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Quando un mio concittadino/a vuole dichiarare l’amore alla propria donna o uomo, mette in moto l’estro per tirare fuori messaggi così geniali da farla sciogliere come neve dell’Etna al sole di Acitrezza.

A volte lo fa utilizzando, quale strumento, il cibo. Anche Nino Martoglio da Belpasso fece ricorso a una metafora gastronomica, quando in un pranzo del 1920 a casa Pandolfini disse alla padrona di casa “Signora Saridda, sta pasta è na vera Norma!” per decantare e quindi attribuire il nome al piatto più famoso di Catania.

A tal proposito, elenco alcune spassose perle catanesi relative agli alimenti, quando si vuole  esternare la passione nei riguardi dell’amata/o, iniziando proprio dalla famosa pietanza di Catania:

• Alla Norma: “Tu si a me mulinciana fritta supra a pasta ca sassa…. in un mondo fattu di pastina cu l’ogghiu”

• Tragica: “Spargerò miele ed oli profumati ad ogni passo del tuo cammino. A sciddicari prima o poi….”

• Ecologica: “Ietta a munnizza e accatta u pani. Ti amo!”

• Vastasa: “E sutta u linzolu si movi u cannolu”

• Vegetariana:  “Hai riempito la mia vita comu i pipi ca muddica cunzata!”

• Soppesata: “Io ti amavo, ma appoi ti visti fari a scacciata co gabbaninu”

• Orticola:  “Faccio tutto quello che tua moglie non ha voglia di fare”….“Gioia, ma tu i sa fari i bastaddi affugati?”

Ai nostri giorni, la più famosa è questa: “Non t’ama chi amor ti dice, ma chi ti dà il tuppo della brioche e tace!”. Perché a Catania, dove la brioche con la granita è un piacere irrinunciabile, donare il “tuppo” della brioche è la più grande dichiarazione d’amore che si possa fare, più dell’offertra dell’anello da inginocchiati. Anche gli arancini vengono offerti come "bombe d'amore" dentro un bouquet floreale, croccanti fuori e intensamente bollenti dentro, al punto da sottintendere doppi sensi.

Ma c’è un ultimo complimento riguardante il cibo: la pizzetta.

Quella catanese è ottima, buonissime quelle al Tris Bar o da Savia, ma erano tronche di qualcosa: l’alivu! Cioè l’oliva nera sopra, al centro e rigorosamente al maschile forse per solidarietà all’arancino nel corso della stupida diatriba con la palermitana arancina.

Io ricordo quelle degli anni Settanta, quando aggiungevano pure pochi piselli o l'uovo sodo. Poi finì tutto e l’oliva nera sulle pizzette sparì, lasciandole orfane ma sempre buonissime. Adesso credo che "l'alivu" sia ritornato di moda, oggi si trova soprattutto nelle pizzette dei panifici, fumanti sul bancone con quella piccola macchia nera al centro simile a un petalo di rosa nera sulla leccornia da offrire, un pensiero gentile volto ad impreziosire quella succulenta cosa rotonda.

Proprio per questo, quando nella mia città si vuol fare un complimento a qualcuno/a, si dice “si megghiu d’alivu n’da pizzetta!”. Un termine che paragona, come un fiore all’occhiello, una persona a qualcosa che è già strepitoso di suo. Il non plus ultra!

Solo a ricevere quest'omaggio poetico, a Catania vien da dire "Prèvert e Neruda, o cuccativi!"

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