston).
Alla regola di numerazione esiste qualche eccezione: nella fattispecie, non esistono né una I-50 né una I-60 così come non sono stati assegnati i numeri pari tra 46 e 62, il più delle volte per evitare ambiguità nel caso in cui esisteva già, nel medesimo stato, una strada statale con lo stesso numero. Non sono rari, inoltre, i casi in cui un solo tratto autostradale fa parte di due o più percorsi (in questo caso si parla di numerazione concorrente). L'eccezione più vistosa alla regola di numerazione è la non univocità dei numeri, in quanto esistono (seppur agli estremi opposti del continente) coppie di autostrade che hanno il medesimo numero, ossia la I-76, la I-84, la I-86 e la I-88. Questa ambiguità esiste sin dagli anni 70 quando il sistema di numerazione subì una revisione.

Un viaggio "On the road" sulle orme di Jack Kerouac.

Il viaggio, la liberta’, la scoperta, la solitudine, la gioventu’. Cinque parole che accomunano la vita e le opere di Jack Kerouac, lo scrittore americano autore di un libro mito degli anni Cinquanta e Sessanta: "Sulla strada" ("On the road"). Un libro che segnato la vita di molti viaggiatori, la cui influenza sulle generazioni successive e’ stata e continua ad essere moltissima.

Kerouac (nato a Lowell nel 1922), scrisse il libro nel 1957, in sole tre settimane su una rotolo di carta da telescrivente lunga quaranta metri. Protagonista del romanzo e’ Sal Paradise, uno scrittore di novelle del New Jersey, e del suo viaggio "coast to coast" attraverso l’America , sul pullman, in autostop ed infine nell’auto guidata dal folle compagno Dean Moriarty, vero "cowboy su quattro ruote". Pur essendo un romanzo il libro e’ fortemente autobiografico, raccontando le vere esperienze che Kerouac visse in prima persona assieme all’amico e meccanico Neal Cassady.

Quattro sono i viaggi raccontati da Kerouac in "On the road", il primo dei quali e’ sicuramente il piu’ affascinante: il viaggio da New York sino a Los Angeles, passando per Chicago, Denver e San Francisco. Attraversando i Grandi Piani ed il le terre del West e della Frontiera. E’ sulle orme del viaggio intrapreso da Kerouac-Paradise, che presentiamo il nostro consiglio di questa settimana. Un viaggio in auto non-stop dalla costa Atlantica a quella Pacifica, attraverso le grandi strade americane.

 

Un viaggio lungo la memoria per scoprire davvero l’America, luogo perfetto, con i suoi grandi spazi e gli immensi panorami, le sue sterminate highway e interstate, i suoi motel tutti uguali e le sue gas station, per il viaggiatore "da strada" che ama scoprire i paesaggi macinando chilometri su chilometri. Che, da costa a costa, sono quasi 5.500, attraversando tredici stati e quattro fusi orari. Si parte allora, come fece proprio Kerouac, da Paterson, venti minuti d’auto da New York sulla statale 21 del New Jersey. Da li’ si comincia il viaggio verso West, attraversando con l’interstate 78 le colline della Pennsylvania e le campagne dell’Ohio e dell’Indiana.

Uno degli itinerari preferiti dei viaggiatori "coast to coast" e’ quello che segue il percorso della vecchia Lincoln Highway. Costruita nel 1915, fu la prima strada a dividere in due l’America collegando New York a San Francisco. Per rintracciarne i resti occorre seguire la US 30 fino in Wyoming e poi proseguire sulla 50, definita la "strada piu’ solitaria d’America". Lungo queste strade si possono trovare i veri "monumenti storici" di un paese che non ha memoria: i Lincoln Motel o i numerosi snack bar che riportano ai mitici anni Cinquanta descritti dal telefilm "Happy Days" (vi consigliamo a questo proposito l’Al Diner di Valparaiso, in Indiana), o le rivendite di auto storiche e usate (tra questi il Lincoln Highway Packard di Schellsburg in Pennsylvania, o il Car Antiques a St. Thomas, o ancora meglio da Duffy’s, a Cedar Rapids nello Iowa, la piu’ grande esposizione e vendita d’auto d’epoca degli Stati Uniti).

Al confine tra Ohio e Indiana si incontra il grande Mississippi, per ammirare il quale conviene pero’ fare un salto al Palisades State Park, in Illinois. Prima tappa importante del nostro viaggio e’ Chicago, da vedere soprattutto la vecchia Chicago che ancora si puo’ ammirare a West Belmont, con i suoi rigattieri e i robivecchi, i negozi di antiquariato e quelli per collezionisti.

http://viaggeria.lycos.it/

 

Il libro cult della Beat generation

"- ...dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo. - - Per andare dove, amico? - - Non lo so, ma dobbiamo andare. -"

Jack Kerouac nasce il 12 marzo 1922 a Lowell, Massachusetts, e rappresenta, per la sua generazione, il simbolo della ribellione e del rifiuto di tutti i canoni sociali e politici.
In On the road, che è il suo romanzo più famoso e diffuso, rappresenta emblematicamente un modo di essere, un  atteggiamento di fronte alla vita fatto di nomadismo e di legami alternativi, dove l’inquieto andare dei personaggi, e la loro disperata ricerca di compagnia, non sono che mezzo per ritrovare sé stessi a margine di un conformismo imperante.
Kerouac, insieme a Ginsberg e Ferlinghetti, rappresenta ancora oggi il simbolo della cultura della beat generation che gravitò intorno al quartiere del Greenwich Village a New York, ma che ebbe il suo vero centro nella città più anticonformista e mediterranea d’America, San Francisco.
La beat generation si espresse soprattutto tramite la letteratura e la maggiore novità che introduce dal punto di vista stilistico è l'utilizzo pressoché totale della cosiddetta prosa spontanea, una modalità di scrittura non filtrata da processi intellettivi, che non richiede necessariamente dei legami logici e nel cui linguaggio si identificarono tutti quei giovani che per ribellione scelsero un’esistenza radicalmente libera ed incondizionata.

 

.......Fu il momento più bello. Il pazzo era un frenatore della Southern Pacific e abitava a Fresno; anche suo padre era un frenatore. Aveva perso l'alluce negli scali di Oakland azionando uno scambio, non avevo capito bene come. Mi portò in una Fresno brulicante e mi fece scendere nella parte sud della città. Andai a bere una Coca veloce in un piccolo negozio vicino alle rotaie..........
 ....."Ci siamo dentro tutti insieme!" urlò Ponzo. Ed era proprio così; dovunque andassimo, c'eravamo dentro tutti insieme. Attraversammo di corsa le pazze strade di Fresno e poi via su per la valle, da certi contadini in posti fuori mano. Ponzo scendeva dalla macchina e faceva discorsi confusi con i vecchi messicani; naturalmente non cavava un ragno dal buco.
.......Tornammo a prendere Terry, suo fratello e il bambino, e andammo a Fresno nelle luci della strada di notte. Avevamo tutti una gran fame. Superammo sobbalzando le rotaie di Fresno e ci buttammo nelle strade pazze del quartiere messicano. Strani cinesi si sporgevano dalle finestre a guardare le strade della notte della domenica; gruppi di ragazze messicane gironzolavano ancheggiando in pantaloni; il mambo urlava dai juke-box; c'erano festoni di luci dappertutto come a Halloween. Entrammo in un ristorante messicano dove mangiammo tacos e tortillas ripiene di un purè di fagioli, deliziose. Tirai fuori l'ultimo sfavillante biglietto da cinque dollari che stava tra me e la costa del New Jersey e pagai per me e Terry. Ora mi rimanevano quattro dollari.

 

La Harley-Davidson nacque nel 1901 a Milwaukee quando William Harley, all’età di 21 anni, e Arthur Davidson, di 20, costruirono un prototipo di una bicicletta motorizzata. I primi tre 3 anni per i due giovani non furrono facilissimi visto che di quel prototipo furono venduti 3 esemplari soltanto.

Nel 1906 venne costruito il primo stabilimento, in questi anni la produzione delle Harley-Davidson crebbe gradualmente e con i nuovi impianti fu possibile produrre, nel 1907, 150 motociclette. Il 17 settembre dello stesso anno viene ufficialmente fondata la Harley-Davidson Motor Company.

Le prime moto erano tutte monocilindriche. Il primo motore bicilindrico a V di 45° venne introdotto nel 1909.

La velocità massima che potevano raggiungere le moto di questo periodo era di 97 km\h, un valore che poteva essere considerato buono per quell’epoca. La produzione fu di 1.149 esemplari.

Nel 1913 lo stabilimento originale venne ingrandito e raggiunse una superficie di 28.000 mq. Nonostante la dura competizione la Harley-Davidson restava il costruttore più importante e dominava anche le competizioni motociclistiche. In questo anno la produzione raggiunse i 12.904 esemplari.

 

 

Nel 1920 la Harley-Davidson era divenuto il più grande costruttore di motociclette al mondo. La fine del primo conflitto mondiale aveva portato ad un periodo di crisi nel quale molte piccole case erano scomparse mentre la casa del Wisconsin aveva sviluppato la sua rete di vendita ed ora era presente in 67 paesi producendo 28.189 motociclette.

Uno dei modelli più riusciti della storia Harley-Davidson, lo Sportster fu messo in produzione nel 1957. La semplicità motoristica e della linea ne decretarono il successo sia come modello da strada che da pista nella versione “R”. Ancora oggi è possibile trovare in catalogo diversi allestimenti dello Sportster.

Nel 1998 la Harley-Davidson ha acquistato Buell Motorcycle Company con cui collaborava da anni. Infatti la Buell nacque da una collaborazione tra la ditta di Milwaukee e Eric Buell, ex ingegnere della ditta stessa. Inizialmente veniva montato il motore della Harley-Davidson Sportster su un telaio progettato da Buell.

Nel 1999 viene prodotto il primo motore Twin Cam 88 (1450 cc)e compare la prima iniezione elettronica sui motori Harley. Nel 2000 esce il primo motore Twin Cam 88 controbilanciato, con il pressoché totale annullamento delle vibrazioni del motore, che viene montato sui modelli Softail.

 

 

Nel 2001 Harley Davidson commercializza la V-Rod, ultima nata, con un look che coniuga la tradizione con la modernità. Il motore è un bicilindrico raffreddato a liquido dalla potenza di 120 cavalli, realizzato in collaborazione con Porsche.

Viene dato, a metà 2006, l’annuncio che la nuova gamma Harley Davidson 2007 eliminerà il carburatore dai modelli 883 e 1200, gli ultimi ad usare questo sistema di alimentazione, mentre i motori dei restanti modelli passeranno a 1584cc.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nata nel 1926, la ROUTE 66 nel 1985 è stata dichiarata “dismessa” o meglio “non più autorizzata” secondo quanto stabilito dalla legge. Adesso non esiste più.
Rappresentava il primo tentativo americano di creare una strada moderna che attraversava diversi centri abitati e commerciali, simbolo più eloquente della “open road”, di quello che, ancora oggi, il turista che si sposta in auto desidera trovare.
Perso il suo status di strada nazionale, la maggior parte delle sue 2.272 miglia sono oggi dismesse o addirittura non esistono più.

La buona notizia e’ che alcuni tratti di quella strada, che simboleggiava un tempo il non plus ultra dei juke-box e dei flippers d’America, vengono oggi recuperati da comunità locali.

I fanatici degli anni ’50 possono trovare ancora una alternativa nostalgica alle autostrade interstatali 55, 44, 40 che collegano Chicago a Los Angeles (n.d.r. quello che ha cercato di fare il sottoscritto).
Dagli anni ’20 fino al 1984 la US 66 è stata una delle più importanti strade americane di collegamento fra l’est e l’ovest, è stata immortalata nella canzone di Bobby Troup “Get your kicks on Route 66”, dai libri di John Steinbeck e di Jack Kerouac, dai films e da lunghi serials televisivi.
La Route 66 costituiva la Main Street di tante città e cittadine e collegava Chicago, sui grandi laghi, a Santa Monica sull’oceano Pacifico.
Durante gli anni ’30, stipate nelle Ford modello T, che avevano sostituito i carri coperti dei pionieri di 90 anni prima, centinaia di migliaia di famiglie si spostarono verso ovest per sfuggire alla Grande Depressione e cercare fortuna in California. La Route 66 altro non fu per loro che la moderna "Pista dell’Oregon".
Più tardi, negli anni ’40 e ’50, prima dell’evento dei viaggi organizzati e dei voli charter, le famiglie andavano in vacanza in macchina.
Decapottabili rosa e Harley Davidson percorrevano i fantastici scenari desertici verso i nuovi luoghi di villeggiatura del sudovest americano. Lungo la strada, stazioni di servizio, ristorantini familiari ( i così detti "Mom and Pop"), diner (specie di caffè un tempo a forma di vagone ristorante) ed altre attrattive davano un colore del tutto particolare alla Route 66.

Per i viaggiatori era la "Main Street of America" così definita da John Steimbeck nel suo libro Furore.
Furono costruite tangenziali e progettate strade alternative. Nel giro di breve tempo, a seguito dell’aumento del numero delle autostrade interstatali, in particolare con l’apertura della I-40, i viaggiatori che percorrevano le grandi distanze abbandonarono la Route 66 per le nuove autostrade a multicorsie.
Ma la Route 66 sopravvive nelle opere di John Steimbeck e Jack Kerouac, nelle canzoni di Bobby Troup, nei films e nelle ritrasmissioni di famosi serial televisivi e, cosa più importante, nel cuore e nella mente delle comunità che sorgono lungo la strada e che desiderano restaurare l’America di un tempo per i loro figli e per i visitatori che provengono da tutte le parti del paese e del mondo.
Uno dei tratti più lunghi della Route 66 originaria, oggi meta dei turisti, è quello delle 42 miglia delle "Black Mountains" vicino a Flagstaff in Arizona.
I proprietari dei locali, dinner e motel originari che sorgono nei dintorni di Flagstaff si sono riuniti per ricreare l’atmosfera e la storia di quella che un tempo era nota come la "National Old Trail Road" su cui era cresciuta l’automobile.
Il locale più noto è il "Museum Club" sull’arteria principale di Flagstaff, la Route 66. Deve il suo nome al fatto che originariamente ospitava una raccolta di animali imbalsamati e oggetti indiani che attiravano frotte di turisti di passaggio ma divenne famoso quando, alla fine del proibizionismo, fu trasformato nell’attuale locale di musica country.
Negli anni ’60 e ’70, alcuni nomi celebri fra cui Willie Nelson, Waylon Jenning e Barbara Mandrell si erano esibiti in questo locale durante la loro scalata al successo.
Oggi il Museum Club ospita il "Route Car Club" e una ricca collezione di oggetti della Route 66, alcuni dei quali sono in vendita.
Lungo tutta la strada che parte da Chicago, automobilisti, camperisti e motociclisti troveranno sempre un motel con tutte le comodità o campeggi provvisti di tutti i comforts.

La Mother Road. La  US Route 66 è la lunga strada americana del coast to coast, che appunto va “da costa a costa” dall’Illinois alla California: circa 4.000 km che uniscono Chicago (punto di partenza in Adams Street) a Los Angeles (punto di arrivo all’incrocio del Santa Monica Boulevard con Ocean Avenue), attraversando otto stati e tre fusi orari.
Fu inaugurata nei ruggenti anni ‘20 del secolo scorso (per la precisione: era il 1926, ed era l’epoca delle prime Ford utilitarie) per dotare gli Usa di una rete stradale capace di soddisfare il crescente traffico automobilistico e il forte sviluppo dell’economia, particolarmente nell'Ovest. Poi, negli anni ’70, la nuova rete di larghe highway (a quattro e perfino ad otto corsie) ha permesso di evitare i centri urbani ed effettuare collegamenti più rapidi.
In meno di un decennio ciò ha determinato la scomparsa di tutto quel mondo di motel, ristoranti, pompe di benzina e persone la cui fortuna dipendeva dalla Mother Road (così la ribattezzò John Steinbeck). Nel 1994, infine, la “66” è passata sotto la protezione dell’amministrazione federale dei parchi. E’ la sola strada al mondo ad aver ottenuto (1985) lo status di “monumento nazionale”, per il suo essere una sorta di museo a cielo aperto, ed è anche il parco più lungo (2.248 miglia) mai istituito.
Simbolo di un sogno, emblema del senso di libertà e custode di tante speranze, illusioni ed emozioni di chi un tempo ha intrapreso il lungo
viaggio da est ad ovest in queste regioni d’America, la “66” è stata una quasi incredibile “macchina di miti”. Alla fine degli anni 30 è citata da John Steinbeck nel suo romanzo più famoso, “Furore”. Più tardi, dai “favolosi anni Sessanta”, ha offerto ad una generazione l’occasione di celebrare - nei libri, e non solo - la vita on the road (parliamo della “Beat Generation” e di scrittori come Lawrence Ferlinghetti e Jack Kerouac, autore dell’autobiografico “On the road” pubblicato nel 1957 e destinato a diventare libro di culto e manifesto di un’epoca).
La “madre di tutte strade” ha ispirato anche grande cinema (da John Ford a Win Wenders) e parecchie celebri canzoni di Rolling Stones (nel loro primo album, anno 1964, le hanno dedicato “On Route sixty-six”), Woody Guthrie, Nat King Cole, Animals, Depeche Mode ed altri.

BARTON ( NEW MESSICO). Dopo essersi autoproclamato "guardiano della strada" Bob Audette ha tirato fuori un vecchio cinturone da cowboy, con una regolamentare pistola a tamburo infilata nella fondina, e lo ha appeso ad un chiodo accanto alla porta d’ingresso di casa sua. Un modo per far sapere a tutti che faceva sul serio. E’ successo una quindicina di anni fa . "Anzi, siccome ci sono date che passano alla storia, è il caso di essere più precisi. Era il 13 ottobre 1984" dice lui. Quel giorno a Williams, in Arizona, venne inaugurato l’ultimo tratto della I-40. Lungo una decina di chilometri, era una sorta di tangenziale che evitava il centro-città e sfiorava la periferia settentrionale. Con un paio di decenni di ritardo sul programma lanciato a metà degli anni ’50 dal presidente Dwight Eisenhower, la vecchia Route 66 era così definitivamente by-passata. Ormai si poteva andare da Chicago a Los Angeles senza mai uscire dall’autostrada ( se non per fare benzina ). Ci fu una parata con la banda, le majorette, i discorsi e tutto il resto. Venne anche sepolto un semaforo, simbolo di un’epoca che tramontava. Le cerimonie ebbero molto spazio sui giornali e nei notiziari televisivi. Qualche giorno dopo a Washington si riunì la commissione federale Strade e Trasporti. All’unanimità, i suoi membri votarono per derubricare la Sixty-six dall’elenco ufficiale. Forti delle loro burocratiche certezze, erano onestamente convinti che un atto notarile, nella sua banale solennità, sarebbe bastato a fare sparire per sempre quella che John Steinbeck aveva definiti "la madre di tutte le strade". Non si cancella così una strada di 3.666 chilometri lungo la quale, per più di mezzo secolo, l’America ha srotolato la sua anima, si è cercata ed è fuggita da sé, in qualche modo continuando a inseguire quella felicità con cui la Dichiarazione di Indipendenza le dà diritto. Non si può cancellare una strada che, dice Audette, "è come Elvis Presley: non morirà mai".

 La Route 66 cominciava a Chicago, all’incrocio fra Jackson Boulevard e Michigan avenue, proprio davanti al Museo d’Arte Moderna. Attraversava 3 fusi orari e otto stati: Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Messico, Arizona, California. Finiva a Los Angeles, sul Pacifico, dove Santa Monica Boulevard si consegna a Ocean Avenue. L’avevano costruita sovrapponendola in parte ad antichi sentieri indiani, in parte a vecchie piste di pionieri e in parte facendola correre parallela a una delle ferrovie che avevano conquistato l’West, la Santa Fè. Era stata inaugurata nel 1926. Calvin Coolidge era presidente. La metà femminile del paese era in lutto per la morte, a 31 anni, di Rodolfo Valentino, un emigrato italiano venuto in America sognando di fare l’agricoltore e diventando invece il primo fenomeno di idolatria da celluloide. Fred Astaire, non avendo ancora scoperto Ginger Rogers, ballava con sua sorella Adele. Henry Ford abbassava il prezzo delle automobili, una decisione che avrebbe cambiato per sempre la vita degli americani. Barton era ancora una vera cittadina con un funzionante ufficio postale e Bob Audette nasceva a Tulsa, in Oklahoma, due stati più a est.
........."Qualche tempo dopo i miei si trasferirono al Albuquerque, 34 chilometri più a ovest di qui. Sono cresciuto là, racconta, "Poi mi hanno chiamato per andare in guerra: sono finito nel deserto del Mojave, con il generale George Smith Patton, che aveva trovato il modo per addrestarci a combattere contro il suo collega Erwin Rommel . di ritorno dall’Europa , ho trovato lavoro fra Chicago e Los Angeles, a costruire ponti. Il giorno in cui sono andato in pensione, ho comprato questa casa. Quindi, se mi chiedete quando sono tornato sulla sixty-six non so rispondere. Perché in realtà io non l’ho mai lasciata. Dal giorno in cui sono venuto al mondo, non ho fatto altro che percorrerla da un capo all’altro. Mi ci specchio dentro. E’, insieme, la mia biografia e antologia". 

Molto di più, quelle di un intero paese. Per un insieme di circostanze, sogni, ricordi, canzoni, avventurieri, disperati, emigranti e gente che se ne andava semplicemente in vacanza, sulla Route 66 si sono uniti nell’immaginario americano la strada e l’automobile. Insieme combinano novità e nostalgia. Confermano quel verso di Walt Whitman, il poeta laureato americano dell’ottocento, che molti considerarono un inno premonitore:"oh, strada aperta, tu mi esprimi meglio di quanto non riesca io stesso". Permettono di riaprire quella frontiera che la ferrovia aveva chiuso dentro i binari obbligati, restituendo libertà individuale e un senso di scoperta perduto. Consentono di abbandonare una vecchia vita, di cercarne una nuova e magari, nel frattempo, di essere se stessi. Per tutti - quelli che guidano per ricordare o per dimenticare, per perdersi o trovarsi – ribadiscono l’elemento centrale dell’American way of life: il cambiamento come immutabile premessa, il movimento come comportamento fisso, la precarietà come condizione permanente e un orizzonte che svanisce come obbiettivo duraturo. Alla periferia di quella che era allora Chiacago, dove Jackson Boulevard diventa Ogden Avenue, la Route 66 attraversa Cicero. Al Capone e la sua banda ne avevano scavato i sotterranei fino a ottenere una serie di gallerie che collegavano depositi clandestini di alcool, case da gioco e bordelli, alla faccia di Elliott Ness e degli Intoccabili (fino a quando il presidente Franklin Delano Roosevelt annunciò alla nazione che "è venuto il momento di farci una birra"). Poi infilava le cittadine in cui Abramo Lincoln aveva fatto l’avvocato e aveva cercato invano di dissuadere alcuni entusiasti cittadini a intitolargliene una ("purtroppo niente di memorabile porta il mio nome"), prima di entrare alla Casa Bianca e nella storia.

Passava il Mississippi, il grande fiume di Mark Twain, con forse l’unico ponte ad angolo ottuso mai costruito e oggi chiuso ma, per fortuna, non smantellato: John Carpenter l’ha fatto addirittura diventare il set del film "Fuga da New York". Quasi entrava nelle grotte di Meramec, che Jesse James, il bandito, usava come nascondiglio fra una rapina e l’altra, compresa quella alla Banca di Baxter Springs, Kansas; dove nel 1876 rubò l’incredibile somma si di 2.900 dollari: è più avanti sulla Sixty-six che una targa ricorda l’avvenimento sul muro esterno dell’edificio diventato sede del Murphey’s restaurant. Arriva a Springfield, Missouri, la nota per almeno tre cose memorabili. Nel 1865 Wild Bill Hickok, più noto come Buffalo Bill, fece fuori in duello un tale Dave Tutt, colpevole di averlo ripulito a poker e, soprattutto, di avere mostrato in pubblico l’orologio che gli aveva dato in pegno nella speranza di guadagnare  tempo e di rifarsi. Nel 1947 Sheldon "Red" Chaney aprì una finestra laterale nella casetta di legno in cui vendeva Hamburger e fu il primo a chiamarlo drive-in (o almeno così pretendeva).Qualche tempo dopo , ci è nata l’attrice Kathleen Turner e da allora non è più successo niente. In Oklahoma la Route 66 raccoglieva i disperati emigranti raccontati da Steinbeck in "Furore". Raggiungeva Amarillo , Texas, dove nel 1882 due allevatori, J.F. Glidden e H.B Sanborn, inventarono il filo spinato, lo usarono per delimitare i loro ranch e lo brevettarono. Poi, finalmente, si apriva il West. Nel dopoguerra vi si riversarono otto milioni di americani, un esodo, 16 volte superiore a quello degli anni ’30. Erano in cerca di fortuna e, contrariamente ai protagonisti del libro di Steinbeck, sapevano di trovarla. L’America era un Paese ricco, ormai, e la sua colonna sonora non erano le strazianti ballate di Woody Guthrie ma l’ottimista pop-swing-blues di Bobby Troup.
Tornando dalla guerra nel Pacifico con il grado capitano dei Marines, Troup guardò la cartina degli Stati Uniti e decise che c’erano solo due posti in cui avrebbe potuto avere successo come compositore di canzoni: New York o Los Angeles. Scelse la seconda, si mise in macchina con la moglie e un paio di valigie a Harrisburg, Pennsylvania, e quando arrivò sul Pacifico aveva già composto" Get your kicks on Route 66". La fece vedere a Nat King Cole, che la trasformò in un immediato successo. All’ultimo conteggio, ha avuto 110 interpreti, compresi Perry Como e Bob Dylan, Paul Anka e Van Morrison, i Manhattan e i Rolling Stones.
Non è altro che un sommario di geografia, con un ritornello che si può tradurre in "divertiti sulla sixty-six". Ma è stato sufficiente perché l’America adottasse Troup come suo nuovo profeta e la sua canzone come suo nuovo inno. La Route 66 è stata così consegnata all’immortalità. Niente, neppure quella micidiale pialla di esperienze che è l’enorme ragnatela di autostrade ormai estesa a tutto il Paese con le sue fatali appendici, le catene di motel e i fast-food in franchising, avrebbe potuto ucciderla. Ha avuto ragione Bob Audette e senza neanche dover mettere mano alla colt.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal confine con l’Arizona, la US 163 attraversa la stupefacente Monument Valley, un panorama deserto di vecchio West e di guglie di roccia rossa. A nordest della Monument Valley la strada arriva a Mexican Hat, una cittadina che prende il nome dalla vicina formazione di arenaria che ha l'aspetto di un sombrero capovolto. Qui, su un ponte storico, la Byway attraversa il fiume San Juan e si congiunge alla Utah Highway 276 che conduce al parco statale Goosenecks State Park e alla Valley of the Gods. I grandi Goosenecks (le anse del fiume, i cosiddetti “colli d’oca”, appunto) del fiume San Juan sono visibili da un punto panoramico elevato del parco statale.La Valley of the Gods (Valle degli dei) è accessibile percorrendo una strada sterrata adatta a veicoli ben sollevati da terra, preferita dagli appassionati di mountain bike. Più oltre, la Byway arriva nella comunità storica di Bluff. Il viaggio richiede circa 2 ore di auto.

 

 

 

 

 

 

L'U.S. Route 101 è una strada federale che corre da nord a sud attraverso gli stati di Washington, Oregon e California, lungo la costa occidentale degli Stati Uniti. È conosciuta anche come “el camino real” (la strada reale) dove corre lungo la costa della California centrale e meridionale accostata alla vecchia ferrovia che collegava i villaggi e le missioni spagnoli. In alcuni punti incorpora la strada statale 1 della California, conosciuta anche come autostrada della costa del Pacifico, che poi giunge fino al confine con il Messico.

In accordo con il piano di numerazione delle strade statunitensi dell'AASHTO, le strade con numeri a tre cifre sono generalmente ausiliarie di quelle con numeri a due cifre. La Route 101 è trattata come un percorso primario con numero a due cifre con dieci come prima cifra ed uno come seconda. Perciò è la 101 e non la 99 la via nord-sud più ad ovest nel sistema stradale degli Stati Uniti.

La Route 101 era un tempo il maggior collegamento nord-sud lungo la costa pacifica. Perse importanza in favore delle autostrade del sistema autostradale interstatale, in particolare l'autostrada interstatale 5, che ha un progetto più moderno. La strada 101 viene molto usata come alternativa alla strada interstatale per gran parte della sua lunghezza. Un'eccezione rilevante è dove il percorso è diviso con quello della I-5 ed il numero 101 diventa I-5 che inizia circa un miglio (1,6 km) ad est del centro di Los Angeles e continua verso sud fino a San Diego.

Il capolinea settentrionale della strada è ad Olympia (WA); anche se il punto più a nord è vicino a Port Angeles. Il capolinea meridionale è a Los Angeles (CA) allo svincolo di Los Angeles est, lo svincolo senza pedaggio più trafficato al mondo.

La U.S. Route 101, chiamata anche semplicemente “The 101” (si legge ONE o ONE), è una delle autostrade più famose degli Stati Uniti. E’ parallela alla costa pacifica e attraversa tre stati: Washington, Oregon e California. La costa occidentale degli States, è nota per i suoi paesaggi, con enormi spiagge, infiniti dirupi, fitta nebbia, foreste e tramonti di rara bellezza. In queste zone, incontaminate, la Route 101, si è negli anni adattata, diventando un gioiello turistico. Inizia nello stato di Washington, ad Olympia, la capitale, e termina in California, nella caotica Los Angeles. Da Nord a Sud, la 101, attraversa piccoli paesi come Aberdeen, dove è nato Kurt Cobain, leader dei Nirvana, o come Astoria, in Oregon, vero e proprio set cinematografico all’aria aperta. In questa cittadina, al confine con lo stato di Washington, sono stati girati alcuni film leggendari, uno su tutti, I Goonies di Richard Donner. Ogni giorno, decine di turisti, arrivano ad Astoria per fotografare le due case originali del film, la prigione, il molo, ma soprattutto, le sue ripide strade, tra boschi, cervi e le “grida” dei leoni marini in amore, provenienti dalla baia. Ad Astoria sono state ambientate anche pellicole celebri come “The Ring 2”, “Corto Circuito”, “Free Willy” e “Un poliziotto alle elementari”. Nell’ Oregon, la 101 nel suo lungo viaggio verso Los Angeles, attraversa anche paesi di pescatori come Lincoln Beach, Newport, nota per il suo faro, Florence e Gold Beach. In California, invece, si “immerge” in uno dei parchi naturali più grandi d’america, il Redwood Park. Una vera e propria foresta, ricca di sequoie giganti. La 101, passa attraverso questa macchia verde. Per la serie: a sinistra potete ammirare alberi alti più di 50 metri, nascosti dalla nebbia; a destra, il tormentato oceano pacifico. L’autostrada in questo tragitto diventa la Redwood Highway, e fino alla Sonoma County (patria dei vigneti californiani nei pressi di San Francisco), attraversa solo due paesi, l’oscura Crescent City ed Eureka. Naturalmente, nell’isolamento totale, i cellulari, per tutto il percorso, non funzionano.
Nella Sonoma County, quindi Santa Rosa, terminano le tinte verdi, e il grigio cemento prende il sopravvento, fino alla città “liberal” per eccellenza, ovvero San Francisco. La 101 passa proprio attraverso un simbolo da cartolina, il Golden Gate Bridge, (5 dollari per attraversarlo). Poi, da San Francisco, la celebre autostrada passa nella famosa Silicon Valley, (San Jose), cuore dell’economia americana tecnologica. Infine, dopo Santa Barbara e circa 2 ore d’auto, la 101 si dissolve nella Downtown di una delle più grandi e popolose metropoli del mondo, Los Angeles.

 

 

 

 

 

 

(diario di viaggio) Pacific Coast Hwy (Hwy 1), California: 530 chilometri da San Francisco a Santa Barbara
Nessun viaggio in California è completo senza una corsa lungo l'emozionante Hwy 1, una delle strade simbolo degli Stati Uniti. La strada lascia San Francisco, la City by the Bay, percorre una stretta lingua di terra lungo la costa del Pacifico, tra spiagge di sabbia bianca da un lato e foreste di sequoie dall'altro. Andate piano, col braccio fuori dal finestrino: questo spettacolo merita di essere contemplato.

(da un diario di viaggio) Mentre percorriamo la Cabrillo Highway capiamo perché è considerata la più bella autostrada degli USA. Passa lungo tutta la costa e si possono ammirare spiaggie incontaminate o inaccessibili separate da brevi scogliere. Spettacolare! Ci fermiamo ogni tanto ad ammirare il panorama e vediamo anche un leone marino arenato su una spiaggia. Ma alla fine proseguendo, passiamo senza accorgercene la Riserva e ci ritroviamo a Santa Cruz. Parcheggiamo e andiamo a vedere il faro e la scogliera dove alcuni pazzi fanno surf. Con tutti i posti che ci sono, proprio vicino alla scogliera? C'è anche un gruppo di hippies che balla a suon di musica ed a tirate di fumo (ma mica fumo qualsiasi! enriched ovviamente!) volteggiando degli hula hoops.

 

 

 

 

 

 

 

 

La U.S. Route 70 è una strada statunitense a carattere nazionale che corre da est verso ovest per 3.838 km (2.385 mi) dalla Carolina del Nord all'Arizona.

È una delle maggiori strade est-ovest degli Stati Uniti meridionali e sud-occidentali. In passato andava da costa a costa, con il termine orientale, che c'è tuttora, vicino all'oceano Atlantico nella Carolina del Nord ed il termine orientale vicino all'oceano Pacifico in California.

Prima del completamento del sistema interstatale l'autostrada 70 era chiamata anche la "Broadway d'America" per la sua caratteristica di essere una delle più importanti arterie stradali della nazione.

 

 

La costruzione della Ferrovia Transcontinentale 

 

 

La realizzazione della ferrovia transcontinentale venne affidata a due grosse società da poco costituite, la Union Pacific e la Central Pacific. Le due società avrebbero dovuto costruire due diversi tragitti, e si sarebbero dovute incontrare in un punto non definito del tragitto centrale. La linea doveva attraversare la California, il Nevada, lo Utah, il Wyoming e lo Stato di recente costituzione del Nebraska. La Union Pacific, fondata nel 1861, avrebbe dovuto iniziare la linea da Omaha, nel Nebraska, mentre la Central Pacific, fondata a Sacramento nel 1858 da quattro imprenditori noti come i “Big Four”, avrebbe dovuto cominciare la posa delle rotaie dalla città californiana.

Il finanziamento di una così onerosa opera non poteva essere direttamente sostenuta dal governo, per cui il Pacific Railroad Act decretava che, oltre al prestito di una somma per ogni miglio di ferrovia realizzata, alle due compagnie venissero assegnati lotti di terreno nelle zone disabitate in cui la linea si sarebbe trovata a passare. Il Congresso stabilì che per ogni miglio di linea sarebbero stati prestati alle società 16.000 dollari nei terreni pianeggianti, 32.000 su fondo collinoso e 48.000 per le linee di montagna. Inoltre si stabiliva che per ogni miglio di ferrovia costruita veniva concessa alle compagnie la proprietà di venti miglia quadrate di terreno ai margini della linea ferroviaria, concedendo alle due società di attraversare liberamente e senza impegni di indennizzi il territorio demaniale. In tal modo, le società venivano in possesso di terreni che sulla carta non valevano nulla, ma che ben presto sarebbero stati venduti a peso d'oro con le opportunità commerciali offerte dalla contiguità della ferrovia.

La costruzione della linea venne avviata nel 1863 da parte della Union Pacific, mentre in California i lavori ebbero inizio due anni più tardi. La manovalanza utilizzata dalle compagnie ferroviarie fu costituita da operai di varie nazioni, e, al termine delle ostilità, dai veterani della guerra civile. In particolare, viste anche le difficoltà delle due compagnie di reclutare lavoranti per un lavoro che si presentava rischioso, duro e sottopagato, la Central Pacific sfruttò la manodopera a basso costo cinese (i cosiddetti coolies), che veniva anche reclutata direttamente in Cina. Oltre ai cinesi, lavorarono alla costruzione della grande ferrovia americana i nuovi immigrati irlandesi (i paddies), italiani, tedeschi, polacchi, e collaborarono alla difesa della linea molte tribù indiane.

Le difficoltà tecniche affrontate dalle compagnie erano spaventose: nella traversata della Sierra Nevada si resero necessarie numerose gallerie, e viadotti su burroni, che procurarono numerose vittime tra i lavoratori in mancanza di adeguate misure di sicurezza e di strumenti moderni come l'argano a vapore e le scavatrici meccaniche. La linea ferroviaria fu costruita pressoché letteralmente a mano.

La costruzione proseguì velocemente da Omaha verso occidente, seguendo le piste dei Mormoni e dell'Oregon, superando le Montagne Rocciose per discendere nel bacino del Gran Lago Salato. Nel medesimo tempo, la Central Pacific sormontava le Sierre e avanzava lungo le valli del Nevada.

I lavori delle due compagnie proseguirono a tempo di record, con ventimila operai che, nelle ultime fasi del lavoro, riuscirono a porre fino a otto miglia di binari al giorno. I motivi di questa febbrile corsa alla posa dei binari non dipesero tanto dalla volontà delle due compagnie di stabilire quale di esse fosse più solerte nella costruzione della grande ferrovia, bensì derivava dai generosi incentivi in termini di terreno statale che il Governo assegnava a chi riusciva a coprire il maggior numero di miglia, e portò le società a lesinare sui criteri di qualità della linea e a velocizzare le operazioni di posa dei binari.

i due tronchi si incontrarono a Promontory Point, una località presso Ogden nello Utah, il 10 maggio 1869. Le “nozze dei binari” vennero annunciate dal semplice telegramma Done! di Lelan Stanford, uno dei Big Four, al presidente americano Ulysses S. Grant e furono celebrate da manifestazioni solenni in tutto il paese. La Union Pacific aveva costruito 1086 miglia di ferrovia, la Central Pacific si era fermata a 689.

Solo per raggiungere la California o l'Oregon partendo dal fiume Missouri, quindi da approssimativamente metà del continente, i pionieri con i loro conestoga impiegavano dai quattro ai sei mesi; i commerci tra la costa atlantica e quella pacifica della giovane nazione si svolgevano prevalentemente per nave, via Capo Horn, e anche i viaggiatori con opportune disponibilitò economiche spesso sceglievano tale percorso, paradossalmente più sicuro, magari traversando lo stretto Istmo di Panama.

Improvvisamente, si poteva salire su un treno alla stazione di New York 42a strada, e dopo sette giorni e sei notti di viaggio via Chicago ed Omaha si scendeva nel centro di Sacramento o di San Francisco.
L'entusiasmo per le vie di comunicazione transcontinentali, e per gli immensi guadagni che le ferrovie promettevano ai costruttori e gestori delle tratte, non si spense con il completamento della prima linea. Ancor prima che il collegamento fosse terminato, il Congresso aveva già autorizzato la costruzione di altri tre tracciati, uno a nord e due a sud della ferrovia originaria, e si assistette al boom dei fiumi di acciaio: dal 1860 al 1880 i binari funzionanti negli Stati Uniti si erano triplicati, da trentamila a novantamila miglia. Queste nuove imprese non godettero, come la Union Pacific e la Central Pacific, il vantaggio di prestiti governativi, ma ottennero in cambio vaste sovvenzioni territoriali. Poiché le scelte sul tracciato potevano significare la fortuna di una zona e la rovina di un'altra, le contee e gli Stati fecero a gara per ottenere la via ferrata, tramite concessioni di terreni pregiati, spesso elargiti in concorrenza.

La maggior parte di queste terre non sarebbero state di nessun valore finché le zone non si fossero adeguatamente popolate e avessero prodotto merci da trasportare, e così le nuove società ferroviarie promossero la colonizzazione nei territori che attraversavano le loro linee, perché nuovi centri abitati significavano aumento dei passeggeri e apprezzamento dei terreni demaniali che le compagnie avevano incamerato.

Ma negli anni successivi al boom delle nuove linee ferroviarie, l'entusiasmo per le strade ferrate si raffreddò di fronte ai primi difetti del sistema. Il rapido estendersi delle ferrovie nel paese non fu seguito dall'attesa ondata di prosperità: nel giro di pochi anni i coltivatori delle regioni dell'Ovest furono colpiti dalla deflazione del dopoguerra, cui seguì il panico del 1873, e le ferrovie vennero da molti accusate della mancata crescita delle zone che avevano contribuito a popolare. Gli attacchi alle corporation ferroviarie erano giustificati dai gravi abusi che le compagnie avevano commesso ai danni degli agricoltori e dello Stato negli anni della grande corsa alla posa dei binari.

Pochi anni dopo il completamento della prima ferrovia transcontinentale, infatti, venne a galla lo scandalo delle spese gonfiate dalle due compagnie che avevano realizzato la linea, e che per questo lavoro erano state lautamente sovvenzionate dal Governo. I dirigenti della Union Pacific avevano escogitato un ingegnoso sistema per truffare l'erario e ingigantire i costi sostenuti: avevano costituito una società fittizia, denominata Crédit Mobilier, e avevano concesso il contratto di costruzione della ferrovia a questa società, cioè a sé stessi; tramite questa società si accreditarono oltre 40 milioni di dollari in più di quanto costassero i lavori. I dirigenti della Central Pacific, a loro volta, gonfiarono le spese dai 58 milioni di dollari effettivamente spesi a 120 milioni, nonostante la stima di una Commissione del Congresso che affermava che il percorso realizzato dalla compagnia californiana avrebbe potuto probabilmente venire costruito per soli 22 milioni di dollari.

Oltre alle spese gonfiate e alla supercapitalizzazione, che arricchirono le grandi corporation e alcuni politici corrotti che avevano coperto le truffe in cambio di remunerative azioni ferroviarie, le due compagnie avevano ottenuto in cambio della costruzione della ferrovia transcontinentale una quantità enorme di terreno pubblico: le società che avevano costruito la prima linea ottennero la concessione di circa centocinquanta milioni di acri di terreno, un'area più grande della Francia. I vantaggi degli agricoltori in base all'Homestead Act erano scarsi in confronto a quelli che gli speculatori avevano ricavato dalla cessione dei terreni per la ferrovia, ma le scelte erano state fatte anni prima dal Governo nazionale che aveva deciso di appoggiare senza condizioni l'iniziativa privata nella costruzione delle linee ferrate. Le elargizioni di enormi quantità di terreni demaniali erano state motivate dalla necessità di costruire in breve tempo le infrastrutture ferroviarie necessarie allo sviluppo del paese, ma la convinzione che porre controlli e vincoli all'iniziativa privata avrebbe impedito la costruzione delle ferrovie alla lunga produsse grossi sprechi di denaro pubblico e abusi da parte di chi deteneva il monopolio sulle linee di comunicazione. Del resto, quando le risorse sembrano illimitate uno sconsiderato spreco è abbastanza naturale, e il Congresso aveva avuto modo di offrire ricchi doni a chi prometteva la garanzia dell'espansione economica del paese.

 

 

La regione di Mammoth Lakes è situata nella zona Est-centrale della California (2400m sopra il livello del mare), a Sud-Est della lago Tahoe e di Yosemite National Park. Costituita da più di 100 laghi e fiumi, è diventata famosa in tutto il mondo per la pesca. Numerosi sentieri si diramano attraverso le aree quasi deserte di John Muirand e Ansel Adams offrendo magnifici scenari e opportunità di girare intorno ai picchi della Sierra. Un modo originale per trascorrere un sereno e divertente pomeriggio è quello di noleggiare un kayak o una canoa e avventurarsi in Crowley Lake o in Mono Lake. Quest'ultimo è un lago salato delle dimensioni di circa 60 miglia quadrate, caratterizzato da formazioni di tufo che spuntano dall'acqua e dal terreno. L'alta concentrazione di tufo pervade l'aria del proprio forte ed unico odore e rende l'acqua del lago particolarmente salata rendendo impossibile la vita di pesci. La cosa che più sorprende è l'inattesa ricchezza della fauna in un ambiente apparentemente arido in cui a parte qualche fiore, si trovano solo molti cespugli di piante desertiche. Tutta la spiaggia è ricoperta da un sottile strato nero. Basta poco per scoprire che si tratta di mosche (più piccole delle nostre, somiglianti a moscerini), le famose mosche che danno il nome al lago. Infatti gli indiani Kutzadika'a, che originariamente abitavano la zona, avevano come fonte primaria di cibo proprio le larve di queste mosche chiamate nella loro lingua "mono".
 

Mammoth Lakes

 

 

Affittare una mountain bike può offrire emozioni uniche e irripetibili, per non parlare poi della possibilità di arrampicare sulle pareti delle montagne che circondano Mammoth Lakes. Perché invece non optare per un tour guidato a cavallo? Ci sono itinerari e percorsi adatti a tutti.
Da non perdere poi, per i meravigliosi scenari che offrono, Rainbow Falls e Devil's Postile, una località famosa per i propri impianti sciistici e molto frequentata soprattutto d'inverno. In poche parole si tratta di una formazione di colonne di basalto poligonali la cui altezza arriva fino a 18 metri, formate dal raffreddamento e dalla spaccatura della lava. Si può camminare sul pavimento di basalto formato dalla sommità delle colonne, il cui insieme somiglia per forma ad un alveare.
Nonostante non sia conosciuto tanto quanto i più famosi parchi nazionali, Mammoth Lakes merita davvero almeno una breve visita.

 

 

 

 

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